Preliminarmente è bene precisare che i minori stranieri non accompagnati, minori cioè che si trovano in Italia privi di genitori o altre persone responsabili della loro assistenza e rappresentanza, anche se entratati clandestinamente in Italia, sono inespellibili in quanto titolari di tutti i diritti garantiti dalla convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo che afferma che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve esser tenuto conto del superiore interesse del minore.
Il Testo Unico sull'immigrazione, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, disciplina l'ingresso, la permanenza, il respingimento e l'espulsione degli stranieri in Italia, tra i quali gli stranieri minorenni, applicando la normativa a tutti quei cittadini non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi.
La disquisizione sul tema deve, preliminarmente, prendere le mosse dalla distinzione, rilevante sul fronte normativo, tra gli stranieri qualificati come comunitari e gli stranieri extracomunitari che, non appartenendo ad alcuno Stato membro della Unione europea, godono e/o soffrono di una posizione giuridica diversa dai primi.
Infatti, nell'ordinamento giuridico italiano, gli stranieri comunitari sono titolari di una cittadinanza europea, sancita dal trattato di Maastricht, la quale, basandosi sull'appartenenza ad uno degli Stati membri dell'Unione, permette un'equiparazione quasi totale ai cittadini italiani.
Ciò, quindi, rende il T.U. sull'immigrazione effettivamente applicabile ai soli stranieri extracomunitari, offrendo una particolare rilevanza giuridica alla figura del minorenne straniero clandestino oppure irregolare, il quale, a sua volta, può ritrovarsi accompagnato o non accompagnato da almeno uno dei genitori, o in alternativa da un parente entro il quarto grado, clandestinamente oppure irregolarmente soggiornante.
La convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, come già detto entrando nel merito di siffatta distinzione, riconosce in ogni caso a tutti i minori quei diritti che tutelano il superiore interesse degli stessi.
V'è da precisare all'uopo che l'irregolarità si riferisce ad una condizione giuridica sopravvenuta, quale ad esempio la perdita del permesso di soggiorno, mentre la clandestinità è da attribuire a quegli immigrati che sono entrati illegalmente in Italia.
A differenza del minore straniero accompagnato il quale segue, in via generale, le sorti del proprio nucleo familiare[1], il minore non accompagnato, invece, si trova al centro di una progressiva attenzione in considerazione della normativa, della giurisprudenza e degli istituti di diritto previsti e finalizzati all’accoglienza, all’assistenza, ai servizi offerti, alla tutela e ai diritti riconosciutogli dall'ordinamento giuridico italiano.
Il punto di partenza, quindi, della normativa italiana e comunitaria è quello di perseguire il bene del minore, prioritario rispetto a qualsiasi altra problematica.
Un ruolo fondamentale, in questo contesto, è svolto dal Comitato per i minori stranieri, istituito dalla legge n. 40/98 e successive modifiche, al quale viene riconosciuto il compito di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate.
Va comunque evidenziato come il minore straniero non accompagnato giunto alla frontiera italiana deve essere respinto e rimpatriato senza alcun tipo di tutela, ma nel caso in cui, con diverse modalità, dovesse riuscire ad entrare all’interno dei confini dello Stato conquista un vero e proprio diritto soggettivo per effetto del quale, esercitandolo, potrà godere di una serie di strumenti mirati alla sua tutela.
Attualissima e pertinente è una pronuncia del Tribunale di Pescara riguardo il rifiuto del tesseramento ad una società di calcio di un minore straniero non accompagnato, affidato a due coniugi italiani, che ha riconosciuto quella parte del regolamento Fifa sproporzionata rispetto agli obiettivi che la norma stessa si prefigge e, di conseguenza, comprime il libero esercizio di un diritto[2].
Tra i diritti più importanti previsti dalla Convenzione di New York ricordiamo il diritto alla protezione, alla salute, all’istruzione, all’unità familiare, alla tutela dallo sfruttamento.
