Nelle ultime settimane, molti minori stranieri non accompagnati, ospiti dei centri d’accoglienza romani, si sono visti richiamare per una nuova verifica dell’età effettiva. I ragazzi, in larga parte d’origine bengalese, erano stati già sottoposti alla radiografia della mano sinistra (l’esame con cui si determina la minore età) al momento dell’ingresso nei centri, e questa seconda volta hanno accolto la notizia con più paura che stupore. Nei centri i giovani migranti avevano infatti trovato una prima accoglienza che, pur al di sotto degli standard internazionali e di quello che le leggi italiane prevedono per il supporto dei minorenni, garantiva loro di poter provare a realizzare il proprio progetto migratorio e stabilizzarsi in Italia. Da un giorno all’altro questa certezza è sparita dal loro orizzonte, e le procedure di verifica, tutt’altro che discrete o delicate, hanno instillato una forte preoccupazione non solo nei ragazzi richiamati, ma in tutti gli ospiti dei centri. Molti preferiscono rifugiarsi nella clandestinità, piuttosto che rischiare che la verifica medica, magari per errore, li dichiari maggiorenni, comportando accuse pesanti: falso ideologico, uso di documenti falsi e truffa ai danni dello Stato, così come minacciato dagli uomini della Polizia Municipale romana.
Questa serie di verifiche prende il via da una inchiesta della Procura di Roma che voleva sì smascherare i finti minori, ma sopratutto colpire le organizzazioni che fanno arrivare qui i migranti e li istruiscono su come tentare di accedere ai centri per minori, che rappresentano uno dei pochi spiragli per restare nel Paese evitando la clandestinità. Tuttavia, i modi ed i tempi con cui vengono recapitati gli avvisi, ed in cui viene svolta la procedura, fanno pensare che le istituzioni comunali vogliano essenzialmente cogliere la palla al balzo per ridurre il numero di minori nei centri, che al Comune costano mediamente 70€ al giorno a persona.
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