Senza acqua calda e talvolta senza un letto. Sono ben 111 i minorenni rinchiusi nel Centro Cpsa di Lampedusa. Per legge, dovrebbero restarci 48 ore invece alcuni rimangono lì per settimane
© Salvatore Esposito / Contrasto per L'EspressoBen 111 minorenni, dimenticati per giorni e giorni nel centro Cpsa di Lampedusa, senza acqua calda e talvolta senza nemmeno un letto su cui dormire. Lo racconta "L'Espresso" nel numero in edicola venerdì 3 maggio: l'inviato del settimanale è riuscito a visitare la struttura dell'isola che ospita i ragazzini, rinchiusi assieme agli adulti, 701 persone negli spazi che dovrebbero contenerne al massimo 300.
Ognuno dei profughi ha un'odissea alle spalle. Come Aman: sette anni di peregrinazioni, umiliazioni, fughe, botte, carcere per arrivare a Lampedusa. Ha 17 anni. Dall'Eritrea dilaniata da guerra e dittatura è scappato lasciando tutto e tutti quando di anni ne aveva nove: «In Etiopia ho passato venti mesi in un campo profughi Unhcr, poi con altri ragazzi sono passato in Sudan, dei trafficanti ci hanno rapiti e portati nel deserto, volevano venderci: a pezzi, un organo alla volta. Ma uno non muore se non è il suo tempo». Fugge di nuovo, in Egitto lo arrestano, un anno in carcere. Peggio quando passa in Libia, «da una galera all'altra, torturato dai poliziotti, insultato dalla popolazione, minacciato persino dai bambini». Sul barcone per l'Italia gli rubano anche gli ultimi soldi che ha, nella traversata vede morire due persone, gettate a mare. Sta qui da quindici giorni, non sa dove andrà, chiede una coperta in più perché di notte fa freddo, una scheda telefonica supplementare per chiamare i suoi, e se non può lasciare l'Italia «almeno portatemi in un posto migliore di questo, per favore».
Nel Centro di Lampedusa chi non ha un letto, compresi alcuni minorenni, dorme su materassi per terra, sotto le tettoie dei padiglioni o sotto quella che giù in fondo, oltre il cancello degli adulti, isola uno dei due prefabbricati bruciati nella sommossa di due anni fa: quando per effetto delle rivolte in Nordafrica il Centro e l'isola furono invasi da settemila migranti, un tappeto umano, un incubo durato 55 giorni. Niente acqua calda, è così da qualche giorno, problemi di manutenzione, ci si lava come capita.
"L'Espresso" ha accompagnato la visita ufficiale del Garante per l'infanzia e l'adolescenza, Vincenzo Spadafora. La gran parte di questi ragazzi sono "minori in transito": «Non pensano affatto di restare in Italia, vogliono solo raggiungere fratelli, parenti o connazionali nel nord Europa dove avrebbero anche opportunità di lavoro, ma noi glielo impediamo perché in base agli accordi comunitari il paese di prima accoglienza è quello che se ne deve far carico. E' pura follia, porrò la questione alla prossima riunione dei garanti per l'infanzia di tutta Europa». Per legge i minorenni non dovrebbero restare al Centro più di 48 ore, ma due somali li hanno recuperati 15 giorni fa su un barcone con 129 persone dopo 16 ore tra le onde: una fortuna, la Marina italiana li ha avvistati appena entrati in acque internazionali. Diciassettenni, da Mogadiscio uno e Kisimaio l'altro, anche loro hanno passato quasi due anni in Libia, picchiati, senza cibo né medicine, sotto Gheddafi come con il governo provvisorio, cosa vuoi che cambi per gente allo sbando come loro. Tutti gli altri stanno a gruppi, in piedi o accovacciati o seduti in un piccolo spiazzo, in silenzio o a parlare. Molti arrivano ora dal Mali della guerra civile e dei massacri islamisti. Come Kamadi e Djallou, sedicenni senza padre, madri che han detto loro di andarsene via, lontano dalla miseria, nelle intenzioni diretti in Svizzera e Norvegia dove hanno parenti: per il momento, dormono qui all'addiaccio.
Le ragazze sono diverse. Non sai, non ti raccontano che cosa hanno passato, giusto a Nasrà scappa detto che il padre era terrorizzato all'idea se ne andasse via da sola, e a Ucped (somala diciassettenne come l'amica) che la famiglia la voleva sposare a un uomo da lei indesiderato. Ma sono curate, sorridono e dicono: «L'Italia la sognavo fin da bambina, qui la vita è buona, soprattutto sicura, è una strada diritta, ora, capisci? Dormiamo in dodici in una stanza, attaccate una all'altra. Ma abbiamo un letto»
L'espresso
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