Con la ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 1989, per mezzo della legge 27 maggio 1991, n. 176, la predisposizione italiana riferita all’approccio con il minore straniero non accompagnato trova il punto di partenza delle misure da adottare ed attuare nei suoi confronti basandosi sul superiore interesse del minore assistendolo attraverso l’affidamento, l’adozione o il collocamento in istituti di assistenza sociale.
Altra cosa è invece la procedura prevista per il rimpatrio dei minori stranieri non accompagnati.
Se da un lato, infatti, non è prevista l’espulsione per questi minori, dall’altro il Comitato per i minori stranieri può disporla in via assistita e giustificarla sancendone il superiore interesse del minore, qualora la permanenza nello Stato italiano comporti gravi rischi per quest’ultimo.
Vi sono casi, poi, in cui i minori accompagnati o non accompagnati, una volta entrati in Italia, formulino domanda al fine di richiedere e ottenere asilo politico, questo avviene quando si ravveda per il minore il timore di subire nel paese di appartenenza persecuzioni per motivi di religione, razza, nazionalità, per opinioni politiche oppure per l’appartenenza ad un determinato gruppo sociale.
Quei minori che presentano domanda d’asilo politico non saranno, quindi, oggetto del procedimento riguardante un rimpatrio eventuale da parte del Comitato per i minori stranieri, ma l’istanza permetterà, invece, la presa in carico del minore da parte delle istituzioni, evitando così il trattenimento nei centri di permanenza temporanea, e, comunque, anche nel caso di rigetto della domanda stessa, l’espulsione non sarà prevista valutando in ogni caso l’opportuna permanenza nello Stato italiano del minore istante in virtù del più volte menzionato principio del superiore interesse.
Un ulteriore passo normativo in avanti è avvenuto in questi ultimi anni a causa del flusso intenso di emigrati clandestini con il mezzo di trasporto conosciuto come “carrette” del mare, provenienti in gran parte dalle coste libiche per l’effetto dell’ultima e tumultuosa era politica di Gheddafi.
Ecco il motivo per il quale lo Stato italiano, in particolar modo, ha definito le procedure di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che giungono dal nord Africa nel territorio italiano, le quali sono state approvate dal Comitato di coordinamento di cui all’art. 1 comma 2 dell’OPCM n 3933/2011.
Senza dubbio quest’ultimo intervento normativo è servito non solo ad integrare e disciplinare sempre più nel dettaglio la procedura di accoglienza, degli stranieri in generale dei minori in particolare, ma agisce anche come linea guida per far fronte ai costanti, per non dire quotidiani, sbarchi di stranieri sulle coste delle regioni meridionali del nostro Paese.
Tali procedure dettano che il minore straniero non accompagnato che giunga sul territorio italiano a seguito di sbarco connesso con l’emergenza umanitaria deve, innanzitutto, essere identificato dalle Autorità di pubblica sicurezza che procedono, dopo l’accertamento sull’età, a segnalare la presenza al Comitato per i minori stranieri presso il Ministero del lavoro e politiche sociali, al Soggetto attuatore e alla Procura della Repubblica presso il tribunale dei minori.
I minori, successivamente, vengono inviati dall’autorità di pubblica sicurezza nelle strutture “ponte” nell’ambito del distretto in cui sono giunti o altrimenti in assenza di posti richiedono al Comitato per i minori stranieri, per il tramite del Soggetto attuatore, ove ricoverare il minore dando tempestiva comunicazione al Procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minori.
Bisogna distinguere le strutture “ponte”, che sono quelle strutture di prima accoglienza in cui i minori attendono di sapere dove essere destinati, dalle strutture definitive ovvero quelle in cui i minori rimarranno fino alla maggiore età e all’interno delle quali avviene quel processo formativo sociale e culturale nell’età dello sviluppo previsto e tutelato dal diritto.
Le strutture ponte, quindi, hanno la sola finalità di ricoverare nell’immediatezza in un luogo sicuro il minore assicurandogli la tutela alla salute, e successivamente, per l’effetto del superiore interesse del minore, hanno il compito di definire in quale struttura possano trasferirlo con l’onere di darne comunicazione ai servizi sociali del posto che lo prenderanno in carico.
