Bambini Migranti

Se pensi ai piccoli migranti, d’istinto li immagini eroicamente in braccio a qualche divisa della guardia costiera o della marina militare, frastornati ma vivi.
Oppure pensi, impressionato dalle drammatiche notizie degli ultimi giorni, ai giovani profughi soffocati insieme ad altre decine di sventurati nella stiva di una delle tante carrette del mare.
Ma se quei piccoli li hai visti e conosciuti, agli occhi salgono le immagini
dei loro sguardi persi e dei loro incerti sorrisi grati. I più sono arrivati in barca, dopo aver attraversato deserti e dolori, dopo essere stati abusati, violati rinchiusi. Derubati nella fuga di qualsiasi bene: documenti, affetti, legami e innocenza.

Sono sopravvissuti a tutto: guerre, dittature, persecuzioni, prigionia, torture. Hanno sconfitto sete, fame e fatiche. Ma non la paura. Che li accompagnerà, come una nostalgia. Come l’ennesima cicatrice. Se pensi ai piccoli profughi appena approdati pensi ai loro sguardi interrogativi, nè tristi nè lieti, se non a tratti. Stupiti, preoccupati, increduli. Vuoti più che pieni. Si riempiono col tempo e con la cura; ma a volte non c’è tempo e sovente non c’è traccia di cura. Si viene scaricati in un porto sconosciuto di cui non si riuscirà neppure a memorizzare il nome, frugati da guanti di lattice senza nessuna spiegazione e poche incomprensibili parole filtrate dalla mascherina anticontagio
Rinchiusi insieme ad altri dieci o cento, in campi di calcio, tende di fortuna, palestre, stazioni o chiese.Si mangia male, si gira scalzi e sporchi, non si conosce la propria sorte nè quella dei cari lasciati a casa o sul mare. Poi ti porteranno su autobus, treni, navi. A volte ancora senza scarpe nè parole e ti consegneranno ad altre mani (guantate o nude) e poi ti metteranno in una stanza,
Ti faranno mille domande e forse anche i raggi del polso perchè sei troppo alto per essere minore e non ti credono nè ti capiscono.
Nessuno mai ti chiede cosa vorresti per te. Ma un giorno, se saprai resistere e se avrai fortuna oltre che pazienza, forse
troverai un posto che sembrerà una casa, ti parleranno nella tua lingua ti spiegheranno delle regole e ti chiederanno le tue aspirazioni. Ti daranno sorrisi e futuro.
Forse gli occhi di questi piccoli (anche se alti quasi due metri) si riempiranno di nuovo di speranza, curiosità letizia.
Forse.
Quando pensi ai giovani profughi, ai minori adolescenti non accompagnati o ai
neonati siriani o africani in braccio ai genitori, pensi anche a quel forse. E li immagini di nuovo sorridere.
Alessandra Ballerini - Corrieredellemigrazioni
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