Al compimento della maggiore età, alle ragazze e ai ragazzi che hanno la cittadinanza di uno stato non appartenente all’Unione Europea e vivono con i genitori, o sono stati posti in affidamento, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura, se non sono già stati rilasciati un permesso di soggiorno di lungo periodo o la carta di soggiorno (articolo 32 del Testo Unico sull’immigrazione).
E’ equiparata a questa situazione quella del minore affidato di fatto a parente entro il quarto grado (fratelli/sorelle, zii/e, nonni/e, cugini/e).
Questa situazione non avrebbe bisogno di essere formalizzata dal Servizio Sociale o da un Tribunale, in quanto è riconosciuta di per sé in base alla legge sul diritto del minore a una famiglia, secondo l’articolo 9 comma 4 della legge 184/1983.
Ad ogni modo, tale situazione di fatto può essere formalizzata con un affidamento consensuale, presentando al Servizio Sociale del Comune di residenza l’atto di consenso formale dei genitori al parente (debitamente legalizzato e tradotto, se fatto all’estero).
La Corte Costituzionale ha affermato che la legge in materia di rinnovo del permesso di soggiorno alla maggiore età, articolo 32 del Testo Unico sull’immigrazione (decreto legislativo del 25 luglio 1998 n. 286) deve essere interpretata in modo da escludere discriminazioni fra le persone in ragione del tipo di provvedimento di protezione – affidamento o tutela – ovvero non provvedimento – affidamento di fatto – emesso dalle autorità competenti durante la minore età. Il riferimento è alla sentenza del 5 giugno 2003 n. 198.
La direttiva del Ministro dell’Interno del 28 marzo 2008 considera la situazione dei giovani che, al pari di molti ragazzi e ragazze italiani, raggiunta la maggiore età, abbiano ancora incertezze sul proprio futuro di studio o lavorativo.
Essi, anche potendo rimanere a carico dei genitori, non sono in grado di soddisfare i requisiti prescritti per il rilascio di uno dei permessi di soggiorno suddetti - per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.
In questi casi la circolare comunica che, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno per motivi familiari potrà essere rinnovato per la stessa durata di quello del genitore, purché quest’ultimo soddisfi le condizioni di reddito e di alloggio richieste per il ricongiungimento familiare dal comma 3 dell’art. 29 del predetto Testo Unico sull’immigrazione.
È sconsigliabile richiedere un permesso per studio per i figli neomaggiorenni residenti in Italia con i genitori, anche se stanno frequentando la scuola. Con tale permesso i ragazzi infatti
- non possono continuare ad avere la tessera sanitaria e quindi l'assicurazione sanitaria gratuita al Servizio Sanitario Nazionale (devono acquistare una polizza da un istituto assicurativo privato oppure possono pagare un contributo annuo al SSN),
- possono lavorare solo part-time o per una stagione l'anno (20 ore settimanali, anche cumulabili per cinquantadue settimane, fermo restando il limite annuale di 1.040 ore, articolo 14 comma 4 del dPR 394/99)
- possono essere esclusi dall'accesso a diversi servizi pubblici offerti a livello locale o nazionale,
- possono avere difficoltà a ottenere un permesso per lavoro in futuro (solo nei limiti delle quote riservate eventualmente stabilite in decreti annuali non sempre emessi dal Governo, articolo 14 comma 5 del dPR 394/99)
- possono avere difficoltà ad ottenere la cittadinanza italiana per residenza.
I requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno sono principalmente:
- il possesso di un passaporto valido,
- la disponibilità di un alloggio,
- essere iscritti a un corso di studio o all’agenzia del lavoro per la ricerca di un impiego, oppure
- avere in corso determinate cure mediche oppure
- avere sufficienti mezzi economici per mantenersi o essere a carico dei genitori, oppure
- avere un lavoro retribuito.
Per i minori stranieri affidati a centri di accoglienza
Un ulteriore requisito è stato aggiunto dal 6 agosto 2011 per le ragazze e i ragazzi che, durante la minore età, sono stati affidati a comunità o enti di assistenza.
In questi casi, il permesso di soggiorno può essere rilasciato alla maggiore età se è espresso un parere favorevole da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oppure se la persona può dimostrare di essere in Italia da almeno tre anni e di avere seguito un progetto di integrazione sociale da almeno due anni.
Una volta acquisito il parere favorevole del Ministero del Lavoro al proseguimento del soggiorno in Italia dopo il conseguimento della maggiore età, il permesso di soggiorno per minore età deve essere convertito, anche se risulta che il cittadino straniero è in Italia da meno di tre anni (Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, sentenza del 4 ottobre 2012 n. 123).
Se il Ministero non risponde alla richiesta del parere
Spesso i minori stranieri non accompagnati in età prossima ai diciotto anni non ottengono un parere della Direzione Generale dell’immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro. Alla maggiore età, può essere negato il rilascio di un permesso di soggiorno e possono ricevere un decreto di espulsione.
Il ritardo della risposta del Ministero non può legittimamente fondare il rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno. Quindi la Questura non può rifiutare il rilascio del permesso di soggiorno solamente perché non è arrivato il parere dal Ministero.
