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Dal 7 dicembre al 6 gennaio sarà visitabile presso il Museo delle Mura di Roma la mostra fotografica "Io So(g)no".
La mostra è nata da un progetto di collaborazione dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati e l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia).
Gli scatti sono il risultato di un percorso formativo, basato sulla tecnica del learning by doing, cui hanno partecipato ragazzi e ragazze ospiti delle strutture d’accoglienza “Il Tetto Casal Fattoria” e “La città dei ragazzi”.
I partecipanti hanno un'età compresa tra i 14 e i 17 anni, e sono provenienti da Egitto, Albania, Eritrea, Gambia, Filippine, Somalia, Ghana e Nigeria.
“Negli ultimi tre anni – viene ricordato in una nota – sono arrivati in Italia via mare oltre 30mila minori non accompagnati o separati dalle loro famiglie. Con gli arrivi, sono aumentate anche le sfide per garantire loro protezione adeguata, alla luce dei bisogni e delle vulnerabilità specifiche che li contraddistinguono, con particolare riguardo all’accoglienza in strutture idonee e all’accompagnamento nel percorso verso la maggiore età e l’autonomia”.

Leonardo Cavaliere

Io so(g)no - Storie e sogni di 15 minori stranieri non accompagnati accolti in Italia.

Dal 7 dicembre al 6 gennaio sarà visitabile presso il Museo delle Mura di Roma la mostra fotografica "Io So(g)no". La mostra è...
«Sono una ragazza semplice, amichevole e sono calciatrice». Si presenta così Awa, nata nel 1997 a Serekunda, la città più grande del Gambia.
Il Gambia, uno dei paesi più piccoli dell’Africa, oltre alla presenza di un governo autoritario oggi sostituito da una nascente democrazia e di più o meno aspri conflitti tra gruppi etnici, soffre la povertà estrema che ha portato, ancora nel corso degli anni ‘80, alla nascita degli “Sos Children’s Village”, villaggi che ospitano bambini e ragazzi minorenni abbandonati dai propri genitori. Lì Awa ha trascorso 14 anni, vivendo quella che definisce un’infanzia difficile e, in un certo senso, sola. «Nel villaggio erano severi, ma almeno sono andata a scuola» racconta «Ma più di ogni altra cosa io amavo giocare con qualsiasi cosa avesse la forma di un pallone».
Awa, che riflette molto e pesa le parole che dice, rivela che il calcio le ha cambiato la vita: «Quando ho bisogno di parlare con qualcuno ma non c’è nessuno, il calcio mi aiuta a concentrarmi su me stessa». Così, a 10 anni ha cominciato a giocare nel Nambori e, distinta per la sua bravura, a 16 è entrata nella nazionale del Gambia come attaccante, partecipando alla Coppa del Mondo in Azerbaijan.
Il calcio è uno sport tipicamente maschile e, questo, Awa lo sa bene: «ma se ascolti chi non crede in te rischi di spegnerti». Awa ha lasciato il paese a 17 anni, pur conoscendo il destino che aveva segnato la vita della compagna di squadra Fatim Jawara che, a 19 anni, era partita per l’Europa terminando il suo viaggio, tragicamente, nel Mediterraneo.
Nonostante quello che racconta, Awa si sforza di sorridere. Parla a fatica l’italiano, ma è arrivata in Italia solo durante l’estate del 2017. Oggi vive a Bolzano, dove è stata accompagnata secondo le ripartizioni delle quote ministeriali (all’Alto Adige spetta circa l’1% delle persone richiedenti asilo, ndr), nel centro accoglienza Casa ex Einaudi, aperto dalla Provincia di Bolzano (che non aderisce allo Sprar, ndr) per ospitare famiglie e donne richiedenti protezione internazionale. Si tratta di un grande edificio situato nella zona industriale di Bolzano in gestione alla onlus Volontarius, associazione del posto che da diciotto anni si occupa di interventi sulla strada e nell’accoglienza. «Il nostro obiettivo» spiegano gli operatori «è rendere l’ambiente il più accogliente possibile». La struttura, in effetti, un grande edificio ricavato da dei laboratori scolastici, di per sé sa ben poco di “casa”.
Oggi Awa desidera continuare a giocare a calcio e, ammette ridendo, diventare la migliore sul mercato. A Bolzano, nonostante abbia poche conoscenze, si trova bene e, grazie al supporto di operatori e volontari – in particolare quello di Salvatore Giuliana – ha cominciato a giocare in serie B nella Unterland Damen della Federazione Italiana Giuoco Calcio. «Soffro molto il freddo» dice Awa quando è in campo, dove è l’unica a indossare un berretto che, ogni tanto, il mister le toglie dalla testa per scherzare. Awa gioca e ride con le compagne di squadra, che l’hanno accolta positivamente. «Si è ben posta, è merito suo» spiega l’allenatore Massimo Trentini «Awa è una ragazza timida, ma ha carattere».
Quando le chiedo cosa le manca del Gambia, Awa ci pensa e risponde «I miei amici». Era una ragazza minorenne, quando ha lasciato il suo paese, ma in pochi anni è dovuta crescere e diventare la giovane donna piena di grinta e coraggio che è adesso: «Quando sono arrivata a Bolzano mi sono detta che sarebbe comunque stata una nuova, importante esperienza di vita» conclude: «Ce la metterò tutta».
Autore: Luca De Marchi

