Denuncia di The Children’s Society: i bambini rifugiati in cerca di asilo nel Regno Unito si scontrano con una dura “cultura del dubbio”.

I minori non accompagnati che si recano nel Regno Unito per chiedere asilo vengono trattati con sospetto e sfiducia, il che li lascia spaventati e confusi, denuncia un nuovo rapporto.


Il 21 settembre scorso, The Children’s Society (associazione inglese di difesa dei bambini) ha pubblicato un rapporto dal titolo Nell’ignoto: i viaggi dei bambini attraverso il processo di asilo, in cui denuncia che il processo di valutazione delle richieste di asilo dei minori non considera a sufficienza il loro background e che non gli permette di comprendere quanto gli succeda: l’assenza di un approccio consono ai bambini, una molto diffusa cultura di sfiducia e dispute riguardo la loro età, sono fattori che accrescono il senso di confusione e insicurezza.

Sono stati intervistati 33 giovani richiedenti asilo di età compresa tra i 13 e i 20 anni, giunti da soli nel Regno Unito in cerca di protezione da guerre e violazioni di diritti umani, da Paesi come Afghanistan, Iran, Somalia, Sudan, Siria e altri. Una piccola frazione dei 1.277 bambini non accompagnati arrivati lo scorso anno, spesso sopravvissuti a stragi, testimoni della morte dei loro cari o fuggiti dal reclutamento come bambini soldato. Esposti, durante il viaggio, a ulteriori abusi, violenze e sfruttamenti.
Dalle interviste emerge che questi bambini si sentono “impotenti”: molti riportano che lo staff della UKBA (l’agenzia britannica del controllo immigrazione) è maleducato e aggressivo nel tentativo di “incastrarli”. Non c’è un adulto responsabile ad assisterli e a rappresentarli e in alcuni casi l’interprete non parla correttamente la lingua. Questo fa percepire il rifiuto di protezione come ingiustificato e li convince che i funzionari partano dal presupposto che stessero mentendo, nel conseguente tentativo di farglielo ammettere. Ciò ha causato grande ansia in bambini già traumatizzati, con forti ripercussioni sul loro benessere.
L’amministratore delegato di The Children’s Society, Matthew Reed, afferma: “Il livello di ansia e confusione registrato in questi bambini è davvero preoccupante [..] è necessario un radicale mutamento nell’approccio usato con i minori che vengono qui in cerca di aiuto. Invece di ricevere le attenzioni e il sostegno che necessitano, vengono trattati con sospetto. I bambini devono capire cosa succede loro e avere il controllo della situazione”. Occorre, dunque, formare interpreti specializzati, riformare il sistema di comunicazione e feedback e debellare la “cultura di sfiducia” che tratta ingiustamente i bambini.
La UKBA, dal canto suo, ha già dichiarato, per mezzo di un suo rappresentante: “Prendiamo la nostra responsabilità verso questi bambini molto seriamente. Il nostro personale è specializzato e il miglior interesse del bambino è il cuore del processo decisionale. Stiamo già lavorando nelle molte aree identificate dal rapporto, ma lo valuteremo comunque molto attentamente”.


immigrazioneoggi
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