Visualizzazione post con etichetta Belgrado. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Belgrado. Mostra tutti i post
Every step of the way this vulnerable, good-natured boy is in danger … Emran.
All'età di soli 11 anni, Emran ha vissuto più orrori di quanti se ne possano vivere in una vita intera. Un nuovo documentario, War Child, segue lui e altri bambini bloccati in questa distopia.Il sole picchia e le cicale cantano intorno a noi.
"Perché hai lasciato casa?" Chiedo mentre calpestiamo l'erba alta.

"I talebani uccidevano i bambini mentre andavamo a scuola, così sono fuggito". Seguo il ragazzo dopo aver superato il filo spinato ricompattato, ai piedi di una recinzione in argento scintillante.

"Due anni fa i miei genitori hanno mandato mio fratello più grande in Germania, per motivi di sicurezza. Non avevano abbastanza soldi per il viaggio di tutti. Ora che ho compiuto 11 anni, è arrivato il mio turno".

Sto esplorando il confine greco-macedone con Emran, un carismatico giovane ragazzo afgano, e lo sto riprendendo per un documentario di Channel 4 - War Child. Tre mesi fa, ha lasciato i suoi genitori a Kabul e si è incamminato verso l'Europa occidentale. È quasi annegato nella traversata dalla Turchia alla Grecia. Per qualche miracolo, una barca da pesca ha visto il suo gommone e ha avvisato la guardia costiera. "È stato molto spaventoso”, mi dice Emran " tanto che non riesco più a fare il bagno".

"Ora sono bloccato qui sul confine greco" dice. Ma sostiene ostinatamente che "deve continuare ad andare avanti”.

Emran è scaltro per la sua età, super-intelligente e parla un inglese quasi perfetto. È in viaggio con la sua famiglia allargata e l'ultima cosa che vuole è isolarsi. Finora, questo ragazzo di 11 anni ha percorso 5.500 km senza i suoi genitori.
‘The Taliban were killing children as they walked to school, so I had to leave’ … Emran.
Alla frontiera, fa notare, attraverso la recinzione, un gruppo di guardie di pattuglia in sovrappeso, che prendono il sole sui gradini di un carro armato"Conosco quei soldati. Ogni notte, quando cerchiamo di attraversare questo confine ci catturano e ci portano indietro. Hanno preso a bastonate un mio amico, pensando fosse un trafficante”.

Emran vive in una tenda malandata che ha piantato sui binari ferroviari di Idomeni.

Idomeni è un campo profughi informale sul confine greco-macedone.

Poliziotti in tenuta antisommossa allineano le barricate al confine, pronti a respingere i migranti in caso decidano di sfondare.

Durante il giorno è soffocante. La diarrea è diffusa, i servizi igienico-sanitari terribili. Le risse scoppiano durante le file in attesa di cibo a causa delle poche porzioni, della disperazione e della stanchezza.

Ogni sera, quando la luce comincia a calare, i volontari e la stampa se la svignano nelle loro pensioni. A quest’ora i trafficanti iniziano la loro attività e il campo si anima. I migranti frettolosamente preparano i loro zaini, per un nuovo tentativo di attraversare la frontiera.

Un centinaio di metri lungo i binari, in un edificio abbandonato della stazione, Un bar improvvisato vende snack, sigarette e birra. Dentro, 20 trafficanti bevono pesantemente e scherzano con il barista. L'atmosfera cambia velocemente e sfocia presto una rissa. Un aggressore tira fuori un coltello. È ubriaco lercio, ma molto forte. Barcolla, poi il barista lo atterra con un pugno sulla mascella e lo fa sbattere su un tavolo a cavalletto. Ogni notte ci sono risse simili. Emran resta timidamente sulla porta. È venuto a comprare dei biscotti, con gli ultimi risparmi, che vuole portare con se stanotte in viaggio verso la frontiera. "Nessuno si fida dei trafficanti ma siamo obbligati ad affidarci a loro. Alcuni sono buoni, ma altri davvero pericolosi". Emran ha tentato questa traversata 14 volte. 
Smugglers threatened to shoot a child every day unless Rawan’s family could get them more money.
Il pericolo è dimostrato anche dalla storia di Rawan: una ragazza di 12 anni dagli occhi luminosi. Il padre di Rawan si è affidato ai trafficanti al fine di portare la giovane famiglia in Serbia per 800€. Dopo giorni di cammino, hanno raggiunto un composto di cemento sulle colline della Macedonia settentrionale. I trafficanti hanno quindi minacciato di sparare un bambino al giorno se non avessero ricevuto più soldi.

