È primavera inoltrata, poco meno di un anno fa, quando riceviamo la prima telefonata. A contattarci è un’operatrice sociale. Sta lavorando in un centro per minori non accompagnati, ci spiega. Aggiunge che i ragazzi ospiti del centro sono tutti stranieri e che non si tratta di una casa famiglia per pochi ospiti, come prevedono le disposizioni in materia di tutela dei minori. È un centro grande, di recente apertura, in estrema periferia. La struttura è piccola e fatiscente, il personale carente. I ragazzi sono parcheggiati lì dalla mattina alla sera: nessuna assistenza legale e psicologica, nessun percorso formativo, attese lunghissime e dagli esiti incerti per concludere l’iter di regolarizzazione (tutela e permesso di soggiorno). L’operatrice ci chiede d’inserire un gruppo di ragazzi nei nostri corsi d’italiano. Creiamo un modulo ad hoc. I ragazzi aumentano di settimana in settimana, sono in maggioranza africani, arrivati durante la cosiddetta “emergenza Nordafrica”. Ci attiviamo per avviare un percorso a tutto tondo, che li metta in condizione di costruirsi un futuro. Non facciamo in tempo. Con l’arrivo dell’estate, i nostri studenti si volatilizzano. Di starsene parcheggiati non ne volevano sapere. I centri percepiscono dai 50 agli 80 euro al giorno per “accoglierli”, ma solo per ottenere la tessera dell’autobus i ragazzi hanno dovuto fare uno sciopero della fame. Idem per avere dei pasti accettabili. E così, appena parte la stagione della raccolta agricola, i nostri studenti finiscono tutti al sud. Nuove prede per il caporalato.
Ma l’afflusso dei giovani alla nostra piccola scuola non si ferma. Con l’inizio dell’autunno la domanda s’impenna. Ci contattano altri operatori: stesso scenario, stessa richiesta. Altri ragazzi arrivano per passaparola, altri ancora li intercettiamo in strada, a Tor Pignattara. Vogliono venire a scuola, anche loro ospiti di un centro per minori. Un altro centro ancora, sempre in estrema periferia. Cambiano però le nazionalità di questi giovani: adesso sono quasi tutti bengalesi.
Cominciamo ad avere un quadro più preciso. Contattiamo altre associazioni, avvocati, operatori, componiamo una prima mappatura. A quanto pare, a Roma e solo a Roma, contestualmente all’emergenza Nordafrica il Comune ha aperto una quindicina circa di nuovi megacentri per minori non accompagnati. Dove con “minori” si sottintende “stranieri”. I ragazzi italiani continuano ad essere ospitati in case famiglia. Gli stranieri, finiscono nei megacentri. Impossibile sapere esattamente quante e quali sono queste nuove strutture, ma secondo le nostre stime dovrebbero essere circa duemila i giovani stipati al loro interno. Buona parte dei centri sono legati ai canali di finanziamento dell’emergenza Nordafrica, che finisce formalmente a fine febbraio 2013. E il rischio che si smantelli tutto ci sembra elevato. Cominciamo a organizzarci: assemblee con tutti i ragazzi, colloqui individuali. Per non lasciarli soli e fare fronte insieme a ogni evenienza.
Ma ancora una volta, la realtà supera le peggiori previsioni. L’allarme scatta a inizio marzo. I nostri studenti sono nervosi e preoccupati. La storia che ci raccontano sembra assurda, ma cerchiamo comunque d’informarci. E scopriamo che la loro angoscia è più che fondata. La macchina messa in moto dal Comune di Roma è metodica e implacabile: il venerdì un fax del Comune trasmette alla struttura di accoglienza un elenco di 5 o 10 ragazzi, convocati in dipartimento per il lunedì successivo. Qui ai ragazzi viene offerta la possibilità di dichiararsi maggiorenni, lasciare immediatamente il centro e beccarsi un espulsione. In caso di rifiuto, il giorno seguente vengono sottoposti ad una seconda visita medica di accertamento dell’età presso l’Ospedale militare del Celio, e lì dichiarati maggiorenni. Allontanati immediatamente dal centro con in tasca un provvedimento di espulsione e una pesante denuncia penale per esibizione di documenti falsi, falso ideologico e truffa ai danni dello Stato. Reati molto gravi: un’eventuale condanna significherebbe non avere mai più alcuna possibilità di vita regolare in Europa.
Presi di mira sono, in questa prima fase, i “centri ordinari”: quelli finanziati direttamente dal Comune e non quelli aperti con l’emergenza Nordafrica – finanziati invece dal Ministero che, alla chiusura del pacchetto “emergenziale”, ha stanziato altri fondi per le strutture che accolgono categorie “vulnerabili” quali i minori stranieri non accompagnati.
Tutto giustificato, a quanto pare, da un’indagine avviata dalla Procura di Roma – con il pieno avvallo del Tribunale dei Minori e in accordo con il Comune – sui cosiddetti “finti minori”. Sembra s’indaghi su un nuovo e redditizio business, in un paese che non prevede nella sostanza alcuna effettiva via di regolarizzazione e continua ad alimentare l’ipocrisia della “lotta all’immigrazione clandestina”. Ovvero: come soddifare le pulsioni xenofobe e garantirsi al contempo uno sterminato bacino di manodopera priva di qualsivoglia diritto. E sarà esattamente questo l’effetto dell’operazione in corso.
Quello che lascia esterrefatti è che s’indaghi colpendo in primis e così duramente l’ultimo anello della catena, il più debole, chi dei traffici è innanzitutto vittima. Non ci risulta che dai ragazzi si cerchi di avere informazioni sull’ipotizzata truffa: una volta espulsi e denunciati, vengono semplicemente buttati in strada da agenti di polizia che non mancano di insultarli e terrorizzarli.
Intanto i circa 2000 ragazzi ospiti dei centri sono in preda al panico. È facile immaginare che, nel giro di qualche settimana, saranno tanti quelli che si allontaneranno, spaventati, dai centri per riversarsi per le strade della stessa città che ha speculato sulla loro “accoglienza”. E che adesso speculerà sulla loro condizione di irregolarità: lavoro al nero, posto letto al nero, vita al nero. Per la gioia di chi della tua clandestinità farà la sua fortuna.
Quando tutto questo sarà finito, quanti minori non accompagnati avranno ancora il coraggio di emergere? Quante giovani e giovanissime vittime di traffico o truffe saranno disposte a denunciare chi si è approfittato di loro? Sicuramente pochissimi. Gli altri troveranno nuovi faccendieri, pronti a vendergli a caro prezzo la speranza di un futuro migliore.
Con grande lucidità un ragazzo ci ha chiesto: perché giocano con le nostre vite?
Associazione di promozione sociale Yo Migro – Orgoglio Meticcio Tra le attività settimanali di YoMigro presso il centro sociale Strike, la scuola di italiano per stranieri, lo sportello di consulenza amministrativa e legale e il centro di orientamento sanitario “Ambulanti”.
Si ringraziano Esc Infomigrante e Amisnet.org per il prezioso sostegno nella raccolta delle testimonianze.
fonte:meltingpot