Immigrati in Italia: i dati del XXIV Rapporto Immigrazione Caritas - Migrantes

Il XXIV Rapporto Immigrazione Caritas e Migrantes, presentato questa mattina all’Expo Milano, è dedicato all’Expo 2015, un avvenimento che, per quanto discusso, ha da sempre tracciato un forte solco nella storia come occasione di celebrazione dei traguardi scientifici raggiunti dall’uomo e di condivisione delle conoscenze tra i popoli tenendo ben presente la valorizza- zione della dignità umana.

Un’occasione come questa non poteva essere tralasciata dall’annuale riflessione che Caritas e Migrantes, organismi della Conferenza Episcopale Italiana, dedicano alla mobilità in Italia. Migranti, attori di sviluppo è il tema del presente Rapporto che guarda il migrante come persona attiva e propositiva in grado di dare e contribuire allo sviluppo del Paese.
Il più delle volte si sente parlare e si descrivono i migranti come “quelli che chiedono”, “gente a cui dare”, poiché “in stato di bisogno”. Dall’esperienza maturata in tanti anni di servizio, Caritas e Migrantes, nelle pagine del Rapporto, hanno voluto invertire la prospettiva e raccontare quanto invece l’Italia e gli italiani ricevono dai migranti che hanno scelto o continuano a scegliere il territorio italiano come meta di emigrazione; descrivere i volti delle persone che si incontrano, dei nuovi cittadini che, pur non essendo italiani, contribuiscono attivamente a sostenere l’Italia ancora in difficoltà economiche e culturali.



