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L’ OIM ha pubblicato il rapporto “LA TRATTA DI ESSERI UMANI ATTRAVERSO LA ROTTA DEL MEDITERRANEO CENTRALE: DATI, STORIE E INFORMAZIONI RACCOLTE DALL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI” da cui si evince che sono sempre più giovani e sempre più vulnerabili le potenziali vittime di tratta in arrivo via mare in Italia.

Il rapporto è frutto dei dati raccolti dall’OIM presso i luoghi di sbarco e nei centri di accoglienza per migranti nelle regioni del sud Italia.

Negli ultimi tre anni il numero delle potenziali vittime di Tratta a scopo di sfruttamento sessuale è aumentato del 600 per cento, almeno per coloro che sono approdati via mare.

Un aumento che è continuato anche in questi primi sei mesi del 2017 e che coinvolge ragazze sempre più giovani - spesso minorenni - che diventano oggetto di violenza e di abusi già durante il viaggio verso l’Europa e anche all'arrivo. In particolare, il fenomeno riguarda circa l’80% delle ragazze arrivate dalla Nigeria, il cui numero è passato da 1.500 nel 2014 a oltre 11.000 nel 2016.

La stima secondo la quale l’80% delle ragazze nigeriane arrivate via mare in Italia è composto da potenziali vittime di tratta per sfruttamento sessuale è calcolata attraverso indicatori elaborati sul campo dall’OIM, proprio per identificare tempestivamente le vittime e segnalarle alle autorità competenti, in modo da avviare tempestivamente i meccanismi di protezione previsti dalla normativa italiana.

Questi indicatori si basano su informazioni raccolte durante gli incontri individuali e collettivi con i migranti e sono largamente descritti nel rapporto, accompagnati da alcune delle storie raccolte dal personale dell’Organizzazione durante le loro attività.

Questi gli indicatori più significativi:

• Genere: la maggior parte sono donne;

• Età:spesso giovani e minori, tra i 13 e i 24 anni (nel 2016 è state registrata una diminuzione dell'età delle più giovani vittime di tratta);

• Nazionalità: è importante sottolineare le peculiarità del caso delle vittime di tratta provenienti dalla Nigeria, non solo dello Stato di Edo ma da diverse parti del paese (Delta, Lagos, Ogun, Anambra

e Imo sono gli stati d'origine che, oltre allo Stato di Edo, sono i più citati dalle nigeriane incontrate dall'OIM);

• Lo stato psicofisico: quando sono in gruppo, le vittime di tratta sono spesso le più timide e silenziose, talvolta chiaramente controllate da altri migranti che rispondono per loro o si oppongono a un'intervista privata tra la potenziale vittima e il personale dell’Organizzazione.

Altri indicatori ‐ soprattutto di natura socioeconomica – emergono quando è possibile condurre più approfondite interviste individuali.


Questi i più rilevanti:

• Un basso livello di istruzione;

• La situazione familiare: appartengono a famiglie particolarmente svantaggiate; spesso sono le primogenite di famiglie numerose oppure sostengono di essere orfane;

• Le condizioni della loro migrazione: dicono di non aver pagato nulla per il viaggio perché qualcuno ha finanziato i loro spostamenti; hanno difficoltà nel raccontare le varie fasi del loro viaggio e a indicare la durata del loro soggiorno in Libia (quando una durata è molto breve vuol generalmente dire che l‘organizzazione di cui sono vittime è particolarmente efficiente nel riuscire ad accorciare i tempi del viaggio per poterle sfruttare quanto prima in Europa);

Infine, esistono anche indicatori di natura "comportamentale" che emergono durante il primo periodo di accoglienza e che possono essere rilevati dagli operatori dei centri che sono quotidianamente in contatto con le ragazze.

Le attività sul campo dimostrano come la maggior parte delle vittime di tratta non siano disposte, almeno in un primo momento, a rivelare la loro esperienza o ad accedere ai programmi di sicurezza forniti dall’Organizzazione e dagli enti locali.

