Il progetto migratorio rappresenta l’impulso, la capacità di organizzare,la decisione di abbandonare qualcosa e partire verso altro, le scelte che precedono la partenza, il viaggio, l’arrivo, l’iniziare qualcosa altrove. La scelta però non sempre è chiara.
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L’attenzione, infatti, sembra focalizzarsi più sul come arrivare piuttosto che sul cosa fare all’arrivo. All’arrivo le storie si diversificano: lavoro nero, lavoro ai semafori, cercare di regolarizzarsi e il più delle volte si finisce nella rete dell’illegalità in maniera più o meno pesante.
I minori sembrano concentrati verso la ricerca di strategie di sopravvivenza, di modalità per mantenere la famiglia, per essere all’altezza d quanto questa si attende da loro, o anche solo per trovare opportunità e condizioni di vita migliori rispetto a quanto lasciato.
Il guadagno facile, veloce e illegale, è per alcuni una risposta allettante a queste aspettative, più redditizio anche se più pericoloso, meno pesante e frustante rispetto all’inserimento nel mondo del lavoro. La mancanza di una rete di accoglienza forte nel progetto migratorio rende i minori, che soprattutto fuggono dalle grandi città senza il consenso della famiglia, laddove il contesto familiare è già provato e disgregato da motivi interni, facili prede della marginalità e delle reti criminali.
LEONARDO CAVALIERE