Immigrazione, i minori stranieri: una radiografia al polso per decidere il destino di migliaia di vite

Shokoat, cittadino del Bangladesh residente a Roma, il primo marzo ha avuto come dono per i suoi 18 anni un ordine di espulsione dall'Italia. Non ci sarebbe nulla di strano, perché è esattamente questo il destino di tutti gli stranieri maggiorenni privi di permesso di soggiorno. Il fatto è che Shokoat proprio il giorno prima, cioè il 28 febbraio, era stato finalmente riconosciuto come minorenne dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Mentre, per le autorità italiane, non lo era da un paio d'anni. Tanto che, se non fosse stato per i suoi avvocati, sarebbe stato espulso ben prima.
La storia può apparire ingarbugliata. In realtà è tragicamente semplice. E non è la storia del solo Shokoat, ma di migliaia di ragazzi stranieri che giungono in Italia da soli. Per esempio sbarcando a Lampedusa. Tecnicamente sono definiti “minori non accompagnati”. E per loro comincia un percorso che, al raggiungimento della maggiore età determina la concessione di un permesso di soggiorno. Ma comincia solamente se, appunto, se sono dichiarati minorenni.
Già, ma come si fa a stabilire l'età di un ragazzo privo di documenti? Un giovane che “a occhio” potrebbe avere 16 o 17 anni come 19 o 20? Su che base si prende una decisione che ha il potere dicambiare radicalmente il destino del ragazzo in questione: se minorenne sarà avviato a un progetto di integrazione sociale, studierà l'italiano, potrà iniziare a imparare un mestiere. Se maggiorenne, niente: un decreto e il trasferimento in un Centro di identificazione e di espulsione, come quello romano di Ponte Galeria. Dove dal 15 febbraio è recluso un altro ragazzo di età incerta. Di cui (come si usa per i minorenni) indicheremo con le sole iniziali: S.O.
Dello strano caso di S.O. diremo poi. Il metodo per stabilire l'età ce lo spiega Salvatore Fachile, avvocato dell'Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione): “Il sistema più utilizzato è quello della radiografia del polso sinistro, una tecnica introdotta negli Usa fin dagli anni Venti. Si basa sul presupposto che è possibile stabilire l'età in base al grado di calcificazione delle ossa. Non è la sola tecnica, ce ne sono anche altre, come la valutazione dello sviluppo puberale e dell'apparato dentario. Il problema è che in Italia non esiste un criterio unico e ogni struttura usa il suo metodo. Quanto alla radiografia del polso, è scientificamente accertato che dà risultati estremamente incerti perché lo sviluppo scheletrico è condizionato da molti fattori quali l'alimentazione, eventuali malattie, tanto che due fratelli possono avere uno sviluppo scheletrico differente, figuriamoci ragazzi di etnie diverse, provenienti da diverse zone del mondo”.
Il risultato è che i margini a disposizione dell'amministrazione sono così ampi da determinare unasorta di “accertamento discrezionale” dell'età. In questo ossimoro si consumano autentiche tragedie umane. O, addirittura, azioni volte a liberare le strutture pubbliche dalla presenza di minori non accompagnati, quando è giudicata eccessiva e troppo onerosa. Come esattamente un anno fa a Roma con i ragazzi bengalesi che costituivano la parte numericamente più consistente, quasi la metà, dei 1100 minori non accompagnati presenti nelle strutture di accoglienza. Troppi, per le casse vuote dell'amministrazione capitolina.
Così, benché fossero stati già individuati come minorenni dai sanitari dell'ospedale Umberto I, il Comune decise che gli esami andavano ripetuti. All'ospedale militare del Celio. Cominciarono le chiamate (e le radiografie) che si concludevano sistematicamente con l'attribuzione della maggiore età. Si scatenò una specie di rivolta e alla fine la procedura fu interrotta. I casi di ragazzi dichiarati maggiorenni che poi, in seguito all'azione dell'Asgi, vengono individuati come minorenni sono centinaia. In alcuni casi la smentita del risultato della radiografia del polso è documentale perché, dal paese di origine, arrivano i documenti anagrafici. Altre volte è decisa dal giudice di pace dopo l'esposizione delle argomentazioni scientifiche e giuridiche.
L'esistenza di un largo margine di errore in tutti i sistemi di accertamento è un dato certo. E diritto e buon senso dicono che, nel dubbio, va fatta la scelta più favorevole al ragazzo esaminato. Per la stessa ragione per cui, nel diritto penale, si preferisce correre il rischio di lasciare in libertà un colpevole che tenere in carcere un innocente.
Ma qual è la soluzione? “La soluzione - risponde Fachile – è un approccio multidisciplinare. L'età va stabilita mettendo assieme più strumenti di indagine. Si tratta della procedura prevista dal 'protocollo di Ascone' che è stato sviluppato da un gruppo tecnico istituito presso il ministero della Salute e composto da rappresentanti dei ministeri dell'Interno e della Giustizia. Ma, benché le sue raccomandazioni siano state avallate dal Consiglio superiore della Sanità, non è stato adottato dal ministero dell'Interno”.
Il protocollo di Ascone (da Giovan Battista Ascone, il medico, dirigente ministeriale, considerato il padre del documento) non nega che la radiografia del polso, pur col suo margine di errore (stimato in due anni), abbia rilevanza, ma la inserisce nell'ambito di una valutazione più ampia che prevede l'esame fisico del ragazzo, l'esame della maturazione sessuale, l'individuazione di eventuali disturbi dello sviluppo, lo stato della dentizione.
In assenza dell'adozione generale di questo metodo ognuno fa come vuole. Non solo in negativo. “A Napoli – racconta ancora Fachile – la procura minorile, la procura generale, le questure e altre istituzioni hanno firmato con l'Unicef e la cooperativa sociale Dedalus un protocollo d'intesa che prevede che gli accertamenti vengano svolti in una sola struttura e con criteri coerenti”. Quello che dovrebbe accadere, e non accade, a livello nazionale.
Ma torniamo a S.O., che avevamo lasciato nel Cie di Ponte Galeria. Piange. Grida di avere 17 anni, Che poi è un modo per gridare “Fatemi uscire”. La sua storia ha un elemento in più di crudeltà e di ferocia burocratica. S.O. è uno dei 503 migranti salvati il 15 febbraio in due interventi dell'operazione “Mare Nostrum”. Le cronache parlano di 386 uomini, 71 donne e 46 minori. In queste cifre dove si nasconde il nome di S.O.? Nella prima, cioè tra i 386 uomini adulti. Perché appena fu tratto in salvo e gli fu chiesto l'anno di nascita rispose che era il 1996 ma, per un errore materiale, fu scritto 1995. Ed ecco il trasferimento al Cie.
Prima di disporlo, nessuno ha ascoltato le sue proteste, né la questura di Ragusa, né quella di Roma. Solo dopo l'intervento dei legali del'Asgi, è stato sottoposto alla radiografia del polso. E – contro tutte le raccomandazioni scientifiche e giuridiche - è stato giudicato diciottenne “senza margine di errore”. Le associazioni umanitarie che seguono il caso (con l'Asgi, Senza Confine e Laboratorio 53) sottolineano che il ragazzo è in stato di shock, anche in conseguenza delle violenze subite in Libia prima di intraprendere la traversata del Mediterraneo. Saranno avviate azioni legali. Intanto S.O. piange e implora tutti quelli che incontra d'essere lasciato libero.

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