Ciò è causato da numerosi ostacoli. Fra questi, ad esempio:

- la relazione tra le vittime di tratta e i trafficanti (da cui vengono manipolate);

- il controllo che l'accompagnatore (ad esempio la madame o il “boga”) ha sulle vittime;

- la convinzione che non possono violare il giuramento che hanno sigillato con un rituale

voodoo (una forma di controllo psicologico ed un rito di iniziazione con cui la vittima si impegna ad onorare un accordo);

- un senso di responsabilità nei confronti della famiglia e dei rapporti di parentela che comportano una paura di ritorsioni da parte dei trafficanti sui familiari delle vittime nel loro paese d'origine.
“La tratta è un crimine transnazionale che sconvolge la vita di migliaia di persone ed è causa di inaudite sofferenze”, sottolinea Federico Soda, direttore dell’Ufficio OIM di Coordinamento per il Mediterraneo. “Si tratta di un tema al quale dedichiamo da anni il nostro impegno con attività di protezione, prevenzione e di collaborazione con le autorità che si occupano di contrasto al crimine organizzato”.

“Il rapporto”, spiega Carlotta Santarossa, Project Manager OIM, “descrive le attività dell’Organizzazione relative al contrasto di questo fenomeno: le difficoltà nella tutela e nella protezione delle vittime e le principali vulnerabilità identificate attraverso diversi casi assistiti. Abbiamo inoltre voluto raccontare alcune storie di persone assistite dallo staff dell'OIM per far comprendere in modo più chiaro la vera natura di questa dolorosa e odiosa forma di schiavitù. Riteniamo inoltre sempre più urgente che all’analisi dei dati si affianchi una riflessione sul mercato cui sono destinate queste ragazze e sulla domanda, evidentemente in crescita, di prestazioni sessuali a pagamento.”


Il rapporto si conclude con alcune raccomandazioni e suggerimenti volti ad affrontare con rinnovata efficienza questo fenomeno in Italia.


1)l’OIM ha accolto con favore l’adozione del Piano nazionale Anti tratta che si articola secondo le priorità individuate dalla Strategia dell’UE per l’eradicazione della tratta di esseri umani (2012‐ 2016)27, fra cui le iniziative di sensibilizzazione nelle scuole; in tal senso l’OIM ritiene centrale la realizzazione di campagne informative e disensibilizzazione sul tema della tratta e dello sfruttamento lavorativo rivolte ai giovani nelle scuole e nelle Università;


2) l’OIM esprime il suo apprezzamento per l’adozione da parte del Ministero dell’Interno delle “Linee Guida per le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale per l’Identificazione ed il referral delle vittime di tratta tra i richiedenti protezione internazionale” realizzate dalla Commissione Nazionale per il diritto d’Asilo e UNHCR e la formazione degli operatori delle Commissioni territoriali su tali procedure onde garantire l’emersione del fenomeno e la protezione delle vittime nell’ambito della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale;


3) l’OIM sottolinea la necessità di rafforzare i meccanismi di protezione attraverso i progetti finanziati dal Dipartimento per le Pari opportunità aumentando in generale il numero di posti disponibili, e in particolare quelli riservati alle vittime di tratta minorenni e con altre vulnerabilità specifiche (psicologiche, sanitarie, etc.), nonché la creazione di luoghi protetti (“case di fuga”) dove trasferire e vittime individuate già al momento dello sbarco così da poterle separare dai loro trafficanti e attivare subito servizi di assistenza specifica;


4) al fine di assicurare l’accesso al sistema di protezione previsto dalla normativa vigente è necessario stabilire meccanismi di referral efficaci fra i diversi attori coinvolti nell’accoglienza dei migranti e richiedenti protezione internazionale in arrivo via mare, compresi gli operatori delle diverse strutture di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, così da garantire che le vittime di tratta identificate successivamente al loro arrivo siano accolte in strutture adeguate;


5) è necessario coinvolgere i Relatori Nazionali o i Meccanismi Nazionali Equivalenti (costituiti in una rete informale dell’Unione istituita dalle conclusioni del Consiglio sull’istituzione di una rete europea di relatori nazionali o meccanismi equivalenti sul traffico di esseri umani del 4 giugno 200929), al fine di prevedere azioni di intervento uniformi e lo scambio di informazioni al fine di assicurare che le vittime di tratta richiedenti protezione internazionale non vengano rimandate in un Paese UE, anche in applicazione del Regolamento Dublino III, in cui possono essere ancora a rischio sfruttamento;


