Minori stranieri non accompagnati, i comuni siciliani denunciano: “Non abbiamo più soldi, né posti per accoglierli”. Eppure le famiglie affidatarie ci sono, ma nessuno le vuole
Con l’arrivo della primavera, sono ripresi gli sbarchi sulle coste italiane a una intensità senza precedenti. Si parla infatti di oltre 10.500 migranti arrivati da inizio anno, rispetto ai poco più di 700 dello stesso periodo del 2013. Un fenomeno che sembra essere stato relegato a una semplice questione di numeri da aggiornare: eppure dietro ogni numero c’è un nome, una storia, una vita che lo stato italiano ha la responsabilità di tutelare. Cosa sta facendo, di concreto, il governo per far fronte a questa emergenza?
Un servizio del TG2, mandato in onda nella serata di domenica 23 marzo, denunciava la drammatica situazione riguardante l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati arrivati ad Augusta, comune in provincia di Siracusa, dove solo nella giornata di venerdì scorso, 21 marzo, sono sbarcati 261 minori senza famiglia. Di questi, 145 sono stati provvisoriamente collocati presso il palasport della frazione di Brucoli. E a perdere sono tutti, dagli stessi ragazzi “accampati” in evidenti condizioni di disagio, per finire con la popolazione locale, privata degli spazi adibiti al gioco e agli allenamenti sportivi per i bambini.
Secondo la legge italiana, i minori andrebbero presi in carico dal comune di approdo: peccato che, in questo caso, l’amministrazione di Augusta sia stata sciolta per mafia e commissariata, e su di essa gravi un debito che si aggira intorno ai 45 milioni di Euro.
A fronte di una situazione del genere, viene inevitabilmente da chiedersi perché nessuno abbia pensato a contattare le organizzazioni che sono impegnate in prima linea per dare un’accoglienza “giusta” ai tanti piccoli e giovani profughi arrivati in Italia dopo odissee inenarrabili. Perché nessuno si serve di quel grande patrimonio di risorse umane e di idee rappresentato dalle associazioni e dalle organizzazioni non-profit?
È bastato che Ai.Bi., nei pochi mesi di vita del progetto Bambini in Alto Mare, lanciasse un appello per l’affido dei piccoli profughi, per raccogliere l’adesione di ben 1200 famiglie, che si sono date disponibili ad accogliere in casa propria un minore straniero non accompagnato. E il numero cresce di giorno in giorno. Si tratta peraltro di una disponibilità non facile da dare, perché i minori sono per lo più maggiori di quattordici anni, e hanno alle spalle – come si può immaginare – storie difficili. Una disponibilità che va naturalmente verificata secondo un preciso percorso valutativo e di formazione, ma che la dice lunga sullo spirito di accoglienza delle famiglie italiane.
Uno spirito che spesso le spinge a ospitare questi ragazzi assumendosene in pieno l’onere, anche in senso economico, quindi con grande risparmio per lo stato. Un particolare, questo, che in tempi di “spending review” dovrebbe sollecitare la politica – e specialmente l’attuale premier, Matteo Renzi, sensibile alla questione “risparmio” – a un pronto intervento. E invece le istituzioni non sembrano interessate ad attivarsi per rispondere concretamente all’emergenza con una soluzione di questo tipo.
Perché, stante la crescente difficoltà dei comuni siciliani a dare adeguata accoglienza ai minori stranieri senza famiglia,nessuno pensa di rivolgersi agli attori del privato sociale? Il comune di Messina, con cui Ai.Bi. ha stipulato un accordo per l’affido di minori stranieri non accompagnati, ha dato certamente prova di lungimiranza: grazie a questa collaborazione, oggi sono già 7 i minori strappati ai centri di accoglienza e dati in affido a coppie siciliane, accolti fra mura confortevoli, quasi come figli. Ma sono solo una goccia in un mare, specie in prospettiva di un ulteriore aumento degli sbarchi nei prossimi mesi.
D’altro canto, con la recente apertura di uno sportello informativo ad Agrigento, Ai.Bi. sta compiendo tutti gli sforzi possibili per allargare la propria rete di accoglienza. Ma a prezzo di quali inutili fatiche, intoppi burocratici e sprechi di risorse?
Quindi la domanda – che è sempre la stessa, da tanto, troppo tempo – gira e rigira, risale ancora una volta la piramide del potere per giungere al Ministero degli Interni e della Presidenza del Consiglio: quanto bisognerà ancora attendere per vedere istituita una cabina di regia capace di rispondere efficacemente all’emergenza e di porre le basi per rivedere il sistema dell’accoglienza in Italia?
Molti di questi minori, rimasti senza genitori, non chiedono che di essere accolti come figli: a fronte di un crescente numero di amministrazioni locali che denunciano carenza di risorse e posti disponibili per ospitarli, perché nessuno pensa di attivare quella risorsa assai preziosa – anche per lo stato italiano – che è la famiglia?
fonte: AiBi