il bambino migrante diventato rapper

In quel barcone su cui otto anni fa, appena tredicenne, ha navigato insieme ad altri bambini, che come lui avevano lasciato in Africa, genitori e fratelli, con la speranza di trovare una vita migliore in Italia, era solo uno dei tanti "minori non accompagnati". Adesso, Amin ha un'identità.

I suoi coetanei, i ventenni di Vittoria, conoscono il ritmo del Rap di Amin, che ha creato una band con Leandro Impoco, un ragazzo vittoriese. I due amici fanno canzoni rap, al ritmo di hip hop, e promuovono brani attraverso internet sulla loro pagina facebook e sul canale you tube.
Amin scrive i testi, di impegno sociale o d'amore, che fanno breccia nel cuore dei ragazzi, e Leandro, compone la musica. Il passato di Amin è un ricordo lontano. Di quel viaggio sul canale di Sicilia, che è stato l'inizio della sua nuova vita, dei particolari di quell'avventura in mare, non sapremo mai nulla. Della sua vita di bambino, prima dei tredici anni, Amin non vuole parlare.
Arrivato a Vittoria, è dovuto diventare un uomo, in fretta, come fanno tutti i "minori non accompagnati", i bambini che migrano con in testa tanti sogni. "Sono partito da Casablanca - racconta - e sono arrivato a Vittoria, da quel momento sono stato ospitato nel centro di accoglienza di padre Beniamino e da qui non me ne sono più andato".
Amin è conosciutissimo anche perché è una "istituzione" nel centro della parrocchia dello Spirito Santo, gestito da Don Sacco. E' come un simbolo della casa di accoglienza, dato che nell'ultimo decennio in questo centro hanno vissuto centinaia di "bambini non accompagnati", cioè migranti minorenni senza genitori. Centinaia di loro, una volta giunti a Vittoria, sono scomparsi, così come in questi anni ha denunciato tante volte don Beniamino. Ma alcuni ragazzi sono rimasti e a Vittoria sono diventati maggiorenni, hanno messo radici, qui in Sicilia. Qualcuno si è fatto una famiglia. Amin è diventato un operatore del centro di accoglienza e un punto di riferimento per tutti. Il giovane marocchino fa il traduttore, il mediatore, l'operaio, l'aiutante, il cuoco, qualunque lavoro per aiutare la struttura nel difficile intervento di assistenza, ospitalità e integrazione per i migranti.
"Il rap, comporre canzoni, per me è un grande passione, ma amo tantissimo anche il mio lavoro - racconta Amin - perché ho il contatto con le famiglie, gli adulti, i bambini, è bello parlare con loro, aiutarli, capire le loro esigenze, vedere il loro sorriso se riesci a farti giusto interprete dei loro bisogni". Amin ha studiato nel centro di don Sacco, ha vissuto e tuttora vive nella struttura. Padre Beniamino e il resto dello staff in questi otto anni hanno rappresentato la sua famiglia. L'unico rimpianto che ha questo ragazzo magrebino è quello di non essere più riuscito a ritornare in Marocco per rivedere i suoi genitori e le sue due sorelline. "Per adesso la mia vita è incentrata sull'obiettivo di fare la felicità della mia famiglia - dice sibillino Amin - mentre i miei familiari desiderano, più di ogni altra cosa, la mia felicità. Diciamo che per ora riesco a raggiungere solo il mio obiettivo, e un domani anche loro potranno segnare il traguardo".
E intanto Amin continua a comporre testi come "la stupida sveglia ogni stupida mattina, la tua stupida amica ti racconta la sua sera prima, fatti un autoscatto per la tua autostima, che va su Facebook, fai una face da bucchina, tutti in paranoia che l'umanità scompaia non per l'inquinamento, per il calendario Maya, se fossi intelligente me ne andrei sull'Himalaya, ma odio la montagna quindi vamos a la playa…".

ragusanews.com
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