Un ruolo senza dubbio nevralgico nel rispetto del dettato procedurale è svolto dai sindaci, o loro delegati, delle città in cui vi sia la struttura ponte, che ricordiamo accoglie preliminarmente il minore straniero non accompagnato, i quali hanno il dovere di richiedere il perfezionamento della identificazione e della minore età, unitamente all’accertamento dello status di non accompagnato, alle autorità di pubblica sicurezza; acquisisce, inoltre, notizie sulla eventuale presenza di parenti nello stato italiano, garantisce la visita e le cure mediche e, infine, lo informa della possibilità di richiedere la protezione internazionale.
Il Sindaco, concluse le procedure, comunica al Comitato dei minori stranieri tutte le notizie relative alla posizione giuridica in cui si trova in quel preciso momento il minore, affinché questo sia trasferito nella struttura in cui si uniformerà alle regole di condotta previste dall’ordinamento giuridico italiano fino al compimento della maggiore età e una volta raggiunta, se ricorrono le condizioni previste dall’art. 32 del testo unico sull’immigrazione, ottenere il rilascio del permesso di soggiorno.
La legge 2 agosto 2011, n. 129 ha però modificato l’art. 32 del testo unico sull’immigrazione intervenendo con l’apporto di alcune novità in materia di minori non accompagnati prossimi a compiere la maggiore età prevedendo che il permesso di soggiorno potrà essere rinnovato al compimento della maggiore età se vi sarà un parere positivo del Comitato per i minori stranieri.
Parere questo non previsto in precedenza e che oggi, anche se può far rendere un po’ più complicato l’iter procedurale del rinnovo[3], è incisivo nelle situazioni giuridiche operando un controllo sullo stato effettivo delle persone, dei fatti e dei luoghi.
Nonostante vi sia stato un progressivo impegno normativo da parte del Legislatore, molte ancora sono le criticità che non permettono la piena realizzazione del diritto riconosciuto al minore straniero non accompagnato.
Le ripetute inefficienze delle strutture su descritte, forse anche a causa di una scarsa conoscenza della normativa, ed alcuni aspetti poco chiari tra le varie fasi della intera procedura di accoglienza, rendono ancora spinosa la tematica qui trattata tanto da far auspicare un definitivo intervento legislativo affrontando e disciplinando l’effettivo statusgiuridico del minore straniero non accompagnato portatore consapevole del suo interesse superiore.
Questi punti deboli oggi descritti hanno trovato proprio pochi giorni addietro, il 05 di giugno, conferma in una dichiarazione del Ministro del Welfare Elsa Fornero, la quale ha manifestato a nome del Governo la consapevolezza di carenze legislative sul tema del diritto all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e che per tali motivi in collaborazione con il Ministro dell’Interno ed il Ministro della Giustizia ci sarà un intervento finalizzato alla predisposizione di un sistema nazionale di accoglienza.
Un intervento, quello del Governo, teso a garantire il godimento dei diritti fondamentali agendo in stretta collaborazione con il mondo dell’associazionismo ed in particolare con il mondo accademico attraverso i centri di ricerca che avranno il compito di fornire un quadro preciso e scientifico sulle conseguenze della crisi economica sui minori.
Una nuova frontiera normativa che si auspica esserci e finalizzata, quindi, non solo ad una integrazione dell’intera disciplina della problematica sottesa, ma anche alla armonizzazione delle singole leggi nazionali e comunitarie che hanno considerato, probabilmente, fino ad oggi il minore straniero non accompagnato portatore di un superiore interesse di passaggio destinato ad essere risolto con il tempo grazie alla cessazione del fenomeno immigratorio.
Oggi la dinamica sociale, però, rende sempre più evidente ed in netta evoluzione tal fenomeno, il che dovrebbe far orientare il nostro Legislatore ad assumere una posizione decisiva che svisceri l’attuale orientamento giuridico catapultandolo da un regime emergenziale ad un regime ordinario.
