Il Diritto d'Asilo. Minori rifugiati vulnerabili e senza voce - Rapporto Migrantes

Il Diritto d'Asilo. Minori rifugiati vulnerabili e senza voce
è il report presentato a Torino dalla Fondazione Migrantes. I dati contenuti all'interno del Rapporto Migrantes ci dicono che "Tra gennaio 2014 e novembre 2016 sono sbarcati in Italia, a seguito di soccorso in mare, quasi 500.000 migranti, tra i quali poco meno di 50.000 minori non accompagnati". Il documento della Fondazione sottolinea che "Solo nel 2016 più di 24.000 minori stranieri non accompagnati sono arrivati nel Sud Italia, con un significativo aumento rispetto agli anni precedenti, sia in termini assoluti che in proporzione al totale", con una percentuale dei minori soli sul totale degli sbarchi del 14% nel 2016, contro il 9% medio tra 2012 e 2015). In merito alle richieste di asilo "nei primi otto mesi del 2016 sono state presentate 3.181 nuove domande di protezione internazionale riferite a minori non accompagnati, a fronte delle 3.959 domande" dell'intero 2015 (+50% nel 2016 rispetto allo stesso periodo del 2015).
Un dato in forte e continua crescita - si rileva -: nel 2014, infatti, le richieste da minori non accompagnati erano 2.557, nel 2010 solo 306. Nel quadriennio 2013-2016 (dato riferito fino ad ottobre scorso) c'e' stato un calo progressivo di tutte le percentuali di accoglimento di forme di protezione internazionale: status di rifugiato al 13% nel 2013, ridotto a un residuale 5% nel 2016, protezione sussidiaria al 24% nel 2013, dimezzata nel 2016; protezione umanitaria al 28% nel 2014 e al 19% nel 2016, anche se fra 2013 e 2014, dopo la fine dell'"emergenza Nord Africa e' stato l'unico in crescita, dal 24% al 28%. "Naturalmente inverso il trend dei dinieghi - si legge nel rapporto - dal 29% del 2013 al 58% del 2015 (l'anno delle frontiere chiuse e dell'avvio dell''approccio hotspot') fino al 62% del 2016". "Il 2016 - continua il rapporto - e' dunque l'anno in cui Commissione e Sezioni hanno respinto due domande d'asilo su tre, nonostante che l'insieme dei maggiori Paesi di fuga non sua molto mutato rispetto agli anni precedenti".
Sul piano dell’analisi, cercando di rendere conto dello “stato di salute” del diritto d’asilo negli ultimi due anni, mentre prova anche a leggerlo con una maggiore profondità temporale per capire come mai si è arrivati a questi nodi irrisolti così complessi, sia in Unione Europea che in Italia. Fornisce quindi una lettura puntuale e critica, ma oltre a queste analisi, ipotizza anche delle strade percorribili per iniziare a gestire con diversa responsabilità il fenomeno delle persone in fuga, la loro accoglienza e i successivi percorsi di accompagnamento all’autonomia. In Italia, il totale delle persone in accoglienza alla fine dell’anno appena trascorso erano 177 mila. Nella gestione italiana di accoglienza e accompagnamento all’autonomia delle persone in fuga, la Migrantes ha sintetizzato tre problemi di fondo.Il primo: l’accoglienza straordinaria dei CAS cresce sempre più ed è quasi l’85% con i suoi oltre 137.000 posti assieme agli hotspot e i centri di prima accoglienza che arrivano a quasi 15.000 posti, mentre nelle accoglienze decentrate SPRAR in cui i Comuni sono i titolari ci sono solo poco più di 23.000 persone, meno del 15%. Quest’ultimo è un dato al quale prestare particolare attenzione per tre elementi fondamentali: il rapporto squilibrato tra persone in accoglienza e territorio; la trasparenza nella gestione dei fondi dedicati all’accoglienza; la qualità dei servizi realmente erogati alle persone.In secondo luogo, il nostro Paese continua a non avere un reale sistema di accompagnamento all’autonomia per tutte le persone a cui viene riconosciuta in Italia la protezione umanitaria o la protezione internazionale, dopo l’analisi della loro domanda d’asilo. Questa carenza di accompagnamento è una condizione che paradossalmente, proprio nel momento in cui vengono riconosciute titolari di una protezione, espone le persone ad altissimi rischi di precarietà, marginalità e disagio abitativo, lavorativo e sociale.Infine, l’effettiva accoglienza e tutela dei Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA), a cui è dedicato un approfondimento in questo volume, il problema della sua efficienza ed efficacia continua ad essere un’altra grande criticità italiana.Proposte per uscire dall’empasse in EuropaCreare canali di ingresso legale nell’Unione Europea e in Italia, non solo per chi è in fuga ma anche per chi è in cerca di lavoro. Questo si può realizzare attraverso diversi strumenti, già sperimentati in varie situazioni internazionali: canali umanitari; permessi umanitari e temporanei rilasciati nelle ambasciate dei diversi Paesi europei all’estero; programmi non eccezionali ma stabili di resettlement (spostamento) tra i campi profughi più vicini alle zone di conflitto e i diversi Paesi europei; facilitazione e rapidità dei ricongiungimenti familiari tra chi in Europa e nel nostro Paese ha già una forma di permesso (sia esso di lavoro o umanitario, o di protezione internazionale): cosa che sarebbe già legalmente possibile ma che spesso incontra numerosi ostacoli, ritardi e malfunzionamenti soprattutto burocratici. È un passaggio estremamente importante. Perché, in realtà, solo costruendo maniere legali di ingresso nell’Unione e in Italia (sia per motivi umanitari e domanda d’asilo che per ricerca di occupazione) avremo la capacità di contrastare i trafficanti e i terroristi e di esercitare una verifica più puntuale dell’identità di chi è in fuga, di chi ha bisogno di entrare in Unione Europea e in Italia per ottenere una legittima protezione internazionale.Superare definitivamente il Regolamento