Mentre l’UE sta studiando le misure per combattere la disoccupazione giovanile, oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale contro il lavoro minorile (foto by InfoPhoto). Secondo l’ultimo rapporto dell’Ilo, ”Accelerating action against child labour”, nel mondo sono circa 215 milioni i minori minori sfruttati di età compresa tra 5-17 anni di cui il 60% è impiegato nel settore agricolo. Tra il 2004 e il 2008 il numero dei bambini lavoratori è sceso del 3% circa ma molto resta ancora da fare nel campo diritto alla educazione con una particolare urgenza nei confronti delle peggiori forme di sfruttamento, che la comunità internazionale auspica di eliminare entro il 2016.
Sono ben 115 milioni i bambini colpiti da queste crudeltà: dalla schiavitù alla prostituzione fino alla drammatica realtà dei bambini soldato (se ne calcolano circa 250.000 in tutto il mondo). Le ultime stime a livello globale parlano di una diminuzione in tutto il mondo del fenomeno, ma i progressi sono più limitati nell’Africa Subsahariana, dove anzi i dati più recenti indicano un peggioramento, con un bambino su 4 coinvolto nel lavoro minorile (la percentuale più alta al mondo), rispetto ad 1 su 8 in Asia e nella regione del Pacifico, 1 su 10 in America Latina e nei Caraibi. Il numero di bambini che unisce il lavoro alla scuola in alcune regioni è aumentato anche del 300%.
La situazione è critica anche in Italia dove lavora più di un bambino su 20 (5,2% del totale nella fascia 7-15 anni). Secondo l’indagine realizzata dall’Associazione Bruno Trentin e da Save the Children, tra i 260.000 pre-adolescenti ”costretti” a lavorare, sono 30.000 quelli a rischio di sfruttamento che fanno un lavoro pericoloso per la loro salute, sicurezza o integrità morale. Il lavoro minorile non fa distinzioni di genere e dalla ricerca qualitativa, che ha coinvolto 163 minori a Napoli e Palermo, emerge lo scarso valore delle attività svolte dai giovanissimi. Lavori che di fatto non insegnano nulla e non possono essere messe a capitale per una futura professione. Il forte legame tra lavoro minorile, disaffezione scolastica e reti familiari e sociali si trasforma sovente in una trappola quando l’opportunità di soldi facili arriva a coinvolgere i minori in attività criminali.
I dati spesso possono essere fuorvianti in quanto figli di migranti, orfani, bambini vittime di tratta e, soprattutto ragazze, sono esclusi dalle indagini che si basano su dati riguardanti le famiglie. È necessario sviluppare nuovi sistemi di raccolta dati per garantire che questi bambini invisibili vengano identificati e aiutati. Studi recenti dimostrano che le crisi alimentare, energetica ed economica hanno avuto un forte impatto nella vita dei bambini. E risulta ancor più difficile combattere il lavoro minorile quando diventa un meccanismo di compensazione del reddito familiare a cui le famiglie spesso sono costrette a ricorrere.