Stranieri, soli, bambini: una tragedia sconosciuta


Prima di essere invisibili sono bambini, ma in quanto tali non godono di diritti, non tutti quelli che gli spettano. Eppure vivono accanto a noi, solcano le nostre strade e cercano, come tutti, di migliorare la propria vita.
Li chiamano «minori stranieri non accompagnati» e proprio il fatto di essere approdati in modi spesso rocamboleschi in Occidente li rende pari a dei fantasmi. Per di più, in fuga. Parlare in termini di cifre è fuorviante, perché ancora adesso, nonostante i molti documenti, non esiste un’uniformità di identificazione giuridica e statistica nei Paesi comunitari.
Ovvero, in Europa non ci si comporta allo stesso modo quando un minore straniero senza genitori viene identificato. Cambiano le disposizioni e così anche i numeri. Però in questa invisibilità si sa che nel 2011 sono stati 12.225 i minori non accompagnati ad aver fatto richiesta di asilo nei Paesi europei.
La relazione intermedia presentata lo scorso 28 settembre dalla Commissione europea ha permesso di fare il punto della situazione, a metà strada dall’attuazione del piano quadriennale per la tutela dei minori non accompagnati. La stessa commissaria Cecilia Malmström ha evidenziato che il dialogo con le nazioni d’origine e di transito va potenziato, grazie allo scambio di buone pratiche e di informazioni sulle famiglie dei minori, mentre gli Stati membri dovranno migliorare la raccolta e lo scambio dei dati e utilizzare al meglio i fondi messi a disposizione dalla Commissione Ue per i progetti specifici. A fine 2012, inoltre, si attende una revisione delle regole per il diritto di asilo, che preveda standard più elevati a tutela dei minori non accompagnati.
Mentre si muove la politica, sul territorio le storie drammatiche continuano e spesso non rimbalzano nemmeno sui giornali. Come accade per i ragazzini stranieri senza documenti ai mercati generali di Roma, braccia sfruttate a nemmeno 2 euro l’ora. «Siamo tutti d’accordo nel dire che il minore va posto al centro di ogni intervento, ma sappiamo che non è facile far valere i suoi diritti e che i limiti operativi sono tanti», ha affermato Stefania Congia, dirigente per le politiche di integrazione e tutela dei minori al ministero del Lavoro e politiche sociali, all’interno del Forum internazionale sui minori stranieri non accompagnati, tenutosi a Verona e organizzato dall’European federation for street children insieme all’Istituto Don Calabria. «Fino all’anno scorso la normativa italiana per i permessi di soggiorno prevedeva l’obbligo di 3 anni di permanenza in Italia e 2 anni di un percorso di integrazione, affinché si potesse avere regolare permesso di soggiorno ai 18 anni di età. Quindi, a 16 anni si poteva restare senza problemi, ma due anni dopo si era irregolari. L’estate scorsa, invece, l’articolo 32 è stato modificato e ora basta avere il parere favorevole dalla direzione per le politiche di tutela minori per avere la conversione del permesso di soggiorno. Ciò ha permesso nei primi 9 mesi di produrre più di 800 pareri di altrettanti minori stranieri non accompagnati, che vengono seguiti anche nel loro percorso di inserimento».
Operai, camerieri, meccanici, collaboratori domestici, commessi, braccianti, falegnami, cuochi, ma anche studenti universitari: sono alcuni dei percorsi intrapresi da questi ragazzi in cerca di integrazione e resi possibili dalla riforma dell’articolo 32. Ma senza risorse, dato che il fondo per le politiche sociali è a zero per il 2012 e forse riceverà finanziamenti solo per le spese ordinarie, non resta che utilizzare le risorse europee. «Procedere per bandi, non ha mai permesso di creare un sistema», ha concluso Congia, «però resta da valutare anche la sostenibilità degli interventi, specie in tempi di crisi, cercando di gestire con equità i fondi ed evitare, come invece è accaduto durante l’emergenza Nord Africa, di spendere 2.400 euro al mese per ogni minore, quando una famiglia media italiana ha un reddito medio più basso. Il rischio è di favorire forme di discriminazione al contrario».
Dei 5.613 presenti in Italia al 30 settembre scorso, la maggior parte ha 17 anni, ma crescono quelli di 16 e 15 anni, mentre il 6,5 per cento sono femmine, accolti soprattutto in Lazio, Sicilia, Lombardia, Puglia, Emilia Romagna. L’emergenza Nord Africa ha portato 4.155 minori non accompagnati sulle nostre coste, di cui solo 460 hanno richiesto protezione internazionale e 1.384 sono fuggiti dalle comunità, per proseguire verso il Nord Europa, la Francia e la Germania. Resta il problema che in molti si dichiarano minorenni per non essere espulsi e nelle strutture protette non è raro che ci siano anche dei trentenni insieme ai minori, con evidenti problemi di protezione dei più piccoli da eventuali violenze e soprusi.
