CARA,
ricordo che iniziava così la mia
prima letterina di quando ero bambino dedicata ad una bimba di cui mi ero
innamorato. Ho sempre associato questa parola ad un momento piacevole, bello e
pieno di speranza.
Oggi, dopo la visita al C.A.R.A.
di Castelnuovo di Porto questa parola assume un significato differente, interruzione
del proprio sogno, luogo terribile in
cui viene uccisa la speranza.
Non riesco a togliermi dalla mente
quegli occhioni grandi, neri, interrogativi e timidi di quella bimba che sembrava dirmi, perché devo stare qui,
perché in questo posto, cosa ho fatto di male, posso venire a giocare con la tua
bambina, con la palla, a correre per il parco, a colorare, a far finta di
cucinare?
Mi chiedo e non riesco a
spiegarmi perché, perché tutta questa inumanità.
Non eravamo il paese della brava
gente, della gente ospitale, della gente che avrebbe dato il cuore pur di
ospitarti nel migliore modo possibile?
Girando per i corridoi del
centro, mi chiedevo perché, come è possibile che persone che sono scappate
dalla guerra, dalle persecuzioni, che avrebbero diritto alla tutela di
rifugiato debbono vivere in queste condizioni?
Tornando a casa, non nascondo che
mi sono fatto un lungo pianto, sarà perché sono papà, perché darei anche
l’anima per mia figlia, perché sono più sensibile o sarà perché mi esplode una
rabbia nel vedere queste cose.
Devo fare qualcosa, dobbiamo fare
qualcosa perché a partire dai nuclei
familiari con bambini vengano immediatamente inseriti in strutture adeguate, in
strutture di accoglienza degne di questo nome.
LEONARDO CAVALIERE
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