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I Minori Stranieri non Accompagnati

AWA, la minorenne non accompagnata che gioca a calcio tra le Alpi

«Sono una ragazza semplice, amichevole e sono calciatrice». Si presenta così Awa, nata nel 1997 a Serekunda, la città più grande del Gamb...
Musa Juwara, 16 anni, giocatore della squadra primavera del Chievo. La storia di questo minore non accompagnato è una storia positiva, una di quelle da raccontare all'inizio del nuovo anno come buon augurio per tutti i minori stranieri non accompagnati. La storia di Musa, inizia il 10 giugno 2016, quando arriva a 14 anni in Italia, dopo aver attraversato con un barcone il Mare Nostrum, dal e.
Dopo l'approdo a Messina viene trasferito a Ruoti, provincia di Potenza, dove ha la possibilità di allenarsi con la scuola calcio della Virtus Avigliano. 
Nel piccolo paesino della Basilicata trova anche famiglia: l’allenatore della Virtus, Vitantonio Summa, e la moglie, Loredana Bruno, ne ottengono l’affidamento.
Intanto il ragazzo, sul campo, fa parlare di sé, anche grazie allo scudetto nel campionato regionale Allievi della Figc. 
La sua classe viene notata da tanti club di serie A. 
La sua nuova famiglia dopo aver vagliato tante offerte, sceglie il Chievo, «visto – come spiega Loredana – il percorso sportivo ma anche scolastico ed educativo proposto dal club: e Musa tiene molto alla scuola perché il nonno, suo riferimento, gli ha sempre detto “prima la cultura”».
Quando tutto sembrava andare per il meglio la Figc nega il tesseramento e annulla pure quello disposto precedentemente dal comitato lucano: «Musa c’era rimasto malissimo, era quasi in depressione, e faticavamo a spiegargli la burocrazia». Ed è a quel punto che scatta il ricorso d’urgenza presso il Tribunale di Potenza. Quel ricorso vinto dall’avvocato Rigo – non è la prima volta che si occupa di vicende simili a quella di Musa – e dalla famiglia affidataria di Juwara. 
È così ch’è arrivato il via libera al tesseramento per il Chievo, che ora sta facendo le pratiche ed entro metà gennaio chiuderà l’operazione. Finalmente Musa potrà ritagliarsi un posto nel calcio italiano.

Leonardo Cavaliere
fonte Corriere della Sera

Musa Juwara, il msna che giocherà nella Primavera del Chievo

Musa Juwara , 16 anni, giocatore della squadra primavera del Chievo . La storia di questo minore non accompagnato è una storia positiva, ...
L'Asante Calcio è una squadra formata dai giovani migranti dei centri Azad ed Elom, gestiti dall'associazione palermitana Asante Onlus.

La squadra di calcio, che ha come sponsor Totò Schillaci, militerà nel campionato di terza categoria. 

L’Asante calcio è formata da 20 giocatori che vorrebbero trasformare la passione per il pallone in professione. 

«Lo scopo è aprire una via concreta di crescita, attraverso il gioco del calcio, a degli adolescenti che sono arrivati a Palermo da soli e pieni di aspettative». 

«È giusto dare un’opportunità in più ai giovani migranti fuggiti dalla loro terra in cerca di un futuro migliore - ha detto Schillaci - Il calcio aiuta a superare anche momenti difficili, è anche un modo per potersi divertire. A me il pallone ha cambiato la vita, mi auguro che possa farlo anche con questi giovani. Magari qualcuno lo possiamo portare pure al Palermo, chissà». 

Nella giornata di domenica 22 Ottobre i ragazzi dell'Asante Calcio sono stati in diretta TV col popolare programma sportivo Quelli che il calcio.

Perché portare questi ragazzi in tv? Per permettere loro di farsi conoscere a livello nazionale e quindi avere una reale possibilità professionale per il loro futuro, e anche per sensibilizzare sul tema dei migranti.

Un’esperienza sportiva, ma anche di integrazione sociale"Questa non è una squadra di giovani migranti ma di giovani palermitani", ha detto il sindaco Leoluca Orlando.

Per la prima volta una squadra di calcio, interamente composta da minori stranieri non accompagnati è iscritta alla FIGC.