Questo Rapporto Immigrazione – grazie all’ausilio di studiosi ed esperti delle tematiche migratorie di diverse discipline e accademie italiane – descrive la situazione della mobilità internazionale e nazionale, per poi soffermarsi, nella specifica sezione dedicata all’Expo Milano 2015, su due argomenti: il cibo come causa delle migrazioni e il cibo come occasione di sviluppo, nella consapevolezza che a volte basta solo cambiare prospettiva per essere sensibilizzati diversamente alle problematiche sociali.
La storia dell’immigrazione italiana è caratterizzata da una continua e costante interpretazione negativa ed emergenziale del fenomeno, come a rifiutare gli ultimi quarant’anni di storia nazionale che è stata scritta inevitabilmente insieme ai migranti, divenuti ormai parte integrante e strutturale dei territori, demograficamente attiva, economicamente produttiva, culturalmente vivace, e religiosamente significativa, indispensabile al futuro di un Paese altrimenti destinato a spegnersi inesorabilmente.
Il tema della lotta alla fame è una costante che ha accompagnato l’azione della Chiesa dal Concilio Vaticano II ad oggi. Sono cinquant’anni di lotte, denunce, progetti di cooperazione e sviluppo, che hanno visto protagonisti, sacerdoti e laici, religiosi e religiose, parrocchie e associazioni, cooperative e organismi internazionali. Il ’68 vede la Chiesa rinnovarsi proprio a partire da questa condivisione dei volti dei poveri e delle storie di povertà, con la nascita di associazioni (Mani Tese, Emmaus, ecc.), organismi (Caritas, Focsiv, ecc.), che interpreteranno e rilanceranno il grido dei poveri senza pane, senza acqua, senza terra.
L’ultima campagna condivisa è stata quella degli Obiettivi del Millennio (1990- 2015), assunti dall’ONU nel 2000, attraverso la Dichiarazione del Millennio il cui primo obiettivo, purtroppo mancato e rilanciato da Expo di Milano 2015, è la lotta per dimezzare la povertà e la fame. Sono ancora 840 milioni le persone nel mondo senza cibo. Ogni anno 51 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni deperiscono a causa della malnutrizione e, di questi, quasi 7 milioni muoiono. La più alta concentrazione vive nell’Africa Subsahariana, dove 1 bambino su 3 è sottoalimentato. È l’Africa delle migrazioni. Sono anche i volti dei migranti che, dopo un primo viaggio alla ricerca di una vita migliore nel Nord Africa, oggi attraversano il Mediterraneo sui barconi, nei cosiddetti “viaggi della speranza”.
Seguendo il cammino della Dottrina sociale della Chiesa, dal Concilio Vaticano II ad oggi, e anche il testo del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Terra e cibo (Roma, LEV, 2015), possiamo quasi ricostruire i passaggi fondamentali di una “denuncia” che accompagna l’azione della Chiesa nella lotta contro la fame. 
La costituzione pastorale Gaudium et spes, l’ultimo documento approvato dai Padri conciliari, l’8 dicembre 1965, ponendo la Chiesa in dialogo con il mondo, apriva anche la strada dell’impegno alla lotta contro la fame.
«I beni creati – si legge nel documento – debbono essere partecipati equamente a tutti, secondo la regola della giustizia, inseparabile dalla carità. Pertanto, quali che siano le forme della proprietà [...] si deve sempre tener conto di questa destinazione universale dei beni». In questo il Concilio Vaticano II riprendeva un principio, la destinazione universale dei beni, che dall’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII (1891) era stato richiamato con forza in ogni documento del magistero sociale della Chiesa. A partire da questo principio, la proprietà privata e il profitto non sono assolutizzati, anzi, «la legge del profitto – scriverà Giovanni Paolo II ai coordinatori della Campagna giubilare contro il debito estero nel Giubileo del 2000 – da sola non può essere applicata a ciò che è fondamentale per la lotta contro la fame». La lotta alla fame parte dalla condivisione, dalla gratuità come principio strutturale del mercato, ricordato da papa Benedetto nell’enciclica Caritas in veritate. Benedetto XVI ricordava cioè che in molti paesi poveri permane e si accentua l’insicurezza di vita e scriveva: «La fame non dipende tanto da scarsità materiale, quanto piuttosto da scarsità di risorse sociali, la più importante delle quali è di natura istituzionale.
Manca cioè un assetto di istituzioni economiche in grado sia di garantire un accesso al cibo e all’acqua regolare e adeguato…sia di fronteggiare le necessità connesse con i bisogni primari e con le emergenze» (n. 27). E conclude ripetendo un passaggio del messaggio della Giornata Mondiale dell’Alimentazione del 2007: «È necessario, pertanto, che maturi una coscienza solidale che consideri l’alimentazione e l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni».
Il principio della destinazione universale dei beni è strettamente connesso con un altro principio, la dignità di ogni persona, che viene salvaguardata attraverso la tu- tela dei diritti, la solidarietà, ma soprattutto attraverso l’educazione alla fraternità. Il diritto al cibo è un segno di tutela della dignità della persona e di costruzione della fraternità, attestato nel magistero sociale. Già Giovanni XXIII, nell’enciclica Mater et Magistra, del 1961, richiamava al fatto che «Vi sono paesi nei quali si producono beni di consumo e soprattutto prodotti agricoli in eccedenza; mentre ve ne sono altri nei quali larghi strati popolari lottano contro la miseria e la fame: ragioni di giustizia e di umanità domandano che i primi vengano in soccorso dei secondi. Distruggere o sciupare beni che sono indispensabili ad esseri umani per sopravvivere è ledere la giustizia e l’umanità» (n.148). Il papa continuava: «Sappiamo che produrre beni, specialmente agricoli, in eccedenza al fabbisogno di una comunità politica, può avere ripercussioni economicamente negative nei confronti di alcune categorie di cittadini.
