Il benessere dei bambini nei paesi ricchi


Il rapporto presenta i risultati di un’ampia indagine, condotta in 29 Stati ad economia avanzata, su 5 dimensioni (reddito, salute e sicurezza, scolarità, comportamenti e rischi, condizioni abitative e ambientali) che compongono l’insieme del benessere dell’infanzia e dell’adolescenza.
Il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha colto l’occasione della presentazione dell’ XI Rapporto Unicef sullo stato del benessere dei bambini e degli adolescenti, per rilanciare un tema a lui caro.
”Gia’ in campagna elettorale – ha ricordato – mi sono fatto portavoce dei diritti di cittadinanza dei minori stranieri. Di tutti quei bambini che – per lingua, istruzione e tradizioni acquisite – si sentono in tutto e per tutto italiani. Quindi difendero’ in maniera concreta e fattiva – ha concluso Grasso – l’acquisizione di questo diritto”.
Secondo Linda Laura Sabbadini, direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell’Istat “in Italia quello della povertà dei bambini è un problema serio, e i punti critici sono i minori al Sud ma anche i bambini delle famiglie immigrate al Nord”.
Intervenuta alla presentazione del Rapporto Unicef la Sabbadini ha spiegato che “per quanto riguarda le famiglie immigrate la condizione dei bambini è sicuramente peggiore nelle comunità dove le donne lavorano di meno, come ad esempio quella marocchina, perché il lavoro femminile è un elemento protettivo dei minori dalla povertà. Invece il segno della povertà minorile è più basso in altre comunità, come quelle filippine o romene, perché i bambini arrivano in Italia quando la famiglia si è già consolidata”.
Quanto alla scuola, Sabbadini ha ricordato che in Italia “non svolge un ruolo di equilibrio sociale per i bambini più svantaggiati”. L’estrazione sociale “pesa troppo sul percorso di studi, condizionandone scelte ed esiti e incidendo poi anche sull’ingresso nel mercato del lavoro. C’è un percorso segnato per i bambini, soprattutto al Sud, tra gli immigrati e in genere nelle classi più basse, e questo è un nodo cruciale che incide anche sull’accesso all’università. Insomma, le distanze sociali in Italia non sono diminuite”.
Fonte: Fondazione Migrantes
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