«Anni fa, quando dirigevo l’istituto penale minorile Ferranti-Aporti, gli stessi ragazzi protagonisti dei primi flussi migratori in Italia si stupivano di quanto un carcere potesse tutelarli meglio rispetto ai centri d’accoglienza, dove la promiscuità tra minori e adulti è ordinaria», ha affermato Serenella Pesarin, direttore generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari, del ministero della Giustizia. «Identificare l’età non è cosa facile: seguiamo ancora un campione vecchio di 50 anni, basato su tipologie fisiche europee, che non tiene conto di quanto la scarsa alimentazione influisca sul ridotto sviluppo dei ragazzi. Molti maggiorenni sembrano in effetti più piccoli. Per questo stiamo portando avanti un nuovo protocollo, secondo il quale l’accertamento non si basa solo sulle radiografie e l’analisi del calcio osseo, ma prevede un esame che coinvolge pediatri, mediatori culturali, psicologi, per capire la storia del minore. Questo protocollo, però, non è applicato in modo uniforme in tutte le regioni, perché non è stato ugualmente ratificato e ciò complica la questione dell’identificazione. Con l’esito che alcuni restano nelle strutture insieme agli adulti, mentre altri in attesa di un’identità fuggono dalle strutture e restano invisibili».
La tutela, quindi, è una priorità per il minore, ma non è semplice da garantire. E se si è stranieri la questione si complica non poco, perché non solo si resta in una nebbia giuridica, ma si è più facilmente prede di sfruttamento e soprusi. «Tra i minori stranieri non accompagnati la tratta è un problema elevato: solo nel 2011 sono stati rilasciati 1.078 permessi di soggiorno a vittime di tratta e sono state assistite 863 vittime, di cui più del 6 per cento hanno meno di 18 anni», afferma Aurea Dissegna, Pubblico tutore dei minori della Regione Veneto. «Il fenomeno dei minori stranieri in transito o che mirano a stabilirsi in Italia ci ha stravolti con gli arrivi in massa dall’Albania, ma oggi non solo i flussi si sono diversificati per provenienza ed entità, si è abbassata anche l’età e dietro ci sono spesso le organizzazioni criminali. Un fenomeno nuovo è la tratta per inserire i ragazzini nel mondo del calcio: di fronte a questa promessa, le famiglie vengono convinte a vendere quel poco che hanno e a mandare i figli in Europa. Nella maggior parte dei casi non c’è seguito a questo sogno e i minori vengono abbandonati, alcuni invece, pochissimi, ce la fanno e questo alimenta ancora di più l’illusione di tanti altri aspiranti. Per strada il rischio è di finire nel racket della prostituzione, dello spaccio o del lavoro nero. Ma c’è anche l’adescamento on line, perché sebbene questi ragazzi non abbiano un’istruzione avanzata, hanno dimestichezza con internet»
Agire con tempestività e nominare un tutore legale volontario è una delle procedure possibili, perlomeno in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche e Lazio, in cui esiste questa figura. «Si tratta di volontari della società civile, adeguatamente formati, che si prendono l’onere di rappresentare legalmente il minore e di seguirlo nel suo percorso di inserimento», conclude Dissegna. «Non solo lo Stato e gli enti locali devono intervenire, ma anche la società civile può fare molto, anche per costruire una società più integrante e attenta, che ascolti i più piccoli. È un problema di responsabilità che ci coinvolgerà sempre di più».
Di responsabilità ha parlato anche Cesare Moreno, dell’onlus napoletana Maestri di strada. «Non basta tutelare il singolo, ma agire per costruirgli intorno una comunità. Chi viene da un altro Paese è privo di tutto, per questo dobbiamo impegnarci da cittadini responsabili. Non basta aggiungere un posto a tavola, ma saper cambiare per l’altro. Noi italiani sappiamo come si fa, come dimostra il paese di Riace, che è stato ripensato e rivitalizzato in funzione degli immigrati, e la nostra stessa storia. Se continuiamo a ragionare tra noi come agenzie che offrono aiuto, non penso che se ne esca. Ci dobbiamo invece porre come coloro che educano a vincere i copioni già scritti, fatti di sconfitti e bisognosi per tutta la vita. La vicenda di questi ragazzini deve diventare lo scopo di un patto sociale. Solo così tutti questi sforzi potranno funzionare».
ilnostrotempo.it
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

 

Minori Stranieri Non Accompagnati © 2015 - Designed by Templateism.com, Plugins By MyBloggerLab.com