Asante Calcio, la prima squadra di minori non accompagnati

L' Asante Calcio è una squadra formata dai giovani migranti dei centri Azad ed Elom, gestiti dall'associazione palermitana Asa...
Masnà, questo è il nome della squadra di rugby costituita da minori non accompagnati. Il nome ricorda il termine in vercellese di bambini, ragazzini e l'acronimo di Minori Stranieri Non Accompagnati. A Santhià (Vercelli) grazie al progetto del consorzio Cisas è stato possibile metter su una vera squadra di Rugby. Il rugby è entrato nella vita di questi giovani migranti - tutti di età compresa tra i 16 e i 17 anni - dei Cas di Santhià, Caresana, Borgo d’Ale, Alice Castello e Cigliano. Un’autentica scuola di vita, votata al contatto, all'unione, al gruppo, all’integrazione.

Il direttore Andrea Lux del CISAS dichiara  che «L'idea di affidarci al rugby va proprio in questa direzione: integrare - spiega -. Il nostro scopo è formare un team in cui non giocheranno soltanto i giovani richiedenti asilo ma anche ragazzi del nostro territorio. La palla ovale è lo sport che, per eccellenza, riesce a creare forza nell'unione».

 Daniele Tarasco, veterano santhiatese del rugby, caposaldo dell’Eminenza Grigia, formazione della selezione regionale piemontese Over 50, sarà colui che allenerà questi ragazzi.

 I primi sette ragazzi che parteciperanno a questo progetto provengono da Bangladesh, Burkina Faso, Nigeria, Costa d’Avorio, Mali.
«A novembre scatterà il campionato regionale di rugby a sette, e noi ci saremo, anche se abbiamo chiesto, per ovvie ragioni logistiche, di giocare sempre in trasferta - racconta Tarasco -. Questa particolare specialità è meno impegnativa e pressante rispetto a quella classica, composta da 15 giocatori per squadra. A cui, tuttavia, vogliamo arrivare presto, con tanti partecipanti, anche italiani. Per i ragazzi dei Cas, la palla ovale aiuta nella concentrazione, grazie all’applicazione degli schemi di gioco e all’obiettivo comune di arrivare alla meta e di fare la scelta giusta in condizioni di fatica». 

«Perché - prosegue Tarasco- il rugby viene usato come pratica sportiva per appianare le differenze. Tutti ci possono giocare, portando ognuno le proprie caratteristiche. Fisiche e psicologiche, le proprie individualità. Ognuno ha un ruolo all’interno della squadra e dà il proprio contributo per il suo funzionamento. Giocando, ci si accorge che si riesce a dare di più, molto di più di ciò che si ha dentro».


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I Minori Stranieri non Accompagnati

Una squadra di rugby per i minori non accompagnati

Masnà , questo è il nome della squadra di rugby costituita da minori non accompagnati . Il nome ricorda il termine in vercellese di bam...
E’ stato presentato, il 20 gennaio 2016, presso il Ministero dell’Interno lo studio della Fondazione Leone Moressacon il sostegno di Open Society Foundationsui sistemi europei di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati: “La buona accoglienza. Analisi comparativa dei sistemi di accoglienza per richiedenti asilo in Europa“. Nel dibattito italiano sui temi legati all’immigrazione, il fenomeno degli sbarchi è sicuramente uno dei più  dibattuti dall’opinione pubblica e dai media. Nel corso del 2015 si è aggiunto il tema dei cosiddetti “profughi”. L’Italia continua a fare i conti con una situazione di emergenza e con la mancanza di soluzioni durature in materia  di asilo e protezione internazionale. Al fine di fotografare la situazione attuale e proporre alcune buone prassi  rilevate  a  livello  europeo,  la Fondazione Leone Moressa ha condotto un’analisi comparata dei sistemi di accoglienza dei richiedenti asilo.  La ricerca mette insieme dati  quantitativi e analisi di merito sui sistemi di sei paesi chiave, ovvero i paesi con il maggior numero di richieste  d’asilo: Germania, Svezia, Italia, Francia, Ungheria e Regno Unito. Lo studio, inoltre, intende fornire una panoramica della situazione attuale dell’accoglienza, offrendo spunti di riflessione utili a livello nazionale e locale. Se uno dei problemi dell’accoglienza italiana riguarda la distribuzione sul territorio, il sistema tedesco e quello svedese prevedono la distribuzione degli immigrati su tutto il territorio nazionale. In particolare in Svezia si sta attualmente discutendo sull’obbligatorietà dell’accoglienza da parte di tutti i comuni. In Germania, invece, è stabilita la presenza di almeno un centro di accoglienza per ogni stato federato. Altre soluzioni sperimentate in Europa riguardano l’accesso al lavoro e alle informazioni di base o la riduzione dei tempi per l’esame delle richieste d’asilo.Fonte http://www.cronachediordinariorazzismo.org/la-buona-accoglienza/
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La buona accoglienza. Analisi comparativa dei sistemi di accoglienza per richiedenti asilo in Europa

E’ stato presentato, il  20 gennaio 2016 , presso il Ministero dell’Interno  lo studio della  Fondazione Leone Moressa ,  con il sostegno...
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