Immigrati finti minorenni caccia ai complici

Le cooperative che gestiscono i centri di prima accoglienza nel mirino della procura. La gestione di tanto denaro pubblico  -  solo nei primi sei mesi dell'anno sono stati spesi a Roma, per i 2.300 immigrati "minori", 55 milioni e 400mila euro  -  è finita al vaglio degli inquirenti. 
Perché il business dei finti adolescenti ospitati nella capitale (ovvero il 60% dei 2.300) è molto più grande di quanto si possa immaginare. Intanto il pubblico ministero Barbara Zuin ha aperto un fascicolo per falsa testimonianza alla polizia: sul tavolo del magistrato è finito un faldone di 1000 pagine prodotto dagli investigatori dell'Ufficio Immigrazione. Lì dentro ci sono i nomi di 400 stranieri minorenni che hanno chiesto il permesso di soggiorno camuffando la loro identità. Ma a certificare la loro età è stato un medico di un pronto soccorso della capitale che, attraverso una visita di 6 minuti in pronto soccorso, ha stabilito quanti anni avevano. 

Ci sono troppe anomalie nell'affaire finti minorenni, a cominciare dai centri che li ospitano. Impossibile che nessuno 
si sia accorto degli adulti spacciati per ragazzini. Forse perché la diaria di 70 euro che prima il Governo (in tempo di emergenza sbarchi) e poi il Comune di Roma dà per ogni adolescente è più ricca di quella data a un profugo adulto (per cui sono erogati 3040 euro al giorno)?


"Da aspirante profugo a falso adolescente
ecco il trucco milionario"

Il business dei finti minorenni porta un timbro. Quello dell'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e Trifone. E della sua costola, Domus Caritatis che a Roma ha inspiegabilmente ottenuto la gestione del maggior numero di centri. Un timbro dunque stampato su tutto ciò che nella capitale (e non solo) riguarda l'assistenza a rifugiati politici stranieri, immigrati, senza casa italiani, mense per poveri e via assistendo, tra assegnazioni irregolari, appalti vinti con procedure poco chiare o annullati per motivi altrettanto oscuri, tra gente per bene e squali della solidarietà. "Me ne sono dovuta andare", racconta Anita Brundu. "Ci ho provato per mesi: ho portato le mie medicine, ho organizzato raccolte di indumenti tra i miei amici per vestire i rifugiati, ho dato passaggi in auto, ho messo a disposizione la mia vita e poi a un certo punto ho detto basta". 

DA PROFUGO A MINORENNE
Anita Brundu ha lavorato al Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Anguillara per adulti, e poi al centro di accoglienza di via Fosso dell'Osa. Entrambi sono gestiti da Domus Caritatis. È lei a spiegarci come l'affaire dei finti minori si autoalimenta. "Qualche mese fa, il giorno dopo essere stata trasferita al centro di via Fosso dell'Osa, incontrai Amir, Ahmed, Khaled e Muhammad. "Non ci chiamiamo più così", mi dissero. Avevano fatto richiesta per essere riconosciuti come rifugiati politici: una richiesta che viene accolta soltanto nel caso di Paesi in guerra come Somalia, Sudan e Darfur; e loro non venivano da nessuno dei tre. Avrebbero dovuto essere espulsi. Di notte invece erano stati trasferiti nel centro per minorenni e tali, dopo un certificato medico, erano diventati. E il loro caso non era certo l'unico, ma la prassi". 

I RIFUGIATI E GLI AVVOCATI
In questa storia di mezzo non ci sono soltanto i centri che continuano a incassare sugli adulti che si spacciano per minorenni e che percepiscono rette giornaliere che valgono il doppio. Al ricco piatto da milioni di euro attingono un po' tutti. Anche gli avvocati. C'è uno studio legale in particolare, al servizio della Domus Caritatis, che si occupa dell'assistenza legale e anche del ricorso per il riconoscimento dello status di rifugiati nel caso in cui venga respinto. Un appello senza senso, a meno che il rifugiato in questione non provenga, appunto, da Paesi in guerra. Ma quel ricorso inutile, tanto inutile non è: costa 250 euro a persona. Naturalmente a spese dello Stato: l'immigrato, il profugo, il rifugiato, non ha i soldi neanche per vestirsi, figurarsi se li ha per pagare un avvocato. E così, si attiva il gratuito patrocinio. Se si calcola che tutti gli ospiti dei vari centri fanno domanda per ottenere lo statuto di rifugiato politico, parliamo di centinaia di migliaia di euro ogni mese. Che si aggiungono ai milioni stanziati prima dal Governo e poi dal Comune per il mantenimento degli ospiti nelle strutture.

I CAPELLI BIANCHI
In un altro centro, il Sant'Antonio, è Silvia F., un'operatrice, a raccontare il business dei finti minorenni. "Qui ospitiamo settanta persone: di queste solo dieci sono ragazzi. Gli altri tutti adulti, visibilmente adulti: alcuni sono stempiati, altri hanno capelli bianchi. Spesso sono delinquenti. Spesso così violenti che capita di dover difendere i minori, quelli veri: una volta, addirittura, ci siamo dovuti barricare in una stanza con loro". 
Secondo le direttive della convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, non soltanto la promiscuità con gli adulti dovrebbe assolutamente essere evitata, ma dovrebbero essere rispettati alcuni standard. Ma qui è tutto "meno": per l'inverno non ci sono abiti. Il riscaldamento non funziona. La luce va e viene. E un giorno "è scoppiata una rissa perché in tavola c'erano solo due mozzarelle da dividere in sette". Dal centro di via Pietralata, lo scorso anno, per avvelenamento alimentare finirono in ospedale in quaranta.

I MANAGER DI DIO
La Domus Caritatis a Roma ha in appalto 8 dei 13 centri aperti dal Comune per l'emergenza Nord Africa. Vicina al cardinal Ruini e a Comunione e Liberazione, l'Arciconfraternita è legata al ras della ristorazione, la società La Cascina  -  che riforniva le mense scolastiche e ospedaliere di mezza Italia, la buvette del Senato e gestisce anche i buoni pasto Break Time  -  che già nel 2003 finì al centro di un'inchiesta. Gli appalti per i centri la Domus Caritatis li riceve direttamente dal Governo. Perché?
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