Però non è quella una ragione che esima dal dovere di prestare un aiuto di emergenza agli indigenti e agli affamati; se mai è una ragione che do- manda che si usino tutti gli accorgimenti perché quelle ripercussioni negative siano contenute, e perché il loro peso venga equamente distribuito fra tutti i cittadini. Gli aiuti di emergenza, pur rispondendo a un dovere di umanità e di giustizia, non sono sufficienti per eliminare e neppure per ridurre le cause che determinano in un numero considerevole di comunità politiche uno stato permanente di indigenza o di miseria o di fame» (n. 149-150).
Nell’enciclica Pacem in terris del 1963, sempre Giovanni XXIII ricordava come ogni persona ha diritto «ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, spe- cialmente per quanto riguarda l’alimentazione» (n. 6). Paolo VI, nella Populorum progres- sio, guardando alla fame nel mondo, sollecitava il diritto al cibo dentro un quadro operoso di cooperazione allo sviluppo. Giovanni Paolo II, nel messaggio per la Quaresima del 1996, alzava un grido per gli affamati: «La folla di affamati, costituita da bambini, donne, vecchi, migranti, profughi e disoccupati, leva verso di noi il suo grido di dolore. Essi ci implorano, sperando di essere ascoltati». Nel suo discorso alla FAO del 2011, papa Benedetto XVI aveva dichiarato come atteggiamenti egoistici e specula- zioni sul cibo «si traducono nella negazione del diritto primario di ogni persona a nutrirsi e dunque ad essere libera dalla fame». E nonostante gli impegni assunti nei più alti congressi internazionali, ricordava il Santo Padre emerito, «il numero di affamati nel mondo non diminuisce”.
Ancora più esplicito è stato papa Francesco nel suo discorso alla FAO del 2014: «Oggi si parla molto di diritti, dimenticando spesso i doveri; forse ci siamo preoccupati troppo poco di quanti soffrono la fame. È inoltre doloroso constatare che la lotta contro la fame e la denutrizione viene ostacolata dalla “priorità del mercato”, e dalla “preminenza del guadagno”, che hanno ridotto il cibo a una merce qualsiasi, soggetta a speculazione, anche finanziaria. E mentre si parla di nuovi diritti, l’affamato è lì, all’angolo della strada, e chiede diritto di cittadinanza, chiede di essere considerato nella sua condizione, di ricevere una sana alimentazione di base. Ci chiede dignità, non elemosina».
Un luogo fondamentale per costruire solidarietà e fraternità, una sola famiglia umana, è la mobilità umana. Le migrazioni da una parte, se economiche, nascono in particolare dal desiderio di vincere la fame e la sete, migliorare la propria vita e quella della propria famiglia da parte delle persone in cammino, dall’altra sono esposte talora a forme nuove di sfruttamento lavorativo – come si ricorda anche nelle pagine di questo Rapporto – che indebolisce la dignità della persona e la fraternità. «La mobilità lavorativa, associata alla deregolamentazione generalizzata – ha scritto papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate – è stata un fenomeno importante, non privo di aspetti positivi perché capace di stimolare la produzione di nuova ricchezza e lo scambio tra culture diverse.
Tuttavia, quando l’incertezza circa le condizioni di lavoro, in conseguenza dei processi di mobilità e di deregolamentazione, diviene endemica, si creano forme di instabilità psicologica, di difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell’esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio. Conseguenza di ciò è il formarsi di situazioni di degrado umano, oltre che di spreco sociale» (n. 25).
Una sofferenza che anche papa Francesco ha ricordato nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, richiamando l’impegno a ridisegnare le relazioni, la cultura, la città a partire dall’incontro con i migranti: «I migranti mi pongono una particolare sfida perché sono Pastore di una Chiesa senza frontiere che si sente madre di tutti. Perciò esorto i Paesi ad una generosa apertura, che invece di temere la distruzione dell’identità locale sia capace di creare nuove sintesi culturali. Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!» (n. 210).
In conclusione, le Esposizioni Universali in passato sono state occasione preziose in cui la Chiesa ha annunciato, denunciato e condiviso situazioni e drammi della vita dell’uomo, come ha ricordato il cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e Presidente di Caritas Internationalis, durante l’intervento tenuto il 24 febbraio 2014 nell’Arcivescovado di Milano per annunciare la partecipazione di Caritas Internationalis all’Expo 2015. «Sono state delle occasioni – ha continuato il cardinale – per presentare magnifiche opere d’arte, come il quadro di Pablo Picasso Guernica dell’Esposizione Universale di Parigi del 1937, che voleva provocare una riflessione nella società sulla sofferenza». E concludeva: «Non potrebbe questa Esposizione Universale essere ricordata come un evento che ha unito tutta la creatività umana per combattere la fame nel mondo? Non potrebbe essere la prima a promuovere l’idea che solo vivendo e agendo come una sola famiglia umana solidale, giusta e responsabile, ci sarà energia per la vita e, ancor più, cibo per tutti?».
Un invito e un impegno che alimentano la campagna «One human family, food for all» delle Caritas nelle Chiese del mondo, i percorsi di ricerca e formazione della Migrantes e che attraversano le pagine del XXIV Rapporto Immigrazione di Caritas Italiana e della Fondazione Migrantes. (Francesco Soddu – Giancarlo Perego)
XXIV Rapporto Immigrazione Caritas - Migrantes


E-BOOK GRATIS

SCARICA GRATUITAMENTE LA GUIDA PRATICA
I Minori Stranieri non Accompagnati


0 comments:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

 

Minori Stranieri Non Accompagnati © 2015 - Designed by Templateism.com, Plugins By MyBloggerLab.com