6) al fine di garantire un aggiornamento costante di tutti i soggetti coinvolti, comprese le Forze dell’Ordine, e gli operatori dell’accoglienza, onde assicurare la corretta e tempestiva identificazione delle vittime già al momento dello sbarco e potenziare la capacità di assistenza e protezione delle vittime a livello nazionale, nell’ambito dell’attuazione del “Piano Nazionale d’Azione contro la tratta e lo sfruttamento 2016‐2018”, l’OIM desidera promuovere un programma di capacity building rivolto ai diversi attori interessati nella gestione dei flussi migratori, e a tutti i soggetti che a diverso titolo sono chiamati a rispondere al fenomeno della tratta di esseri umani e dello sfruttamento, sia in termini di assistenza diretta alla vittime, che di prevenzione e di contrasto del fenomeno;


7) Le vittime di tratta sono fra le categorie che, secondo la Direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, dovrebbero beneficiare di misure speciali di protezione. È inoltre importare ricordare che‐ laddove siano richiedenti protezione internazionale‐ le vittime di tratta sono fra le categorie definite vulnerabili dalla normativa italiana ed europea, con particolare riferimento per quanto riguarda le misure di accoglienza


Leonardo Cavaliere



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I Minori Stranieri non Accompagnati

Le potenziali vittime di tratta, sempre più giovani e sempre più vulnerabili

L’ OIM ha pubblicato il rapporto “ LA TRATTA DI ESSERI UMANI ATTRAVERSO LA ROTTA DEL MEDITERRANEO CENTRALE: DATI, STORIE E INFORMAZIONI...
Nei primi sei mesi del 2016 sono arrivati 7567 minori (su un totale di 28mila migranti) di cui circa il 92% sono arrivati da soli.
La maggior parte proviene dall' Egitto, Gambia, Guinea e Costa D’Avorio. Dai racconti emergono storie di abusi e sfruttamento lungo tutto il viaggio. soprattutto per le ragazze. Infatti, molte minorenni sole, arrivano in Italia incinte.Sulla tragedia della tratta delle ragazze sarebbe da fare un discorso approfondito e a parte.

In questa sede mi limito soltanto a riportare quanto detto da Giovanni Fortugno, responsabile immigrazione della comunità Papa Giovanni XXIII a Lettera43.it «Su 1000 migranti, 200 sono ragazzine», provengono soprattutto dalle zone interne della Nigeria, la maggior parte di loro non è mai andata a scuola. Spesso i genitori, continua l'operatore, «sono collusi e ricattati». Le bambine non partono sole ma accompagnate da parenti o conoscenti, già in contatto con le madame in Italia e in Europa. Sono praticamente scortate dai carcerieri. «Hanno dai 14 ai 17 anni. Per ogni ragazzina c'è una donna adulta e una o più figure maschili», racconta Fortugno, «è difficile riconoscerle, visto che si spacciano per parenti e non hanno con sé i documenti».
Per questo i volontari quando individuano le situazioni a rischio, separano le bambine dai presunti trafficanti. «Solo una volta in disparte cominciano a parlare, a raccontarsi». Le violenze, gli stupri subiti, la paura di ritorsioni sono all'ordine del giorno. «Sono minacciate con i familiari dai riti voodoo», ha confermato Fortugno. Per questo nonostante l'orrore vissuto fuggono dalle zone di protezione. «Nemmeno la promessa dei documenti è più un deterrente efficace per una minorenne». Basta fare un giro per le città italiane, nei luoghi abituali di prostituzione e ci si renderà conto che le ragazze nigeriane sono sempre di più. Arrivano dopo essere fuggite dai centri di "accoglienza".
«Sono piccole, evidentemente minorenni», attacca Fortugno. «Se stanno sulla strada, è perché qualcuno le cerca».