Per diversi giorni hanno a stento mangiato e bevuto. Il padre di Rawan finalmente è riuscito a contattare suo fratello in Turchia, per trovare i soldi per i loro rapitori.
Incontro Rawan e la sua famiglia a Belgrado. Esausto, indebolito e spaventato, il padre di Rawan è interdetto. "Siamo fuggiti dal Daesh (ISIS,ndt), ma questi trafficanti non sono diversi. Non pensavamo che avremmo incontrato gente come questa in Europa".

Emran per caso ha evitato un destino simile, perché è fuggito nelle foreste macedoni dove si è nascosto dai trafficanti e dalla polizia per tre giorni. Beveva l'acqua del fiume e mangiava le bacche per sopravvivere. Alla fine ha incontrato un altro trafficante che lo ha portato in auto a Belgrado.

Non molto lontano da queste drammatiche storie dei turisti trascorrono le proprie vacanze e i ristoranti servono deliziosi piatti della cucina locale alla clientela benestante. Questa è l'Europa contemporanea, non quella crudele distopia.

Per questi bambini, questa è solo una singola tappa del loro viaggi epico - nel caso di Emran, un viaggio che durerà 7.000 km. Parla con suo padre tutte le volte che può caricare il suo telefono. "Sei un orgoglio e un bravo ragazzo", così il padre cerca di incoraggiarlo. Il padre di Emran spera che il figlio possa riunirsi con il fratello e trovare sicurezza in Germania. Emran ammette che se i suoi genitori avessero saputo che le frontiere sarebbero state chiuse, non lo avrebbero mai mandato via.

Ci sono migliaia di minori non accompagnati vulnerabili bloccati ai confini d'Europa (paesi extraUE, ndt) senza le loro famiglie. Incredibilmente, si ritiene che oltre 10.000 siano scomparsi negli ultimi due anni (dati Europol, ndt). Senza percorsi sicuri e legali, ho visto come questi bambini possono facilmente cadere nelle reti dello sfruttamento sessuale e/o criminale. La chiusura delle frontiere favorisce i commerci dei trafficanti di uomini, spingendo i minori, vulnerabili tra i vulnerabili, verso gravi pericoli.

L’Europa è attualmente la seconda economia più ricca del mondo. Sicuramente c'è spazio nella nostra società per chi, come Emran, ne ha più bisogno.

Autore: Jamie Roberts
Traduzione: Francesca Del Giudice e Leonardo Cavaliere
Foto: Pro Co/Channel 4
Testo Originale: The Guardian.com

Maltrattati e affamati: i minori rifugiati non si fermeranno davanti a nulla per raggiungere l'Europa.

Every step of the way this vulnerable, good-natured boy is in danger … Emran. All'età di soli 11 anni, Emran ha vissuto più orrori ...
Avvolti nelle coperte grigie, molti minori migranti, alcuni di 10 anni di età, si riscaldano con alcuni fuochi accesi in un grande capannone abbandonato vicino alla principale stazione ferroviaria di Belgrado, in Serbia. Affamati, indigenti e infreddoliti, ricevono spesso visite da uomini serbi che offrono soldi in cambio di prestazioni sessuali - sapendo bene che molti di loro sono disperati a tal punto da fare qualsiasi cosa per sopravvivere. "Arrivano e individuano i più sciocchi", dice Navid, un ragazzo afgano di 16 anni, che chiede di non usare il suo vero nome come altri giovanissimi migranti intervistati dalla Thomson Reuters Foundation. "Chiedono quanti soldi servono. Pagano e vanno via, e fanno cose davvero spiacevoli", aggiunge, spiegando come alcuni uomini offrono più di 2.000 dinari serbi (circa 17 dollari) per fare sesso con questi ragazzi. Un amico afgano di Navid, Ali, ha affermato che non se la sente di dare la colpa a quei ragazzi che vendono i loro corpi. "Qui, per diverse notti, dormono affamati. Fa freddo, non hanno niente, sono senza soldi e si sentono in dovere di farlo", afferma il sedicenne con l'aiuto di un interprete. Centinaia di bambini migranti sono arrivati ​​in Serbia lo scorso anno, viaggiando per mesi per sfuggire ai combattimenti e alla povertà da Afghanistan, Pakistan, Iraq e Siria. Come Ali, molti sono bloccati in Serbia impossibilitati a continuare il loro viaggio verso l'Europa occidentale a causa della neve e delle frontiere chiuse, dopo essere stati costretti a dare ai trafficanti la maggior parte dei loro risparmi. L'UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia) ha dichiarato che i minori che si affidano ai trafficanti di esseri umani per muoversi in Europa, spesso con il sistema a ripartizione, sono più inclini a sfruttamento e violenza, compresa la prostituzione e lo stupro. Circa 7.700 migranti vivono in Serbia, dichiara UNHCR, di cui circa 1.100 persone, soprattutto afgani, hanno trovato riparo nei magazzini abbandonati di Belgrado. Save the Children stima che il 10% dei migranti in Serbia sono minori non accompagnati. La ONG ha comunicato di non aver ricevuto notizie circa la prostituzione di minori stranieri non accompagnati nel paese. "Quando vengono bloccati in Serbia, o in qualsiasi altro paese, a causa delle frontiere chiuse, spendono tutti i soldi che hanno, e hanno quindi bisogno di soldi per continuare il viaggio lungo il quale incontrano i trafficanti", ha dichiarato Tatjana Ristic, portavoce di Save The Children a Belgrado. "È molto complicato trovarli e proteggerli", ha detto alla Thomson Reuters Foundation.