In base ai principi generali sul procedimento amministrativo, è responsabilità della Questura promuovere l’emissione del parere del Ministero riguardo all’opportunità che il richiedente prosegua o meno il soggiorno in Italia.
Riferimenti:
Tribunale Amministrativo della Regione Liguria, sentenza del 15 novembre 2012 n. 1441.
TAR Emilia-Romagna, sentenza dell'11 febbraio 2015 n. 145
Ricordiamo che
La normativa che ha introdotto il requisito di avere frequentato un percorso biennale di integrazione sociale è stata giudicata applicabile solo ai ragazzi che compiano la maggiore età almeno due anni dopo l’8 agosto 2009, data di entrata in vigore della modifica legislativa, in modo da consentire agli stessi di partecipare al progetto biennale (art. 32 del testo Unico sull’Immigrazione, commi 1bis e ter, come modficato dalla legge n. 94/2009).
Riferimenti:
- TAR Lazio, sezione IIquater, sentenza dell’11 marzo n. 222;
- TAR Lazio sez IIquater, sentenza 11 febbraio 2011 n. 136;
- Consiglio di Stato sezione VI, ordinanze del 19 settembre 2010 n. 4234 e n. 423
- Corte Costituzionale, ordinanza dell’11 luglio 2011 n. 222
Il ragionamento dei tribunali amministrativi e del Consiglio di Stato può essere applicato anche al requisito del parere del Comitato per i Minori Stranieri alla prosecuzione del soggiorno alla maggiore età, introdotto dall’art. 3 c. 1 lettera g-{bis} del decreto-legge del 23 giugno 2011, 89, convertito con modificazioni, dalla L. 2 agosto 2011, n. 129 su soggiorno e allontanamento dei comunitari e di recepimento della direttiva UE sul rimpatrio degli extracomunitari in situazione irregolare).
La data di riferimento per l’entrata in vigore è il 6 agosto 2011. Si può ritenere che il requisito del parere sia applicabile solo per i ragazzi che, alla data di entrata in vigore della norma che lo ha previsto, fossero in grado (ovvero ne avessero il tempo e il modo, anche attraverso l’affidatario) di chiedere e ottenere tale atto.
Si può quindi sostenere che non sia applicabile il nuovo requisito a coloro che hanno compiuto la maggiore età nei mesi successivi alla data di entrata in vigore della nuova norma e degli atti esecutivi (compresa la disponibilità del modulo di richiesta del parere) e per i quali l’affidatario e il tutore non hanno fatto istanza di parere al Comitato per i Minori Stranieri o non ha potuto avere il tempo necessario per ottenere una risposta.
Testo aggiornato al 12.06.2015
(articolo tratto da legale.savethechildren.it)
E’ equiparata a questa situazione quella del minore affidato di fatto a parente entro il quarto grado (fratelli/sorelle, zii/e, nonni/e, cugini/e).
Questa situazione non avrebbe bisogno di essere formalizzata dal Servizio Sociale o da un Tribunale, in quanto è riconosciuta di per sé in base alla legge sul diritto del minore a una famiglia, secondo l’articolo 9 comma 4 della legge 184/1983.
Ad ogni modo, tale situazione di fatto può essere formalizzata con un affidamento consensuale, presentando al Servizio Sociale del Comune di residenza l’atto di consenso formale dei genitori al parente (debitamente legalizzato e tradotto, se fatto all’estero).
La Corte Costituzionale ha affermato che la legge in materia di rinnovo del permesso di soggiorno alla maggiore età, articolo 32 del Testo Unico sull’immigrazione (decreto legislativo del 25 luglio 1998 n. 286) deve essere interpretata in modo da escludere discriminazioni fra le persone in ragione del tipo di provvedimento di protezione – affidamento o tutela – ovvero non provvedimento – affidamento di fatto – emesso dalle autorità competenti durante la minore età. Il riferimento è alla sentenza del 5 giugno 2003 n. 198.
La direttiva del Ministro dell’Interno del 28 marzo 2008 considera la situazione dei giovani che, al pari di molti ragazzi e ragazze italiani, raggiunta la maggiore età, abbiano ancora incertezze sul proprio futuro di studio o lavorativo.
Essi, anche potendo rimanere a carico dei genitori, non sono in grado di soddisfare i requisiti prescritti per il rilascio di uno dei permessi di soggiorno suddetti - per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.
In questi casi la circolare comunica che, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno per motivi familiari potrà essere rinnovato per la stessa durata di quello del genitore, purché quest’ultimo soddisfi le condizioni di reddito e di alloggio richieste per il ricongiungimento familiare dal comma 3 dell’art. 29 del predetto Testo Unico sull’immigrazione.
