Minori, le associazioni alzano la voce: ”Basta falsità sui centri di accoglienza”

Un manifesto in cinque punti per sfatare falsi miti e pregiudizi nei confronti delle comunità.Tra le più frequenti: quello che sia meglio l’accoglienza in famiglia, che il minore non debba mai essere allontanato dai genitori o che siano migliori le accoglienze di breve periodo. A firmarlo anche esponenti della cultura



Basta con le false contrapposizioni tra il diritto del bambino a vivere nella propria famiglia e il diritto ad essere protetto da situazioni che possono compromettere in modo irreversibile la sua salute psicofisica, ma anche a quelle tra accoglienza in famiglia e accoglienza in comunità, tra accoglienze brevi e a lungo termine, tra servizio pubblico, privato sociale e associazionismo familiare. E infine basta con la confusione tra affido e adozione. E’ un manifesto in 5 punti quello lanciato oggi  da un gruppo di associazioni: Cnca ( Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), Agevolando, Cismai, Cncm (Coordinamento nazionale comunità per minori), Progetto famiglia e Sos villaggi dei bambini, ed è nato per  sfatare alcuni falsi miti e pregiudizi che riguardano l’accoglienza dei minori. Il documento è stato presentato oggi alla stampa durante l’’iniziativa “5 buone ragioni per accogliere i bambini che vanno protetti”.  Ed è già stato sottoscritto da diversi esponenti della cultura, dello spettacolo e della società civile tra cui Alessandro Bergonzoni, Mauro Biani, Luigi Cancrini, Stefano Cirillo, Massimo Cirri, don Virginio Colmegna, Emma Dante, Tosca d’Aquino, Fabio Geda, Fiona May, Patrizio Oliva, don Giacomo Panizza, Ana Laura Ribas, Alena Seredova, Alessandro Sortino, Mateo Zoni e da Aurea Dissegna, pubblico tutore dei minori del Veneto, e Rosy Paparella, garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza della Puglia.
Innanzitutto i promotori spiegano perché sia  falsa la contrapposizione tra il diritto del bambino a vivere nella propria famiglia e il diritto ad essere protetto da situazioni di pregiudizio, che possono compromettere in modo irreversibile la sua salute psicofisica. “Il problema non è se si allontanano troppo o si allontanano poco i bambini e gli adolescenti nel nostro Paese, ma piuttosto che l’allontanamento è una misura giudiziaria di protezione indispensabile nelle situazioni di abuso e grave maltrattamento – sottolineano - In via generale, è auspicabile la riduzione del numero degli allontanamenti, ma al contempo è doveroso, sul piano pratico, allontanare con determinazione e tempestività bambini e adolescenti che nel loro contesto familiare subiscono gravi violazioni dei loro diritti”. Secondo le associazioni, occorre garantire realmente tutti i sostegni alla famiglia d’origine perché possa essere aiutata a crescere bene i propri figli. Per far questo bisogna contrastare la continua riduzione delle risorse sociali e garantire adeguate risorse di organici per gli operatori (assistenti sociali, educatori, psicologi...), per sostenere le famiglie e prevenire situazioni di rischio. Occorre, inoltre, garantire l’adeguatezza dei servizi deputati alla protezione e, dove occorre, all’allontanamento dei minorenni, nel loro interesse.
Al punto due si denuncia, invece, la falsa contrapposizione tra accoglienza in famiglia e accoglienza in comunità. “Ciascun bambino e adolescente ha diritto, secondo le priorità previste dalla legge n.184/1983, a un progetto per sé, attento, pensato, curato, specifico, alla definizione del quale, per quanto e quando possibile, egli deve essere direttamente coinvolto, fin dalle prime fasi della sua definizione e realizzazione – si legge nel manifesto- . È auspicabile che ogni minorenne allontanato dal proprio nucleo familiare possa fare esperienza di una nuova famiglia che lo accoglie, ma è allo stesso modo auspicabile che, laddove la situazione lo richiede, quel minorenne possa essere accolto in comunità sia essa familiare o educativa”. Per le associazioni, dunque, è doveroso assicurare la presenza di comunità specializzate capaci di offrire un sostegno professionale a minori, chehanno subito eventi traumatici, e per i quali l’accoglienza in una nuova famiglia sarebbe unintervento nell’immediato “non appropriato” o da preparare nel tempo creandone le condizioni. “Il rischio più pericoloso in queste situazioni è di agire sotto l’impulso di ideologie piuttosto chedall’ascolto attento di quella storia – spiegano - e di quel bambino o adolescente che va accompagnatoverso la ricostruzione di legami affettivi e familiari significativi nei tempi e nei modi rispondenti aisuoi bisogni ed alle sue risorse. Tutte le risorse di accoglienza residenziale vanno poi monitorateattentamente affinché rispondano nel loro funzionamento complessivo ai requisiti di legge e quindial superiore interesse del minorenne”.
Le accoglienze brevi sono sempre meglio di quelle a lungo termine? E’ questo il terzo punto del manifesto dove si chiarisce che “seppure è auspicabile che gli allontanamenti durino il minor tempo possibile, e che si concludano ogni qualvolta risulti utile al minorenne con il rientro in famiglia, occorre affermare che vi sono ragazzi il cui preminente interesse richiede che vengano disposti affidamenti o inserimenti in comunità per un tempo a volte prolungato. Ci sono tante situazioni in cui non è possibile né il rientro nella famiglia d’origine né l’attivazione di un percorso adottivo. È allora necessario realizzare, discernendo con attenzione e competenza da parte delle responsabilità istituzionali e professionali preposte, un percorso di vita per il minorenne caratterizzato da un’accoglienza di lunga durata”.
Per i promotori non c’è contrapposizione tra servizio pubblico, privato sociale e associazionismo familiare, un’idea che viene sfatata nel punto 4 del documento redatto dalle comunità.. “I diritti si tutelano solo in uno scenario in cui tanto i servizi pubblici quanto il terzo settore e l’associazionismo familiare sono forti ed operano, senza confusione di ruoli, in strette sinergie a partire dalle proprie titolarità, costruendo corresponsabilità e rifiutando deleghe: solo così possiamo parlare di vera sussidiarietà”.
Infine, nell’ultimo punto del manifesto si fa chiarezza sulla confusione giuridica e esperienziale tra affido e adozione. “Un bambino in affido può essere adottato dagli affidatari solo se durante l’affido viene preventivamente accertato dal Tribunale per i minorenni il suo stato di adottabilità. In questi casi va prioritariamente presa in considerazione la disponibilità e l’idoneità degli affidatari e attentamente valutato se l’adozione da parte loro corrisponde al preminente interesse del bambino o adolescente – spiegano -. L’adozione deve essere una misura presa sempre esclusivamente nel superiore interesse del bambino: non può essere motivata da fattori predeterminati quali la lunga durata del periodo di affidamento così come non può essere ritardata o negata solo perché vi è già un progetto di affido familiare. In questi casi estremamente delicati è però assolutamente necessario procedere con grande cautela e gradualità tenendo conto che il bambino o adolescente si trova a vivere un nuovo distacco da legami affettivi faticosamente costruiti”. Secondo i promotori obiettivo del manifesto è dunque: rinunciare per sempre agli stereotipi, sostenere davvero la cultura dell’infanzia e dell’adolescenza, ascoltare davvero i bambini e i ragazzi per dare centralità e esigibilità ai diritti dei bambini e dei ragazzi e infine garantire a ciascuno il diritto ad un progetto per sé.
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