Compie 10 anni il Regolamento Dublino II – Il sistema europeo che ingabbia i rifugiati


Introdotto il 18 febbraio 2003. Qualche giorno fa la tragedia del ragazzo ivoriano a Fiumicino
ll regolamento 343/2003 (Dublino II) ha sostituito la convenzione del 1990 per stabilire i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in un altro stato europeo.
La sua storia è quella che accompagna il percorso travagliato della costruzione di un’ Europa politica e con essa della capacità del Vecchio continente di costruire una politica comune in materia d’asilo.

Il principio fondamentale da cui muove, o almeno quello formale, è il tentativo di impedire che uno stesso richiedente possa presentare più domande in diversi stati membri. Ma i veri motivi su cui il Regolamento Dublino fonda le sue radici stanno nell’inadeguatezza delle politiche di molti paesi quanto a capacità di accoglienza.
Il principio è semplice. Fino a quando stati come l’Italia e la Grecia non sapranno garantire condizioni dignitose a chi fugge da persecuzioni e violenze, gli altri paesi non sono disposti ad accettare che le condizioni più favorevoli offerte diventino il catalizzatore di migliaia di richiedenti asilo nei loro territori.
E’ così che il principio di solidarietà europea fa i conti con lo stesso disegno dell’ Europa in cui il livello dei diritti và armonizzandosi verso il basso.
Ma è di fronte ai numeri che il sistema Dublino II mostra tutta la sua inspiegabile spietatezza. Poco più di 200 mila domande d’asilo presentate ogni anno, meno di 1 milione e mezzo di rifugiati residenti negli stati europei, contro un totale della popolazione degli stati membri di circa 730 milioni di persone, sono la fotografia di un’ Europa che arranca di fronte ad un problema inesistente.
Il Regolamento Dublino II è diventato però una vera e propria gabbia per le biografie personali di chi arriva sul nostro territorio così come in quello di altri paesi.
Dalla Grecia, per esempio, decine di persone cercano quotidianamente di raggiungere i porti adriatici italiani per poi essere silenziosamente e violentemente respinti dopo aver tentato di non farsi intercettare e quindi ingabbiare, dalle autorità di un paese in cui le domande di protezione internazionale vengono riconosciute in percentuali quasi pari allo zero ed in cui il livello di accoglienza è raccontato in maniera esemplare dalle fotografie delle baraccopoli di Patrasso ed Igoumenitsa.
Ma anche per l’Italia c’è poco da vantarsi. Anche glissando sulle recenti nefandezze del circuito istituito per l’emergenza nordfrica, è impossibile non vedere ciò che ormai anche diversi attori internazionali hanno denunciato.
Non solo il recente servizio verità del New York Times, ma anche e soprattutto diverse pronunce di tribunali tedeschi ed inglesi hanno riconosciuto il trattamento inumano a cui sono costretti i richiedenti asilo nel nostro paese, dichiarando l’illegittimità dell’applicazione del Regolamento Dublino II per alcuni richiedenti asilo che sarebbero dovuti essere rispediti proprio in Italia.
Ma non serve andare lontano, fino al Darmstag amministrativo tedesco, per scoprire questa triste realtà. Le nostre città sono piene di grandi e piccoli luoghi dove i cosiddetti “dublinati” cercano rifugio dopo aver visto i loro sogni e le loro illusioni frantumarsi contro le frontiere interne dell’Europa in cui la libera circolazione viaggia a velocità ed intensità diverse a seconda che si tratti di merci, capitali finanziari o esseri umani.
A poco vale lo stratagemma con cui il Consiglio ed il Parlamento pensano di aggirare la questione. La recente adozione della direttiva 51/2011/CE, ancora non recepita dall’Italia, dovrebbe garantire ai titolari della protezione internazionale di poter ottenere un rilascio di un permesso CE di lungo periodo che permette la circolazione in UE. Ma anche questa realtà è ben diversa. Il possesso del titolo fa infatti i conti con le normative nazionali in materia di ingresso legate spesso all’ottenimento di una quota per lavoro.
L’Europa delle frontienre uniche, l’Europa del sistema Schengen per cui un’espulsione da un paese è riconosciuta come tale anche da tutti gli altri, non è invece in grado di riconoscere ancora come “benvenuto” chi fugge da guerre e persecuzioni.
La recente tragedia del ragazzo ivoriano che si è dato alle fiamme all’aeroporto di Fiumicino dopo che l’Olanda lo aveva ricacciato dentro i confini italiani parla da sola ed è il peggior “anniversario” che il sistema Dublino II poteva regalarci.
Una spinta in più per liberarcene e costruire un’ Europa a misura umana.
Fonte: www.meltingpot.org
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