L’amministrazione americana ha accusato i ribelli sudanesi di utilizzare il campo profughi di Yida, in Sud Sudan, come centro di reclutamento per le proprie milizie, non esitando ad arruolare anche bambini-soldato.
NON RECLUTATE I BAMBINI - A renderlo noto è Anne Richard, vice segretario di Stato Usa con delega per i Rifugiati e le Migrazioni, reduce da una visita alla stessa struttura. Richard ha aggiunto che ai guerriglieri dell’Splm-N, il Movimento di Liberazione del Popolo del Sudan-Nord, è stato ”chiesto di non servirsi di un campo civile per reclutare soldati, in particolar modo bambini”. Voice of America ci spiega che al momento il campo ospita circa 60 mila persone sorvegliate da militari in divisa.
NESSUN SUPPORTO - Per gli statunitensi questa non è per nulla la condizione migliore nella quale dovrebbe operare un campo profughi destinato ai civili. Il sospetto è che dietro la sorveglianza si nasconde un’importante attività di reclutamento, sospetto avvalorato da documenti che certificano tale attività almeno fino alla prima metà di settembre. Il Sud Sudan dal canto suo ha sempre negato di supportare in qualche modo i ribelli, mentre Khartoum ha negato di aver mai attaccato il campo profughi. L’Onu intanto spinge per un’evacuazione di Yida di donne e bambini nella speranza di poter trovare per loro una situazione più agevole e meno problematica.
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NIENTE ARMI NEL CAMPO - La Reuters ci svela inoltre che secondo le Nazioni Unite sono più di 175 mila i sudanesi che sono scappati a sud nella speranza di sfuggire dai combattimenti in corso tra il Nilo blu ed il sud Kordofan. Intanto il portavoce del Movimento di Liberazione del Popolo del Sudan-Nord, Arnu Lodi ha respinto al mittente le insinuazioni da parte americana sull’eventuale reclutamento in corso nel capo di Yida. “Tutte le nostre truppe sono all’interno del Sudan. Se i soldati entrano a Yida è solo per fare visita ai propri parenti e per questo motivo sono tenuti a lasciare le armi all’esterno”.
NESSUN INTERVENTO STRANIERO - Certo la situazione non è agevolata dalla decisione di Khartoum di tenere il campo sigillato in modo tale che le varie agenzie di cooperazione internazionale non possono entrare per dare aiuto ai rifugiati. Secondo la delegazione Usa la situazione sanitaria sta peggiorando di giorno in giorno ed è probabile che a causa della disperazione nonché delle condizioni molto difficili sia più semplice per gli insorti raccogliere forze fresche da sfruttare in battaglia.
LE NUOVE PROTESTE - Il Sudan però resta un paese caotico indipendentemente dalla situazione con i fratelli del sud. E’ sempre la Reuters a parlarci dell’azione della polizia africana pronta a sparare fumogeni e gas lacrimogeni al fine di disperdere una protesta di contadini organizzata a sud della capitale, Khartoum. I manifestanti hanno cercato di esprimere la propria contrarietà ad un piano agricolo su larga scala che porterebbe all’aumento dei prezzi delle materie prime bloccando strade e lanciando rocce addosso alla polizia.
L’ILLUSIONE DI UNA NUOVA PRIMAVERA ARABA - Le proteste più bravi si sono tenute nella città di Wad Medani e secondo qualche testimone nonché qualche analista queste hanno ricordato in qualche modo la lotta strada per strada avvenuta nelle principali capitali del nord Africa durante la primavera araba. Purtroppo per loro tali manifestazioni hanno avuto sempre un carattere locale. La gente protesta contro la riduzione dei sussidi governativi per l’acquisto di benzina ma si sono presto esaurite a causa dell’improvviso pugno di ferro delle autorità combinato all’inizio del mese sacro dei musulmani, ovvero del Ramadan.
UN PAESE ALLO SBANDO - Finito il mese sacro e passato l’Eid i manifestanti sono tornati in piazza protestando contro il piano agricolo che oltre a portare all’aumento del prezzo delle materie prime ha scatenato una crescita esponenziale di insetti ed altri agenti patogeni, oltre ad aver avuto un impatto violento sull’ecosistema della loro regione. La polizia ha però reagito con fermezza neutralizzando qualsiasi protesta. Del resto dal momento della separazione del sud, detentore dei tre quarti della capacità petrolifera del Paese, il Sudan ha dovuto rimboccarsi le maniche per cercare un altro settore capace di garantire ricchezza. La scelta è caduta sull’agricoltura, ma bisogna agire in fretta per riparare ai danni causati da anni di lassismo e cattiva gestione. Basterà per risolvere almeno parte dei problemi?
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