Al CIE di Ponte Galeria ieri 15 migranti hanno iniziato lo sciopero della fame e della sete. In serata 13 di loro si sono cuciti nuovamente la bocca in segno di protesta, dopo averlo fatto a dicembre scorso. Sono di origine marocchina, sbarcati a Lampedusa a fine ottobre e rinchiusi nel CIE di Ponte Galeria da novembre. Da allora continuano a chiedere di sapere quale sia la loro sorte, cosa le istituzioni italiane decideranno del loro destino.
Nei giorni scorsi, hanno saputo che altri migranti marocchini sono stati fatti uscire dal CIE di Caltanissetta e chiedono anche per loro la libertà. Due di questi intendono rimanere in Italia, gli altri vogliono raggiungere le loro famiglie in altri paesi d’Europa.
“Sono stressati, sfiduciati, arrabbiati” dice Gabriella Guido portavoce della campagna LasciateCIEntrare dopo essere entrata ieri mattina nel CIE e averci parlato. “Si rivolgono alla politica, alla stampa, alle associazioni per chiedere perché siano trattenuti così a lungo in quelle strutture – in condizioni invivibili - senza avere un’idea dei tempi di detenzione. Sognavano l’Italia come luogo di accoglienza. O semplicemente di transito, per arrivare in Europa”.
Nel resto del paese il tema dei CIE è all’ordine del giorno. In particolare, sulle strutture di Gradisca, in Friuli Venezia Giulia, il deputato del M5S Lorenzo Battista ha presentato un’interrogazione parlamentare d’urgenza al Ministro Alfano, chiedendo che il CIE chiuda definitivamente, a causa delle malsane condizioni nel quale versa.
A Milano, dopo un primo svotamento del CIE di Via Corelli, seguito all’ennesima rivolta dei trattenuti, l’Assessore al Welfare del comune ha indirizzato al Governo la richiesta che la struttura non venga riaperta e venga trasformata in un centro di gestione delle emergenze sociali.
Mentre a Torino i consiglieri di SEL, Marco Grimaldi, Michele Curto e del PD Lucia Centillo, Domenica Genisio, Michele Paolino, Mimmo Carretta, Marta Levi e Laura Onofri hanno presentato una proposta di mozione per chiudere il CIE di Corso Brunelleschi. La denuncia è partita da suor Anna del Centro di via Santa Maria Mazzarello che, dopo aver visitato il Cie il 21 dicembre scorso, aveva urlato la sua rabbia per la sofferenza e l’umiliazione che aveva testimoniato tra quelle mura.
La mozione chiede “a tutte le istituzioni, dal prefetto al Parlamento Italiano, che i Cie vengano superati perché sono un’esperienza fallimentare; che siano anzi definitivamente chiusi al fine di non reiterare una inqualificabile violazione dei diritti umani oltre che uno spreco di risorse pubbliche”.
“I dati che abbiamo raccolto sul Cie – spiegano i consiglieri – dicono che un trattenuto su tre usa ansiolitici e antidepressivi e che il costo sostenuto per l’ampliamento di tre anni fa che è costato 14 milioni di euro ossia 78mila euro a posto letto”.
E’ di pochi giorni fa, inoltre, un video che mostra le condizioni del centro; dopo la diffusione delle immagini, la Prefettura ha iniziato a svuotare il centro.