Il business degli immigrati finti minorenni non era un segreto per nessuno. Tutti sapevano: ma in un giro vorticoso di documenti, tavoli tecnici inconcludenti, incontri, promesse, giravolte e omissioni, il gioco di specchi non consente di guardare in faccia il responsabile.
Le Istituzioni
Comune, ministero dell'Interno, della Difesa e del Welfare, per non parlare delle stesse strutture che tuttora danno alloggio agli immigrati spacciati per adolescenti, tutti erano informati che in alcuni casi persino il 90% degli ospiti dei centri di prima accoglienza era, ed è, in realtà maggiorenne. Così, superato il clou dell'emergenza Nord Africa, per un anno e mezzo si sono continuati a stanziare 70 euro al giorno per ognuno di quei minorenni che per la maggior parte tali non erano e che nei primi sei mesi del 2012 erano arrivati, solo nella Capitale, alla ragguardevole cifra di 2.300. Per un costo totale che a fine anno supererà i 110 milioni di euro. In un primo momento sborsati dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, poi dal Comune di Roma.
L'allarme ignorato
Il 12 settembre del 2011 il vicesindaco Sveva Belviso scrive al ministro della Difesa Ignazio La Russa, al sindaco di Roma Gianni Alemanno, a Natale Forlani della direzione generale Politiche dell'immigrazione del ministero del Lavoro e ad Angela Pria che al ministero dell'Interno si occupa di immigrazione. L'oggetto della missiva è un nodo importante dell'affaire: l'accertamento anagrafico medico legale per i presunti minori provenienti dai Paesi dell'emergenza Nord Africa. Al terzo capoverso il vicesindaco segnala: "Tra i tanti arrivi però, gli Uffici preposti segnalano la presenza di presunti minori che hanno, al contrario, tutte le caratteristiche della maggiore età avanzata. Il dipartimento Politiche Sociali ha stimato che oltre il 30% dei recenti arrivi, sono con ogni probabilità adulti oltre i 23 anni di età". Il mese precedente la stessa Belviso aveva già sollevato il caso scrivendo ai ministeri e alla Regione Lazio. Natale Forlani le aveva risposto occupandosi di molti temi ma non dei finti minorenni.
Cooperative senza finanziamenti
Ma c'è anche una situazione kafkiana in questo affare da milioni di euro. È il paradosso delle cooperative rimaste all'asciutto: forse i soldi finiscono; forse non è chiaro chi deve dare a chi e che cosa. "Le cooperative hanno lavorato con convenzioni con il Comune di Roma - si legge in un documento siglato da tutte le coop presenti nella capitale (Domus Caritatis, Consorzio Eriches 29, coop Un Sorriso, coop Inopera, Era Beta) - e pertanto gli ospiti sono stati trattati come Misna (minori stranieri non accompagnati) e al costo di una pronta accoglienza". Un trattamento diverso da quello in convenzione con i ministeri, tanto che, per esempio, non prevede servizi aggiuntivi come il pocket money. Non solo. "Le persone indirizzate ai nostri centri di accoglienza", si legge ancora nel documento, "ci sono segnalate dal Comune di Roma: abbiamo più volte fatto rilevare che spesso l'età presunta sembra non corrispondere a quella effettiva ma gli accertamenti sanitari non sono di nostra competenza".
Il rubinetto dei finanziamenti d'un tratto si chiude. "Le nostre strutture - scrivono - stanno lavorando senza aver ricevuto alcun pagamento dal giugno del 2011, e per il 2012 siamo senza convenzione da parte del Comune o di altra pubblica amministrazione". A cosa sono dovuti i mancati pagamenti? "Sono dovuti all'ancora attesa approvazione del bilancio di Roma Capitale". E il business della solidarietà continua.
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