LAMPEDUSA: UOMINI, DONNE E BAMBINI. TANTE VITE UN SOLO CORAGGIO

Io resto quaggiù/ nel fondo di una casa per noi tutti/ senza ragioni e ipocrisie/ una terra senza prigioni e un sogno sarà il mio respiro d’acqua/ un vaso di cristallo il cuore/ accoglier la nascita di mille cavallucci non più lamenti/ non più aprirsi e chiudersi di cancelli/ le nostre vite saranno astucci di perle. (Io sto in fondo al mare, di Fernanda Ferraresso)


Mi dissero “vai”. Io ci credevo ad un mondo fratello, alla vita… Mi [dissero "vai" questa sarà la tua battaglia, combattila anche per noi, tu andrai per mare, non [temere il mare di cui siamo figli anche se nati fra due sponde!

Ed io salpai: l’anima raccolta fra le mani, ed un sacchetto di semi [da germogliare nella terra che amorevolmente avrei vangato al di là del nostro mare. (Mi dissero vai! di Grazia Maria Pellecchia)



Ascolta le onde alte nere onde sbattono sugli scogli di Lampedusa loro – i migranti ( 500 sono? ) schiacciati l’uno contro l’altro nella stiva colano a picco e annegano ascolta le loro voci Europa! (Ascolta, Europa! di Giovanna Gentilini)


Sulle rive di Lampedusa Sono sdraiati i resti delle nostre coscienze gonfie Le rive di Lampedusa Sono il viso sfigurato, gonfio e mutilato della nostra umanità Oggi! (Gassid Mohammed)




Cara mamma, sono partita contro il tuo volere/ ti ho lasciata in lacrime, senza riuscire ad asciugare le tue lacrime questa volta ti lascio per sempre. Ho intrapreso un cammino difficile e tortuoso/ Ho incontrato molteplici difficoltà. Aimè sono stata depredata, violentata e torturata. Alle cui urla strazianti ti hanno obbligata ad assistere e viverle con me via telefono/ affinché impotente/ desolata e distrutta vendessi tutti i tuoi averi elemosinassi anche per strada. Tutto per riscattare la mia vita perché possa essere liberata e successivamente rivenduta ad altri trafficanti della morte. (Lacrima sul tuo volto, Bietelihem Berhane, Eritrea)




… a casa ci voglio tornare, ma casa mia è la bocca di uno squalo/ casa mia è la canna di un fucile/ e a nessuno verrebbe di lasciare casa sua/ a meno che non sia stata lei a inseguirlo fino all’ultima sponda a meno che casa tua non ti abbia detto/ affretta il passo/ lasciati stare i tuoi stracci/ striscia nel deserto/ sguazza negli oceani/annega/ salvati/ fatti fame chiedi l’elemosina dimentica la tua dignità/ la tua sopravvivenza è più importante. (Casa Warsan Shire (Trad. di Pina Piccolo)




Vengo da lontano, ma non so dove sto andando. Vengo da lontano senza sapere dove sto andando. Vengo da lontano e ho attraversato il mio paese crivellato. Vengo da lontano senza avere chiara una meta! Partii da una capitale in fiamme, che ha perduto lo Stato. Vengo da lontano senza meta e senza dove. Mio padre si è perduto in una guerra che ha tanta fame e tanta sete. Mia madre si è ritrovata sola in mezzo a tanti lamenti di infanti. Un giorno di tanti anni fa, fuggii dalla mia terra che beve sangue invece che acqua. Ho dimorato galere di tante città diverse, tutte sporche e abitate da pidocchi. Ho camminato nella sabbia rovente dei deserti, pensavo alla morte ma la vita mi voleva con sé. Vengo da lontano per trovarmi al mare senza saper nuotare, vengo da lontano, nonostante la barca ballasse tra le onde, i corpi gonfi hanno fatto la mia salvezza. (Il Druido di Dublino* Antar Mohamed Marincola)



Nemmeno le armi son da evocare: ne avete già viste troppe nei vostri paesi, spedite a casse dai nostri produttori di Stato. Sì uno Stato smemorato e baro che si spazza le suole insanguinate con il ripudio della guerra e, nel nome nostro anche di noi che siamo qui, esporta morte a buon mercato. E poi la patria: quale? Cos’è? È solo un mare di dune di sabbia senza confine prima di un altro mare di dune d’acqua senza approdi. (Quel maledetto metro d’acqua di Bartolomeo Bellanova)



Eppure ogni notte/ prima di ogni partenza/ il buio s’accendeva di mille lune/ accoglieva il calore di sogni/ che fiorivano/ prima che le tenebre portassero nuove paure/ prima che/ altre navi/ annegassero altro futuro/ prima che/ i trafficanti/ portassero altra morte. (Fantasmi di mare, di Anna Albertano)
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