Un bambino così piccolo non accompagnato non era mai arrivato. Tanto più chiuso dentro ad una valigia. È singolare e profonda la vicenda di questo bimbo afgano: ha solo cinque anni, ma è già così grande da essere addestrato a non muoversi e a non parlare. Nemmeno della mamma. Finora non l’ha mai nominata, perché così gli hanno detto di fare.
Quando i finanzieri al porto di Venezia, martedì 4 dicembre, hanno aperto la valigia che "conteneva" il piccolo, lui è stato fermo. Immobile, né una lacrima, né una parola. Come una statua, perchè ancora una volta aveva obbedito. Obbedito ai suoi familiari che lo avevano imbarcato su una nave che dalla Grecia giungeva al porto di Venezia affidandolo ad un "passeur" connazionale. Un’unica raccomandazione: «Non ti muovere, non parlare, non dire da dove vieni e dove si trova la tua famiglia». Impensabile, ma vero, questo piccolino ha eseguito alla lettera. Ora si trova in una comunità di accoglienza per minori del Comune di Venezia.
«Non bisogna pensare ai nostri bambini, questi sono molto più grandi della loro età - premette Paola Sartori, responsabile del "Servizio politiche cittadine per infanzia e adolescenza" del Comune di Venezia che si occupa di minori stranieri non accompagnati - non era mai arrivato un minore non accompagnato così piccolo. Lo abbiamo inserito in una comunità del territorio dove c’è un bambino afgano, per farlo sentire meno isolato e perché abbia qualcuno che parla la sua lingua».
Lui sta bene ed è tranquillo. Ha versato qualche lacrima la prima sera e finora non ha ancora parlato della mamma. Sulla sua vicenda c’è un’indagine giudiziaria per capire se quello che ha detto il "passeur" che trascinava la valigia è vero. L’uomo, un afgano di 35 anni ora agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con l’aggravante delle condizioni degradanti utilizzate per il trasporto del bambino, aveva dichiarato che ad affidarglielo erano stati i genitori, in una sorta di viaggio della salvezza, per portarlo in Germania dove si troverebbero alcuni familiari.
«C’è un’indagine della magistratura per rintracciare i familiari - spiega Sartori - ma anche se li trovassero il ricongiungimento non sarebbe così immediato. Bisogna fare l’esame del dna per stabilire se sono realmente della famiglia e poi ci sono delle procedure internazionali da seguire. Il bambino potrebbe rimanere da noi alcuni mesi».
E perché questo non sia solo un tempo d’attesa, il servizio dell’assessorato alle Politiche sociali del Comune di Venezia sta predisponendo un percorso di accoglienza il più adeguato possibile ad un bambino di cinque anni. «Pensavamo di affidarlo ad una famiglia, una delle nostre di riferimento, perché possa avere un ambiente più "caldo" e volevamo anche inserirlo in una scuola materna - prosegue Sartori - perché questa sia per lui anche un’opportunità, una chance».
Quando è stato accolto dagli operatori del Comune il piccolo stava bene, le sue condizioni erano buone, non aveva sofferenze causate dal viaggio. Forse quello che aveva detto il connazionale che lo ha portato in Italia è vero: aveva dichiarato che il piccolo era stato chiuso nel trolley solo per essere imbarcato e per scendere dalla nave, ma che durante il viaggio era stato liberato.
«Pare che ci sia un parente in Germania, l’autorità giudiziaria sta verificando - conclude Sartori - della mamma per ora non sappiamo nulla. È un bambino molto controllato, si vede che è stato istruito a comportarsi in un determinato modo. E in questo momento non è opportuno pressarlo con troppe domande».
Malgrado il servizio del Comune di Venezia nell’ultimo anno abbia accolto dai 250 ai 300 minoristranieri non accompagnati, non era mai capitato un caso come quello del piccolo afgano. In genere, i più giovani che arrivano a Venezia hanno dodici anni - quasi sempre afgani quando sono così piccoli - ma la maggior parte ha tra i quindici e i diciassette anni. Ultimamente in molti arrivano dal Bangladesh, ma con un percorso già prestabilito per raggiungere familiari o amici. Ci sono poi gli afgani, qualche kurdo-irakeno e alcuni africani.
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