di Dublino. Questo accordo europeo aveva un senso a fine anni Novanta, quando era stato pensato per riequilibrare il peso delle domande d’asilo tra alcuni paesi del Nord Europa che se ne stavano facendo carico responsabilmente e altri paesi del Sud Europa, come Italia, Grecia, Spagna e Malta, che avevano tutt’altro atteggiamento. Oggi certamente tale Regolamento non solo è obsoleto, ma non affronta il problema in modo propositivo aiutando a una distribuzione equa e giusta tra i diversi territori dell’Unione.Bisogna arrivare a costruire un sistema d’asilo europeo, con quote nazionali di domande d’asilo che siano di competenza di ogni Stato. Questo sistema 2dovrebbe tener conto anche dei legami che le persone in fuga e richiedenti asilo potrebbero avere con un paese specifico, sia per ragioni linguistiche e culturali, che per la presenza di reti familiari o amicali che potrebbero favorirne il percorso di autonomia.Avere il coraggio di riconoscere che se un paese all’interno dell’Unione Europea non volesse accogliere persone in fuga da guerre e violenze, anche una volta verificato che quelle persone non rappresentino un potenziale pericolo, quel paese dovrebbe andare incontro a sanzioni reali e a un percorso di messa in discussione della sua legittima appartenenza all’Unione Europea.Questa forma di negazione del diritto di asilo rappresenta infatti una grave violazione dei trattati internazionali e dei diritti umani fondamentali, che sono alla base della stessa Unione.Cominciare a introdurre degli standards unici nell’Unione Europea, non solo riguardo alle definizioni, procedure e accoglienze dei richiedenti asilo, ma anche nella creazione di strumenti comuni di accompagnamento all’inserimento e all’autonomia. Per questi percorsi successivi alla prima accoglienza, oltre al periodo di ingresso nel mondo del lavoro e al riconoscimento dei titoli di studio, servono anche delle politiche comuni minime di sostegno al reddito, di supporto abitativo e alla ricerca attiva del lavoro. Queste politiche se rivolte non solo ai titolari di protezione internazionale o umanitaria ma a tutte le persone in difficoltà abitativa e lavorativa, sarebbero l’occasione di ripensare un sistema di welfare nello scenario attuale, specie in quegli Stati dell’Unione Europea che non ne hanno mai veramente avuto uno.Smettere di negoziare accordi bilaterali con referenti politici di paesi che non rispettano i diritti umani e le convenzioni internazionali – vedi Turchia, Sud Sudan, Gambia, Egitto – al fine di diminuire il numero delle persone in fuga da quei territori. Impegnarsi, invece, a non vendere armi alle fazioni in conflitto e cominciare a fare una seria politica di pacificazione nel mondo, agendo quindi non già sulle vittime ma sulle cause reali che obbligano le persone a fuggire abbandonando le loro case.Proposte per uscire dall’empasse in ItaliaRivedere la legge sull’immigrazione, al fine di creare canali di ingresso a diverso titolo: per ricerca di occupazione; con permessi temporanei umanitari; attraverso resettlement dalle zone di conflitto, usando anche le nostre ambasciate all’estero e lo strumento del ricongiungimento familiare.Superare la volontarietà di adesione dei Comuni italiani rispetto alla doverosa accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati per giungere così a una vera accoglienza decentrata, non più minoritaria, ma capace di dispiegarsi in tutto il territorio nazionale.Questa accoglienza potrebbe finalmente avere standard verificabili rispetto ai servizi che devono essere erogati e un controllo efficiente sui fondi stanziati che rimane invece molto difficile fare nella situazione attuale, in cui più dell’85% delle accoglienze avviene sotto un regime straordinario.Creare in ogni territorio servizi di accompagnamento, non solo per richiedenti asilo, ma per tutte le persone di quel territorio in difficoltà lavorativa ed abitativa, anche grazie ai fondi dell’accoglienza e all’accompagnamento all’autonomia.Prevedere, come già avviene in altri paesi europei, la possibilità anche nella fase della domanda d’asilo (sia essa in Commissione territoriale o in Tribunale) di trasformare un permesso di soggiorno per richiesta di asilo in un permesso umanitario o in un permesso di lavoro.Questa flessibilità normativa supporterebbe tutti quei casi in cui il richiedente asilo, durante il periodo di accoglienza in Italia, abbia seguito corsi di italiano, di formazione e inserimento lavorativo o abbia svolto attività di volontariato o di aiuto alla comunità. Queste situazioni favoriscono infatti l’inserimento sociale della persona e normalmente la aiutano a raggiungere una proficua autonomia abitativa e lavorativa, che però oggi necessita di essere riconosciuta da un permesso di soggiorno coerente alla situazione di fatto (se questa è positiva).Mettere in piedi un reale ed effettivo sistema di tutela e accompagnamento per i MSNA che arrivano in Italia, riuscendo ad accompagnarli in sicurezza anche in un altro paese europeo se lì hanno figure adulte di riferimento. Riuscire, in tempi brevi e certi, a dare ad ogni MSNA che arriva su territorio italiano un tutore debitamente formato.Implementare sempre più puntualmente un sistema non arbitrario e più tutelante di determinazione dell’età di quello che spesso viene usato ora. Creare accoglienze dignitose per i MSNA che coinvolgano tutte le regioni e che prevedano il coinvolgimento anche di famiglie o siano in semiautonomia e non solo presso comunità per minori.Attivare prontamente programmi ponte di tutela, per non farli cadere nell’abbandono al compimento dei 18 anni.(Fonte Aise)

Leonardo Cavaliere


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