È sconsigliabile richiedere un permesso per studio per i figli neomaggiorenni residenti in Italia con i genitori, anche se stanno frequentando la scuola. Con tale permesso i ragazzi infatti
- non possono continuare ad avere la tessera sanitaria e quindi l'assicurazione sanitaria gratuita al Servizio Sanitario Nazionale (devono acquistare una polizza da un istituto assicurativo privato oppure possono pagare un contributo annuo al SSN),
- possono lavorare solo part-time o per una stagione l'anno (20 ore settimanali, anche cumulabili per cinquantadue settimane, fermo restando il limite annuale di 1.040 ore, articolo 14 comma 4 del dPR 394/99)
- possono essere esclusi dall'accesso a diversi servizi pubblici offerti a livello locale o nazionale,
- possono avere difficoltà a ottenere un permesso per lavoro in futuro (solo nei limiti delle quote riservate eventualmente stabilite in decreti annuali non sempre emessi dal Governo, articolo 14 comma 5 del dPR 394/99)
- possono avere difficoltà ad ottenere la cittadinanza italiana per residenza.
I requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno sono principalmente:
- il possesso di un passaporto valido,
- la disponibilità di un alloggio,
- essere iscritti a un corso di studio o all’agenzia del lavoro per la ricerca di un impiego, oppure
- avere in corso determinate cure mediche oppure
- avere sufficienti mezzi economici per mantenersi o essere a carico dei genitori, oppure
- avere un lavoro retribuito.
Per i minori stranieri affidati a centri di accoglienza
Un ulteriore requisito è stato aggiunto dal 6 agosto 2011 per le ragazze e i ragazzi che, durante la minore età, sono stati affidati a comunità o enti di assistenza.
In questi casi, il permesso di soggiorno può essere rilasciato alla maggiore età se è espresso un parere favorevole da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oppure se la persona può dimostrare di essere in Italia da almeno tre anni e di avere seguito un progetto di integrazione sociale da almeno due anni.
Una volta acquisito il parere favorevole del Ministero del Lavoro al proseguimento del soggiorno in Italia dopo il conseguimento della maggiore età, il permesso di soggiorno per minore età deve essere convertito, anche se risulta che il cittadino straniero è in Italia da meno di tre anni (Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, sentenza del 4 ottobre 2012 n. 123).
Se il Ministero non risponde alla richiesta del parere
Spesso i minori stranieri non accompagnati in età prossima ai diciotto anni non ottengono un parere della Direzione Generale dell’immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro. Alla maggiore età, può essere negato il rilascio di un permesso di soggiorno e possono ricevere un decreto di espulsione.
Il ritardo della risposta del Ministero non può legittimamente fondare il rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno. Quindi la Questura non può rifiutare il rilascio del permesso di soggiorno solamente perché non è arrivato il parere dal Ministero.
In base ai principi generali sul procedimento amministrativo, è responsabilità della Questura promuovere l’emissione del parere del Ministero riguardo all’opportunità che il richiedente prosegua o meno il soggiorno in Italia.
Riferimenti:
Tribunale Amministrativo della Regione Liguria, sentenza del 15 novembre 2012 n. 1441.
TAR Emilia-Romagna, sentenza dell'11 febbraio 2015 n. 145
Ricordiamo che
La normativa che ha introdotto il requisito di avere frequentato un percorso biennale di integrazione sociale è stata giudicata applicabile solo ai ragazzi che compiano la maggiore età almeno due anni dopo l’8 agosto 2009, data di entrata in vigore della modifica legislativa, in modo da consentire agli stessi di partecipare al progetto biennale (art. 32 del testo Unico sull’Immigrazione, commi 1bis e ter, come modficato dalla legge n. 94/2009).
Riferimenti:
- TAR Lazio, sezione IIquater, sentenza dell’11 marzo n. 222;
- TAR Lazio sez IIquater, sentenza 11 febbraio 2011 n. 136;
- Consiglio di Stato sezione VI, ordinanze del 19 settembre 2010 n. 4234 e n. 423
- Corte Costituzionale, ordinanza dell’11 luglio 2011 n. 222
Il ragionamento dei tribunali amministrativi e del Consiglio di Stato può essere applicato anche al requisito del parere del Comitato per i Minori Stranieri alla prosecuzione del soggiorno alla maggiore età, introdotto dall’art. 3 c. 1 lettera g-{bis} del decreto-legge del 23 giugno 2011, 89, convertito con modificazioni, dalla L. 2 agosto 2011, n. 129 su soggiorno e allontanamento dei comunitari e di recepimento della direttiva UE sul rimpatrio degli extracomunitari in situazione irregolare).
La data di riferimento per l’entrata in vigore è il 6 agosto 2011. Si può ritenere che il requisito del parere sia applicabile solo per i ragazzi che, alla data di entrata in vigore della norma che lo ha previsto, fossero in grado (ovvero ne avessero il tempo e il modo, anche attraverso l’affidatario) di chiedere e ottenere tale atto.
Si può quindi sostenere che non sia applicabile il nuovo requisito a coloro che hanno compiuto la maggiore età nei mesi successivi alla data di entrata in vigore della nuova norma e degli atti esecutivi (compresa la disponibilità del modulo di richiesta del parere) e per i quali l’affidatario e il tutore non hanno fatto istanza di parere al Comitato per i Minori Stranieri o non ha potuto avere il tempo necessario per ottenere una risposta.
Testo aggiornato al 12.06.2015
(articolo tratto da legale.savethechildren.it)
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I Minori Stranieri non Accompagnati
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