NO BAMBINI A SCUOLA PER PROTESTA CONTRO I CONTINUI ATTACCHI RAZZISTI


Riaprono le scuole ma a Forserum, cittadina svedese di 2000 abitanti, le famiglie somale rifiutano di mandare i figli a scuola. Non è un boicottaggio della cultura occidentale. I genitori vogliono proteggere bambini e ragazzi dai continui  attacchi razzisti.

A Forserum, cittadina del sud della Svezia di 2000 anime, inizia l’anno scolastico, ma quindici famiglie di immigrati somali rifiutano di mandare i propri figli a scuola a causa dei frequenti attacchi razzisti. Questi erano iniziati con il loro trasferimento in città, circa due anni fa, ma sono peggiorati di molto durante gli ultimi mesi. La giornalista della radio locale, Alexandra Svedberg, descrive quest’estate come la peggiore per i somali di Forserum.
La testimonianza di una delle vittime, Simone Idriss, può darci un’idea della situazione. «Un giorno un uomo ha gettato un sasso alla mia finestra. Quando gli ho chiesto perché l’avesse fatto, mi ha risposto di andare affanculo. Poi mi ha sputato in faccia ed ha cercato di colpirmi».
La notizia non è arrivata inaspettata: sono già tanti i somali che hanno lasciato la cittadina a seguito del clima di caccia all’immigrato che si è creato. A raccontarlo è il sacerdote locale Jacob Fhager Bjarkhed. «Ci sono stati episodi sia di violenza fisica che verbale» ha dichiarato. «Dei gruppi si sono recati alle abitazioni degli immigrati, hanno bussato alle loro porte e hanno gridato loro offese e improperi. Qualcuno ha anche lanciato sassi nella sede dell’associazione della loro comunità. Sono circa un centinaio i somali che hanno già lasciato la città. Altri sono in procinto di farlo».
Anche il Comune ha preso atto dell’inasprirsi del fenomeno. E’ stato proposto di assegnare delle scorte personali ai bambini vittime delle molestie. «Sono circa 15 i bambini costretti a rimanere a casa», spiega Svedberg. «Hanno troppa paura di uscire e i genitori non vogliono che mettano il naso fuori».
Nella piccola cittadina si fa avanti lo sgomento, soprattutto tra gli amici della comunità. «Faccio parte del gruppo che aiuta i bambini somali per i loro compiti a casa. eppure non avevo realizzato che la situazione fosse così grave. Io e molti dei mie conoscenti proviamo quasi vergogna per non aver compreso quanto il clima fosse peggiorato», conclude Bjarked .
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