Tanti piccoli eroi, i bambini siriani in viaggio

Dal mese di ottobre 2013 a tutt'oggi, i profughi siriani transitati nei centri di accoglienza allestiti per loro dal Comune di Milano sono stati circa 4000 e l'assistenza medica è stata affidata all'Associazione Medici Volontari Italiani.
Incontriamo uomini, donne e bambini, che quasi sempre rimangono nei centri solo pochi giorni, giusto il tempo per programmare la successiva tappa verso i paesi del Nord. Se qualche famiglia resta un po' più a lungo, è perché mancano i soldi per continuare il viaggio.

Abbiamo dato il nostro appoggio all'accoglienza dei profughi fornendo ogni giorno, da volontari, l'assistenza sanitaria sia di base che specialistica. Fin dai primi giorni abbiamo potuto constatare che l'operazione, di fatto, non rientra in quelle cosi dette "di emergenza", bensì in una quotidianeità che ci vede impegnati ogni giorno, sia con visite ambulatoriali in momenti programmati all'interno dei Centri, sia con una disponibilità continua, con reperebilità telefonica nelle 24 ore.
Si è trattato, per me che l'ho vissuta, di una grande esperienza, che ha richiesto sì la professionalità, ma anche una grossa dose di empatia, di disponibilità al dialogo, di controllo delle emozioni.
La maggior parte dei profughi è costituita da intere famiglie; non solo madre, padre, figli, ma anche zii, fratelli, nonni, vicini di casa. Un esodo, tutto sommato, spesso allargato all'intero quartiere, o al villaggio. Le loro strette relazioni, nate in un'altra vita, un altro luogo, un altro tempo, li hanno molto aiutati in questo viaggio incerto, prima verso l' Egitto o la Libia, poi sui barconi nell'attraversamento del Mediterraneo, poi nel viaggio in treno dalla Sicilia a Milano e infine verso Svezia, Norvegia, Germania.
Almeno la metà di essi sono bambini al di sotto dei 14 anni.
La più piccola Lamar, aveva pochi giorni, quando l'ho visitata per la prima volta, in ottobre. Era nata addirittura sul barcone, in mezzo al Mediterraneo. Madre e figlia erano state trasferite quasi subito in Ospedale, a Catania, con un elicottero della Marina Militare. Dopo qualche giorno erano già a Milano. Ho seguito la sua crescita, attraverso le foto inviatemi su Viber, dalla Svezia, dove attualmente la sua famiglia si trova. Ora vedo una bella bimba di 7 mesi, con i due fratellini, nella loro nuova casa, e so che sono tutti al sicuro.
Lei non ricorderà niente di tutto quello che è successo. Ma quando lascio il centro mi chiedo: "Come fanno i bambini ad affrontare tutto questo? E come faranno quando saranno abbastanza grandi per ricordare?"
Ricordare le bombe, la distruzione, la paura, la morte, la partenza dalla Sira, i giorni passati nei "depositi per esseri umani", in cui vengono trattenuti prima di iniziare il viaggio. I barconi in mezzo alle onde, i salvataggi dei quali a volte sono stati partecipi. Spesso hanno lesioni sulla pelle, provocate dall'acqua da cui sono stati schiaffeggiati per giorni, o il viso bruciato dai raggi del sole. E poi tosse, raffreddore, febbre, dolori addominali. Ma su tutto questo regnano i sorrisi, la fiducia, l'allegria, la vitalità. Si adattano a tutte le situazioni, sono chiacchieroni, non piangono mai. Li guardo e mi dico che sono tutti dei piccoli eroi.
Fino a poco tempo fa vivevano un esistenza tranquilla al loro paese, ed ora sono qui, in balia di un destino che a volte si fa crudele, impersonandosi in un mare in tempesta o una guardia di frontiera che ha il potere di bloccare per sempre il loro viaggio verso il nuovo mondo.Huffington Post
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