(Altalex, 29 agosto 2012. Articolo di Michele Filippelli)
Principali riferimenti normativi:
- Costituzione italiana art. 10;
- Legge 184/2003;
- Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989;
- Legge 27 marzo 1991 n. 176;
- Testo Unico sull’Immigrazione D. Lgs. 25 luglio 1998 n. 286;
- Direttiva 2001/55/CE;
- Legge 189/2002 c.d. Bossi – Fini;
- Direttiva 2004/83/CE;
- Ordinanza Presidenza del Consiglio dei Ministri 3933/2011;
- Legge 2 agosto 2011, n. 129;
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[1] La ratio di tale presupposto affonda le radici da un lato sul principio della piena protezione del superiore interesse del minore e dall’altro sull’esigenza di non arrecare traumi psicofisici al minore attraverso un distacco improvviso di quest’ultimo dal nucleo familiare durante la sua piena fase di formazione fisica, mentale e culturale, caso questo previsto eccezionalmente nelle circostanze in cui le condizioni di vita del nucleo familiare non garantiscano, non sviluppino o addirittura pregiudichino i diritti del minore.
[2]Rif. Centro d’informazione su razzismo e discriminazioni in Italia (C.I.R.D.I.), con un‘ordinanza depositata il 14 giugno scorso, il Tribunale di Pescara ha dichiarato cessata la materia del contendere in relazione ad un ricorso/azione giudiziaria anti-discriminazione inoltrato da due coniugi, affidatari di un minore senegalese giunto in Italia non accompagnato, i quali ne avevano chiesto il tesseramento ad una società calcistica per l’esercizio dell’attività sportiva. Tale tesseramento era stato inizialmente rifiutato dalla F.I.G.C. (Federazione Italiana Gioco Calcio) sulla base degli artt. 19 e 19 bis del Regolamento FIFA sullo status e trasferimento dei giocatori. Tali norme del Regolamento FIFA risponderebbero alla finalità di contrastare il fenomeno del trafficking internazionale di calciatori di minore età, in quanto succede talvolta che tali minori, una volta compiuta la maggiore età, qualora non riescano ad inserirsi nella carriera calcistica professionistica, vengono abbandonati dalle società e dunque si trovano privi di possibilità alternative di inserimento sociale per la mancanza di una formazione scolastica o professionale parallela a quella calcistica. Gli affidatari del minore senegalese avevano dunque promosso un’azione giudiziaria anti-discriminazione avverso il diniego opposto dalla FIGC, sostenendo che l’interdizione alla pratica sportiva del minore costituiva un comportamento discriminatorio fondato sulla nazionalità. Nelle more del procedimento giudiziario, e prima dell’ udienza fissata dal giudice del tribunale di Pescara, la FIGC rivedeva la sua decisione, revocando la decisione iniziale e acconsentendo al tesseramento del minore. Pur dichiarando cessata la materia del contendere, il giudice nell’ordinanza sottolinea che non appare legittima l’applicazione delle norme di cui agli artt. 19 e 19 bis del Regolamento FIFA nelle situazioni in cui il minore straniero extracomunitario, giunto in Italia non accompagnato dai genitori, venga successivamente affidato ex art. 5 della legge n. 183/1984, in quanto gli affidatari sono chiamati conseguentemente a svolgere per legge le funzioni dei genitori. Ne consegue, pertanto, che l’impedimento tout court all’attività sportiva, previsto dal Regolamento FIFA, con relativa compressione del libero esercizio di un diritto, appare una misura sproporzionata rispetto agli obiettivi che la norma stessa si prefigge.
[3] Si pensi, ad esempio, al caso di un rinnovo del permesso di soggiorno per minori affidati i quali sono considerati minori accompagnati equiparati a quei minori che risiedono in Italia con i genitori e che quindi non si ponevano il problema di ottenere un parere positivo del Comitato per i minori stranieri.