Veronique ci ha raccontato la sua esperienza a contatto con i migranti: ha deciso di aprire le porte della sua casa a coloro che ne avessero bisogno. Ha ospitato molti migranti richiedenti asilo e “irregolari”: si era formato un tacito accordo tra lei e la polizia. Lei però rischia di essere accusata di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. “Chi te lo fa fare?”, le abbiamo chiesto. “Io la prima volta che li ho visti, li ho amati tutti indistintamente. Non so perché, ma li ho amati”. Un chiaro esempio di esperienza di Vangelo per la Comunità di Calais, ma anche per tutti noi.
Siamo partiti poi per Bruxelles, dove abbiamo incontrato Loredana Marchi, operatrice presso il centro “Foyer”. Il centro di integrazione, che ha una matrice cattolica e protestante, ha due pilastri educativi: la scuola e la formazione delle donne migranti. Tuttavia ci si è resi conto di come la sola educazione alle donne non bastasse: l’emancipazione della donna non faceva altro che creare delle separazioni e dei divorzi all’interno della famiglia. Quello che si sta cercando di creare è anche un posto in cui gli uomini possano provare delle attività “femminili”, come cucinare e cucire, per far loro capire che non esistono mansioni da uomini e mansioni da donne. L’arma attraverso cui si vuole educare è il dialogo.
Loredana ci ha lasciati dopo il nostro brevissimo incontro con queste parole: “non imitate il modello educativo di Foyer. Costruitene uno nel vostro territorio secondo le disponibilità e le esigenze del popolo migrante”.
L’ultimo incontro prima della partenza è stato con il segretario episcopale della commissione della migrazione in Belgio, Padre Mark Butaye. Ci ha spiegato come molte parrocchie di Bruxelles si siano attivate per poter ospitare migranti che hanno fatto la richiesta d’asilo. Non solo, anche molte famiglie hanno deciso di aprire le loro porte. I clandestini, tuttavia, non sono tollerati in Belgio: vengono rimandati in poschissimo tempo nel loro paese d’origine. La Chiesa belga si sta battendo perché il rientro possa essere allungato il più possibile (magari per poter finire l’anno scolastico) e quindi partire con un bagaglio scolastico e culturale più ampio.
“Accogliere vuol dire prendersi tutto in carico, come il buon samaritano” ci ha raccontato. Questo vuol dire non solo che dobbiamo conoscere la sua storia e il suo passato, ma che se vogliamo veramente accoglierlo, dobbiamo “farci carico di tutta la sua famiglia, i suoi amici e tutte le persone che verranno dopo”. Un’accoglienza a 360 gradi.
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I Minori Stranieri non Accompagnati
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