LASCIATECIENTRARE: SQUARCIATO IL SILENZIO SUI CIE, "OSPITI" A GRADISCA D’ISONZO CON TAGLI E FERITE
08:13
minori stranieri non accompagnati
CIE
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La visita e la denuncia della campagna LasciateCIEntrare al CIE di Gradisca, la mozione dei parlamentari PD, la dichiarazione del sottosegretario, all'Interno Bubbico, l'appello del Sindaco di Modena. Storie di ordinaria ingiustizia e violazione dei diritti umani.
Una delegazione della campagna LasciateCIEntrare ha visitato il CIE di Gradisca d'Isonzo lo scorso venerdì 26 luglio. Una situazione al limite della sopportazione fisica e psicologica per i 67 cittadini trattenuti ed incontrati dall'On Pilozzi (SEL) insieme quattro consiglieri regionali e un assessore della Regione FVG, un assessore del Comune di Staranzano, ai referenti della Tenda Per la Pace e i Diritti, ad avvocati ASGI, al responsabile nazionale immigrazione SEL e alla portavoce della campagna.
Con i lavori di ristrutturazione conclusi soltanto per la sala mensa e programmati per il prossimo anno per l’intera struttura, è emerso un quadro allarmante.
La mensa continua ad essere chiusa e non utilizzata, lo spostamento e la circolazione all’interno del centro non è consentito,e regolato sempre dagli operatori dietro richiesta (con conseguente apertura dei cancelli e dei lucchetti, delle porte di ferro e delle sbarre), alloggi fatiscenti mentre la maggior parte dei trattenuti dorme su coperte di lana che non vengono pulite da quasi tre mesi, perché i servizi di lavanderia sono stati interrotti. Impossibilità di utilizzare i cellulari, ordinanza restrittiva “d’urgenza” decretata nel 2011 dal Prefetto. Ricordiamo anche che il viceprefetto è sotto indagine della Magistratura con altre 12 persone per Falso e Truffa alla stato per sovrafatturazione.
Molti degli “ospiti” del centro hanno evidenti tagli e ferite, sulle braccia, sul collo, uno di loro alza la maglia e ci mostra le ferite che si è autoinferto (vedere foto in allegato), per tentare di non impazzire, di protestare come può contro un regime che è peggio di quello carcerario. Alcuni di loro ci mostrano con cosa si infliggono questi tagli, nascondono e ci consegnano piccoli pezzi di lamiera che utilizzano quando non reggono più la disperazione e la mancanza di qualsiasi tipo di prospettiva. “La colpa non è solo del vostro governo, anche dei consolati, che ci mettono mesi e mesi ad esaminare le nostre pratiche, o a volte neanche ci riconoscono, negandoci così il visto per il rimpatrio. E condannandoci a rimanere qui. Ma io voglio andarmene, io qui dentro non resisto… piuttosto mi ammazzo!” ci dice un ragazzo tunisino. Mentre ci mostra le nuove grate che hanno posto per evitare le fughe all’esterno. Grate sulle loro teste, cosicché anche il cielo lo si può osservare solo attraverso i rombi di una rete metallica. “Sai il gioco che facciamo, a volte, per spaventare le guardie? Facciamo finta di impiccarci, saliamo sulle sbarre, appendiamo una corda, un lenzuolo e ci facciamo un cappio intorno al collo, e minacciamo di lasciarci andare e simuliamo l’impiccagione….” Parole dette in un buon italiano alla responsabile della campagna Gabriella Guido, che risponde “può essere pericoloso, può essere fatale”. Le rispondono che tanto quella non è vita….
A molti di loro vengono somministrati psicofarmaci, forse per tenere sotto controllo la tensione, ma non è sufficiente. Non si può esagerare neanche con quelli. Alcuni tentano il suicidio con dosi massicce di pillole. O per farsi portare in ospedale, e da lì tentare una fuga. Come ci confermano dalla Prefettura.
A disposizione non hanno altro. Cibo (quello che passa l’ente gestore che ha rinnovato il contratto a 39,50 € al giorno: c’è stato un taglio sul contratto ma, a detta del responsabile dell’ente gestore, anche loro indagati, Connecting People, la “qualità dei servizi” è rimasta la stessa, con una più oculata gestione), sigarette e il nulla dell’isolamento. Niente telefoni, giornali, libri che sono infiammabili, penne che possono essere utilizzate come armi. E l’alienazione totale. Così come la disumanità che pervade quelle gabbie, quegli uffici con telecamere di sorveglianza, quelle forze di Polizia che presidiano un posto che è l’inferno.
E qui ricordiamo la recente sentenza del Giudice di Crotone, che ha assolto tre uomini che inscenarono una rivolta salendo sul tetto del CIE. Le condizioni disumane di quel centro, ha affermato il Giudice, erano tali che le persone avevano il diritto di protestare. Protestare contro la violazione dei diritti umani e per un sistema che viola e annulla la dignità umana.
E mentre la visita sta per concludersi la referente della Tenda per la Pace e i Diritti si imbatte in quattro ragazzi che sembra parlino solo l’arabo. Mostrano dei documenti. Sono nel CIE da almeno dieci giorni, ma hanno in mano decreti della Questura di Cagliari che, dopo il soccorso in mare, li riconosce come “sedicenti” siriani. E ordina il loro ingresso al CIE di Gradisca. Ma senza che nessuno li informi del loro diritto alla richiesta di asilo. Protestiamo. Questa è una violazione gravissima delle norme di protezione internazionale. Il referente della Questura, che era evidentemente all’oscuro della loro documentazione, e ci dichiara i suoi dubbi sulla nazionalità, ci assicura che il lunedì qualcuno attiverà la procedura. In ritardo. In colpevole ritardo. Una nota all’UNHCR, con copia della documentazione, è stata immediatamente inviata dall’ASGI.
Tutto questo mentre il sottosegretario all'Interno Bubbico dichiara che la Bossi Fini va superata, che "i Centri di identificazione ed espulsione producono sofferenza umana a carico di chi ha abbandonato seppur irregolarmente il proprio Paese per fuggire da una vita di stenti e non si sono rivelati efficaci nel governo dei flussi clandestini. Per questo la Bossi Fini va cambiata, garantendo la sicurezza dei cittadini e anche i diritti umani e civili dei migranti"; il Sindaco di Modena firma un appello dove chiede la chiusura del CIE nella sua città, ed in Parlamento una mozione firmata dall’On Zampa e da altri 43 parlamentari del PD viene depositata lunedì 29 luglio, chiedendo che “si rivedano gli aspetti di carattere normativo, organizzativo e gestionale dei CIE” e “garantendo che tale pratiche avvengano nel massimo della trasparenza e, soprattutto, nel rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona”.
Tutto ciò che non avviene nei Centri di Identificazione ed Espulsione italiani. Ancora oggi, luglio 2013.
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