PICCHIATO E PRESO A CALCI 

La Serbia, che non fa parte dell'Unione europea, è stata un luogo di transito importante l'anno scorso, quando centinaia di migliaia di migranti viaggiavano attraverso i Balcani per raggiungere l'Europa occidentale. Anche se questo percorso è stato chiuso lo scorso marzo, le autorità serbe stimano che altri 110.000 migranti hanno attraversato il paese, molti utilizzando i trafficanti per attraversare la Serbia e il suo confine con l'Ungheria, dove è stato costruito il muro col filo spinato. Ali ha detto che il suo viaggio finora gli è costato 9.500 euro ($ 9.979.75) e che è stato picchiato dai trafficanti in Bulgaria, costretto a mangiare foglie e a bere l'acqua sporca per sopravvivere. "Stavo per svenire dalla sete. Ma se non continuavo a camminare, il trafficante mi avrebbe preso a calci e pugni", ha confessato. Figlio maggiore della sua famiglia, Navid è fuggito in Europa, in cerca di una vita migliore, dopo che gli attentati suicida hanno devastato la sua città natale nel nord-est dell'Afghanistan. "Mia madre ha detto, 'Se lavori in città, c'è la guerra. Se vai a scuola, loro piantano le bombe e uccidono le persone.' Abbiamo deciso così di partire ", ha detto nella piccola stanza che divide con un ragazzo di 12 anni, nel capannone di Belgrado. Il suo letto, un tappeto sporco su un pavimento di cemento, è in netto contrasto con i centri per i rifugiati, al chiuso, gestiti dal governo dove vivono 6.600 migranti, soprattutto donne e bambini. Per i due ragazzi il magazzino è stata la loro unica scelta, perchè temevano l'espulsione nel caso avessero cercato riparo nei centri istituzionali per migranti. Tuttavia, Dragan Velimirovic, che gestisce il più grande centro profughi della Serbia nei pressi del villaggio Adaševci, circa 113 chilometri (70 miglia) a ovest di Belgrado, ha detto che tali timori erano infondati. Alcuni migranti preferiscono dormire all'addiaccio per essere in grado di contattare più facilmente i trafficanti, ha dichiarato. "Le autorità non li avrebbero rimpatriati. Se le autorità avessero voluto farlo, avrebbero potuto farlo in 24 ore, ma non vogliono", ha detto alla Thomson Reuters Foundation.

RISORSE LIMITATE

Ma con le frontiere chiuse e circa 100 arrivi al giorno, i centri serbi stanno arrivando al punto di rottura, dichiara l'organizzazione umanitaria CARE International.
"Il numero non sembra grande, ma è grande per un paese come la Serbia, che è un paese a reddito medio con alto tasso di disoccupazione", ha detto Sumka Bucan, direttore del gruppo delle operazioni umanitarie nei Balcani.
"È molto difficile da affrontare questa situazione senza l'assistenza della comunità internazionale", ha dichiarato.
Bucan ha detto che le cattive condizioni di vita al di fuori dei campi ufficiali, nonché la paura di essere rimpatriati, stanno spingendo molti migranti disperati nelle mani dei trafficanti di esseri umani.
Secondo lei, infatti: "è un business molto redditizio e stanno sfruttando le persone, ma sembra essere l'unica soluzione per i migranti stessi".
Nonostante un viaggio traumatico che l'ha reso preoccupato per la sua vita, Ali ha preso contatti con un trafficante per raggiungere Calais in Francia e poi la Gran Bretagna.
"Voglio costruire la mia vita lì, e continuare la mia istruzione", ha detto. "Spero che arriverò alla mia destinazione in modo sicuro, se Dio vuole".


