Namir non ha creduto alla legge, troppe lentezze, strettoie, ed in Norvegia ci è arrivato a modo suo, scappando dalla casa di accoglienza in Emilia Romagna e, come si ipotizza, facendo affidamento ai trafficanti. Non aveva più voglia e tempo di aspettare.
Qualcuno dall’Afghanistan, paese da dove era partito e in cui viveva sua madre, deve averlo spinto ad affrettare i tempi, a dire addio al percorso di ricongiungimento familiareregolarmente iniziato. Evitare che altri Namir possano intraprendere strade pericolose, quelle battute dai trafficanti, che potrebbero ricacciarli nel vortice dello sfruttamento, è uno degli obiettivi del progetto Pruma. Sigla che sta per promozione del ricongiungimento familiare per i minori non accompagnati richiedenti asilo. Il progetto, finanziato dal fondo europeo rifugiati, è stato avviato a gennaio dall’Oim (organizzazione internazionale per le migrazioni) Roma in collaborazione con gli uffici oim di Parigi, Berlino, Atene, Malta e Londra. Una fitta rete di operatori che vuole far sapere ai minori non accompagnati che esiste una via regolare e che hanno il diritto di essere protetti.
Negli ultimi anni vi è stato un aumento costante del numero di minori non accompagnati provenienti da paesi terzi verso l’Unione Europea. Nel 2011, sono state registrate 12.225 domande di asilo nei ventisette Paesi comunitari. La fascia di età che interessa questa migrazione forzata – legata a forti cause di instabilità, come la guerra – rispetto a quella economica, è più variegata. “Non ci sono solo adolescenti, ma diversi bambini, alcuni anche di cinque o sei anni” afferma Elena Bartoloni dell’Oim. Molti di questi minori necessitano di protezione internazionale, e provengono da paesi come Afghanistan, Siria, Iraq, Eritrea e Somalia con l’obiettivo di raggiungere i loro parenti in un paese dell’Unione.
Per Namir e gli altri minori stranieri non accompagnati il viaggio dura circa un anno e sentirsi parcheggiati in case di accoglienza, senza capire come e quando potranno ritrovare la madre o il fratello, può sembrare una perdita di tempo. A ronzare nella testa anche questi dubbi: “mi fido e aspetto o vado da solo” oppure “riuscirò ad avere uno status regolare”. “Alcuni arrivano soli in Italia perché la madre li ha dovuti affidare ad un trafficante, pagando” ci racconta Bartoloni “altri vengono separati dagli stessi trafficanti, “come è accaduto diverse volte sulle montagne del Kurdistan, dove i mercenari di vite non stanno a guardare le parentele, e li caricano su camion diversi”. Separati come è accaduto a due minorenni afghani. Partiti insieme, il quattordicenne è arrivato in Belgio, mentre l’undicenne in Italia. La loro storia, rispetto a quella di Namir sta per avere un lieto fine. Il minore preso in carico dai servizi italiani sta per raggiungere il fratello, che vive in una struttura di accoglienza.
Quella che abbiamo definito legge e di cui Namir non si è fidato si chiama regolamento Dublino. Esso prevede che i minori non accompagnati richiedenti asilo possano far domanda di ricongiungimento familiare con i parenti entro il quarto grado che si trovino in maniera regolare in altri stati dell’Unione. Il regolamento prevede che dal giorno in cui il minore abbia fatto domanda di ricongiungimento passino non più di cinque mesi. In questo tempo ci sono numerose procedure e scambi tra le unità Dublino competenti. Per il caso di Namir avevano lavorato sia l’unità Dublino italiana che quella norvegese. Una volta che quella stessa dove risiede il famigliare regolare ha verificato che esiste il grado di parentela e che esso è in grado di prendersene cura, si avvicina il momento di riabbracciarsi. “I tempi non possono essere velocissimi. Si deve capire se esiste la parentela” afferma Baroloni “ci sono diverse prove da cercare e metodi da usare. Estrema ratio è l’esame del DNA: una procedura che solitamente l’Oim utilizza, su base unicamente volontaria e in maniera non invasiva (si raccolgono dei tamponi di saliva), solo per coloro che non hanno altri modi di provare la relazione di parentela con i propri familiari o per i casi in cui la documentazione prodotta risulti incompleta o inaffidabile “.
Il progetto Pruma intende creare procedure comuni volte a migliorare la cooperazione fra le unità Dublino nazionali e le altre autorità competenti. Contribuire a chiarire e ad accelerare le diverse tappe del processo di ricongiungimento: dall’identificazione del minore fino al suo trasferimento presso lo stato membro in cui risiedono i suoi parenti, tenendo sempre presente il superiore interesse del minore e le garanzie giuridiche che lo determinano. Previsto il coinvolgimento di due strutture di accoglienza per minori non accompagnati in Grecia e in Italia. Tutto si concluderà con un workshop internazionale, previsto per dicembre 2014, nel corso del quale verranno presentate alla Commissione dell’Unione Europea le linee guida condivise dagli stati membri coinvolti. E se pure Namir, come previsto, non dovesse rientrare nelle buone prassi da raccontare, si potrà sempre dire che oggi ha riabbracciato suo fratello, nella speranza che altri ragazzi e bambini, non facciano come lui, ma possano affidarsi alla legge e non ai trafficanti.fonte: piùculture.it