Minori stranieri non accompagnati, quella popolazione under 18 che tenta il tutto per tutto, spesse volte rischiando la stessa vita, per sfuggire dalla povertà, dalla guerra e abbastanza sovente anche da vere e proprie forme di persecuzione: nel solo primo semestre dell’anno in corso sono giunti in Italia in 3.750, di questi il 95% sbarcati in Sicilia (3.400). Ma qual è il destino cui vanno incontro i minori una volta arrivati in Italia? Ed ancora, avrebbero avuto una sorte migliore qualora avessero optato per un altro Paese dell’Unione? Ci aiuta a rispondere il quinto rapporto realizzato da Anci e Cittalia “I minori stranieri non accompagnati in Italia”.
Secondo linee teoriche, tutti i Paesi europei avrebbero recepito le varie direttive europee volte alla tutela dei msna richiedenti protezione internazionale, ma la realtà è ben diversa. Attraverso una prima analisi comparativa si evidenziano differenze non irrilevanti su questioni quali l’accertamento dell’età, il tutore legale, l’accoglienza (nello specifico sull’alloggio e l’accesso all’istruzione), la detenzione e il rimpatrio. Nella nostra analisi prenderemo in esame quattro Paesi europei oltre l’Italia: Svezia, Danimarca, Olanda e Polonia.
Una questione che ha generato veri e propri malcontenti è quella relativa all’accertamento dell’effettiva condizione di minore età, condizione necessaria alla fruizione di maggiori “benefici”.
La prima tappa prescelta da tutti i Paesi consiste nell’analisi della documentazione a disposizione. Ma nella quasi totalità dei casi non si dispone di alcun documento capace di attestare l’effettiva età dell’immigrato, quindi si ricorre a certi metodi deduttivi quali esami radiologici o l’esame orto panoramico. In particolare, questo tipo di esame è adottato da tutti i Paesi esaminati in questa sede, mentre il secondo tipo da Svezia, Polonia e Italia. Entrambi gli accertamenti sono soggetti ad una soglia di errore non indifferente, proprio per aumentarne l’efficacia la soglia viene spostata dai 18 ai 21 anni.
A tutela del minore straniero non accompagnato, le direttive europee in materia di protezione internazionale prevedono la nomina di un tutore che svolga anche la funzione di rappresentanza legale. Ma anche in questo caso vi è difformità, non solo in merito alle funzioni cui è chiamato a rispondere il tutore, ma anche riguardo gli enti e le strutture che forniscono le seguenti figure.
In Svezia, come in Italia, il tutore è un funzionario dei servizi sociali comunali. Nel nostro Paese tale figura è imprescindibile: infatti, senza questi, il minore non può presentare l’istanza di protezione internazionale. In Danimarca e Olanda la figura del tutore deve possedere titoli e competenze specialistiche, requisiti richiesti dalle direttive europee, ma puntualmente disattesi da tutti i Paesi. Inoltre, sempre in questi due Paesi il tutore viene nominato da enti no profit.
Persino per quel che inerisce il sistema di accoglienza esistono sostanziali differenze tra un Paese e l’altro. In Italia i minori non accompagnati sono alloggiati in apposite strutture, consistenti in case famiglia, appartamenti o centri di accoglienza gestite dal Sistema di protezione per i richiedenti asilo (Sprar), costituito dalla rete degli enti locali.
Estremamente carente è la situazione che si configura in Polonia, a causa dell’unica casa famiglia presente sul territorio che si occupa indistintamente di tutti i minori non accompagnati, anche di quelli che non presenteranno domanda di protezione internazionale. In Danimarca è contemplata la possibilità che il minore viva anche in appartamenti privati, qualora sia nella condizione di ricongiungersi con familiari stretti.
Naturalmente anche sul piano dell’istruzione la situazione varia da un Paese all’altro: la Danimarca punta esclusivamente su di un sistema privato, l’Olanda opta per un sistema misto pubblico-privato, mentre Svezia, Italia e Polonia preferiscono investire sul potenziamento dei servizi della scuola pubblica, da un lato per facilitare una più veloce integrazione dei minori stranieri e dall’altro per non incorrere nel rischio di ghettizzazione dei minori stranieri stessi.
Infine, una vistosa e quasi imbarazzante differenza ha a che fare con il sistema detentivo.
Il diritto internazionale e le organizzazioni umanitarie impongono un uso limitato del seguente metodo, in accordo ai diritti dell’infanzia e del fanciullo. In più la detenzione dovrebbe essere ancor più contenuta nei casi di minori stranieri non accompagnati.
A questo proposito Italia e Danimarca vietano la detenzione di tutti i minori non accompagnati. In Polonia tale divieto vige per i minori stranieri non accompagnati richiedenti protezione internazionale; in Svezia si può ricorrere alla detenzione solo per motivate ed eccezionali ragioni; mentre in Olanda e possibile detenere i minori stranieri non accompagnati a prescindere se abbiano richiesto la protezione internazionale o meno.Qds.it