(Reuters/di Lin Taylor and Valeria Cardi/Traduzione a cura di Francesca Del Giudice/Credit Foto Francesco Pistilli)  (Reporting by Lin Taylor @linnytayls and Valeria Cardi @vlr_crd, Editing by Katie Nguyen.  Thomson Reuters Foundation, the charitable arm of Thomson Reuters that covers humanitarian issues, conflicts, global land and property rights, modern slavery and human trafficking, women's rights, climate change and resilience.Thomson Reuters Foundation)

Link all’articolo originale 

E-BOOK GRATIS

SCARICA GRATUITAMENTE LA GUIDA PRATICA
I Minori Stranieri non Accompagnati

Abbandonati e senza soldi, in Serbia i migranti minorenni si prostituiscono per sopravvivere.

Avvolti nelle coperte grigie, molti minori migranti , alcuni di 10 anni di età, si riscaldano con alcuni fuochi accesi in un grande capan...
Foto Francesca Del Giudice
Quanto arrivo nell’ex stazione ferroviaria di Belgrado, una fila interminabile di uomini è in attesa del pranzo, disposti ordinatamente uno davanti all'altro e avvolti nelle coperte grigie donate da UNHCR. I volontari di Hot Food Idomeni, gruppo di ragazzi e ragazze provenienti da tutta Europa, dalle 12.30 alle 14.30 distribuiscono l'unico pasto al giorno ai migranti che stazionano lì, nell'inferno di Belgrado, consistente in una zuppa calda di verdure e legumi e qualche fetta di pane.
Subito mi rendo conto della presenza massiccia di minori, provenienti per lo più dall’Afghanistan e dal Pakistan. Nella fila c’è un ragazzino che trema di freddo, non ha la coperta e ha perso la sua giacca, altri sono con gli infradito e mi chiedono se posso donare loro delle scarpe. Io sorrido e mi informo subito se ci sono donatori, persone che portano beni. I migranti mi dicono di no, e solo dopo qualche ora scopro che, oltre all'aiuto di piccoli gruppi di cittadini attivi, i migranti sono davvero abbandonati a loro stessi, senza alcuna prospettiva, senza alcun supporto. Un aspetto che mi sconcerta particolarmente è che la maggior parte degli abitanti di Belgrado è ignara di questa situazione: nonostante i media ne stiano parlando di continuo, nonostante stiano a pochi minuti dal centro della città, c'è un totale disinteresse a conoscere, un'assenza di informazione e passaparola. Mi sfugge la motivazione.
Faccio un giro nei due capannoni principali: dismessi, nel giro di qualche mese sono diventati delle vere e proprie discariche. Ci si trova di tutto, da scarti di cibo al fango, da lattine ad escrementi, dai topi ai piccioni. E proprio all’interno di questi stabili, dalla fine della scorsa estate, vivono migranti in transito, che scappano dai loro paesi per raggiungere l’Europa, "the safe place". Incontro Yarouf, un ragazzo di 17 anni, in viaggio con il cugino, suo coetaneo, mi dice che tre anni fa è stato in Italia "Sono andato a Bari, a Brindisi, a Foggia, a Roma e a Milano. Sono andato poi in Francia, a Parigi. Guarda - mostrandomi le foto sul suo telefono - questo era il mio tutor francese e qui quando siamo andati sulla Tour Eiffel". Poi, con un po' di tristezza, mi dice "alla fine del viaggio sono tornato a casa, in Afghanistan, perché avevo un negozio, che ora non esiste più" e mi fa vedere quello che era il suo lavoro, uno store di gioielli, in perfetto stile medio orientale. Lui, ragazzo con una vita normale, aveva deciso di viaggiare in Europa tre anni fa. La stessa Europa che oggi gli volta le spalle. La stessa Europa che non vuole accoglierlo.
Continuo il mio giro, immersa in quella nube di fumo causata dai fuochi perennemente ardenti, unica fonte di calore che riesce a spezzare il gelo che cade su Belgrado. Incontro occhi, tanti occhi di chi ha sofferto ma che è ancora in piedi, occhi di chi preserva ancora la propria dignità, occhi di coraggio e determinazione, che ricambiano il mio sguardo. Si crea subito un'intesa, si fa presto a scambiare parole: tutti mi chiedono come stia, e alla mia domanda "e tu come stai?" c'è chi mi dice "sì, sto bene", chi inizia subito a raccontare la propria storia: molti sono arrivati da mesi, chi da 3 chi da 4 chi da 6. C’è chi ha provato la notte precedente ad attraversare la frontiera, con la polizia ungherese pronta a rispondere con violenza, chi invece chiede come è la situazione alla frontiera e