"Mentre gli occhi si sono concentrati sulla Grecia e nei Balcani, nel Mediterraneo centrale si vive una tragedia silenziosa", ha detto Sarah Crowe, una portavoce dell'UNICEF, che all'inizio di questo mese ha pubblicato un rapporto dal titolo Danger Every Step of theWay in cui si denunciano i rischi di abuso, sfruttamento e morte che i minori non accompagnati devono affrontare mentre viaggiano tra il Nord Africa e l'Italia.
Le ragioni dietro l'aumento non sono ancora chiare.
Simona Moscarelli, esperta legale dell'OIM in Italia, ha osservato che un picco di arrivi dall'Egitto quest'anno è in gran parte costituito da minori.
L'instabilità economica e politica in Egitto, così come la pressione della famiglia sui minori per dare una mano finanziariamente può essere tra i fattori di spinta. Per capire l'aumento di minori provenienti dall'Africa occidentale bisogno partire dalla comprensione di quanto sta accadendo in quei territori, dove una forte instabilità ed una mancanza di prospettive sono un fortissimo fattore di spinta.
"L'Italia sta facendo così tanto per salvare vite umane in mare, ma il problema inizia davvero quando i bambini arriva a terra ferma", ha detto Judith Sunderland di Human Rights Watch (HRW), che ha visitato gli Hotspot in Sicilia nel mese di giugno. Quando approdano sulle nostre coste e il loro viaggio sembra ormai essersi felicemente concluso, si trovano in realtà in uno stato di limbo. Nel rapporto diffuso da Human Rights Watch il 23 giugno scorso, confermato anche dalla commissione parlamentare d'inchiesta sui centri di accoglienzaha rilevato che nel centro di accoglienza di Pozzallo ci sono ragazzi (che in teoria dovrebbero restare negli Hotspot al massimo 72 ore, ma poi ci restano anche mesi) appena dodicenni costretti a vivere in una struttura sovraffollata dalla quale non gli è consentito uscire (mentre gli adulti possono muoversi liberamente).
Alcune ragazze eritree hanno anche dichiarato di essere state molestate da uomini adulti, e oltretutto non hanno alcun accesso a supporto psicologico e assistenza medica.

Il problema è organizzativo, credo volutamente, dato che basterebbe osservare cosa accade al di là delle nostre coste e prepararsi per tempo ad accogliere. Infatti, le autorità non sono ancora riuscite ad approntare un sistema per ridistribuire i minori non accompagnati in strutture collocate sul resto del territorio nazionale.
Insomma, il nostro paese sembra impreparato a occuparsi dell’alto numero di minori non accompagnati che arrivano sulle nostre coste, ma Vincenzo di Mauro, direttore di un centro per minori non accompagnati di Catania, denuncia che alla sesta estate di emergenza è ormai chiaro che qualcosa non funziona.
Per quanto gli arrivi non siano prevedibili, l’inadeguatezza della risposta è sorprendente. Nel tentativo di affrontare la situazione, il governo italiano prevede di creare circa 1.000 nuovi posti ( a mio avviso troppo pochi) di accoglienza per i minori non accompagnati con risorse provenienti asilo dell'UE, migrazione e Fondo per l'integrazione.

Vorrei concludere con la Storia di Maria, nome di fantasia, che ha appena 16 anni ed è scappata dal suo Paese, la Nigeria, in cerca di un futuro migliore. Prima di arrivare in Italia, ammassata e impaurita a bordo di un barcone, ha subito “brutalità” ed è “stata tenuta per giorni in una prigione sotterranea”. Le sue lacrime, mentre chiede allo Stato che la sta ospitando “di aiutarla a costruire un’opportunità per il futuro e un’educazione” sono l’immagine che più ha colpito il vice direttore generale dell’Unicef internazionale Justin Forsyth, in visita in Sicilia e a Lampedusa: “A questi bambini non serve solo un letto e un pezzo di pane, ma un futuro e un’educazione”. 


Minori Non Accompagnati, ecco cosa succede una volta arrivati in Italia.

Nei primi sei mesi del 2016 sono arrivati 7567 minori (su un totale di 28mila migranti) di cui circa il 92% sono arrivati da soli. La ...
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