quando l’Europa deciderà di farli passare. Dopo poche ore, mi si avvicina un ragazzo, esile esile e con gli occhi tanto vispi. Mi sorride, gli chiedo il nome e l'età. Lui è Salamola, 15 anni, afghano, capelli lunghi, appiccicati al viso, "ieri notte ho provato ad attraversare la frontiera" - mi racconta - "la polizia mi ha spruzzato qualcosa negli occhi e sono svenuto. Ora ho un grande problema agli occhi", lo accompagno fuori, a prendere un po' di aria fresca. L'istinto di abbracciarlo è forte, quel ragazzino è uno dei tantissimi minori che viaggiano da soli: partito dalla sua casa, vuole raggiungere un parente in Germania. Affabile, si crea immediatamente un legame speciale tra noi due.
Foto TheGuardian
Mi invita a vedere la sua "doccia" (uno dei tanti barili che i migranti riempiono di acqua presa chissà dove) e con fare ironico mi chiede "è bella, vero?" e io, spontaneamente sarcastica, gli dico che è la più bella doccia che abbia mai visto! Lui ride, mentre io mi sento terribilmente impotente. Dopo due anni di attivismo con i migranti, dopo due anni che mi occupo di accoglienza, con l'associazione Baobab Experience, mi rendo conto di quanto i 60mila migranti che son passati a Roma siano stati e siano fortunati ad aver incontrato persone come noi, un gruppo di volontari che si dedica a loro, andando oltre al mero assistenzialismo, facendoli sentire parte integrata e integrante di un gruppo. A Belgrado, la vita scorre lenta, soprattutto per il clima rigido. Molti preferiscono trascorrere il loro tempo intorno al fuoco a chiacchierare, immagino del loro passato e chissà forse dei loro sogni, altri fanno delle passeggiate nei dintorni, vanno al market ad acquistare qualcosa da mangiare e da bere, oppure, specialmente i più piccoli, passano del tempo a sfidarsi a Tochmdjangi, il gioco con le uova che consiste nel riuscire a rompere il guscio dell’uovo dell’avversario con il proprio uovo. Prima di andare via incontro di nuovo il piccolo Mowgli, Salamola, che mi invita a vedere la sua stanza. È pazzesco come questo ragazzino di 15 anni riesca ad essere sempre sorridente e positivo, nonostante viva in quel luogo disumano. Vado con lui, mi mostra il suo “letto”: un angolo di un quadrilatero delimitato da assi di legno. In quello stesso spazio dormono altre 5 persone, ognuna delle quali si è ritagliato lo spazio necessario per allungare almeno i piedi. La mattina seguente torno al campo, vedo un gruppo di persone intente a parlare con dei referenti di CRPC (Crisis Response and Policiy Center): stanno distribuendo un foglio di carta che riporta la notizia di un centro a Obrenovac, a 20 minuti da Belgrado, dove è possibile avere cibo, vestiti, doccia, letto e assistenza medica. Per primi verrebbero trasferiti proprio i minori e i migranti con evidenti problemi di salute. “Freedom of movement” è scritto a caratteri cubitali: è proprio questo che blocca i migranti a voler andare nei centri istituzionali, il non poter ripartire quando vogliono, il non potersi spostare, perché bloccati, registrati nel posto in cui non vogliono rimanere.Molti sono scoraggiati, mi chiedono se è giusto andare, cosa ne penso. Rispondo che secondo me devono almeno provarci, è un posto al chiuso, possono almeno dormire in un letto, cambiarsi i vestiti, farsi una doccia. C'è chi si lascia convincere, chi resta dell’idea di non andare. Cerco Salamola, voglio salutarlo per l'ultima volta: mi dice, tenendo lo spazzolino in mano, che è il momento della doccia. Contento, si avvia verso il suo barile e mi dice “ci vediamo dopo”. Prima di andare via, un ragazzo mi ferma e mi chiede "cosa pensi di tutto questo?", non riesco a trovare la parola giusta e commento con un "penso che sia incredibile". Lui mi ringrazia, mi stringe le mani e mi sorride.

Francesca Del Giudice


E-BOOK GRATIS
SCARICA GRATUITAMENTE LA GUIDA PRATICA
I Minori Stranieri non Accompagnati

Minori non Accompagnati, dimenticati al gelo di Belgrado.

Foto Francesca Del Giudice Quanto arrivo nell’ ex stazione ferroviaria di Belgrado , una fila interminabile di uomini è in attesa del p...
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

 

Minori Stranieri Non Accompagnati © 2015 - Designed by Templateism.com, Plugins By MyBloggerLab.com