Balza agli occhi in questi giorni di forte apprensione circa
la situazione politica estera, la massiccia presenza di “stranieri”. Tra questi, come continuano ad affermare le fonti ufficiali nazionali ed europee,
molti minori stranieri non accompagnati. Minori, per lo più ragazzini diremmo,
senza genitori o figure parentali o adulte che possano “accompagnarli”. Una
figura adulta di riferimento che possa essere guida, mentore e, stante la
situazione precaria, soccorritore. Purtroppo questi minori sono alla mercè
anche di squallidi traffici, di cui si ha certezza nei numeri dalle stesse
agenzie citate.
Chi rimane, fa “numero”. Si contano.
Ma cosa ne è di loro? Una felice collocazione in una qualche
struttura educativa, alcune autorevoli e ben organizzate, alcune inserite in
reti commerciali fatte di numeri e tornaconti, con bassi investimenti in
termini di organizzazione tese al massimo profitto.
Lo sappiamo perché lo
conosciamo dai media, che ci mostrano ragazzini in fila in cortili cintati da
fili spinati… ma la memoria si sta spegnendo obnubilata dalla paura che, i
media, non mancano di servirci.
Senza speranza. Senza speme questi ragazzini sono gettati
nel limbo dantesco, privati di uno sguardo si posi sul loro presente non c’è
possibilità per costruire un loro futuro.
Questi ragazzi debbono avere un accudimento specifico, con
percorsi educativi che racchiudano una progettualità riparativa dei traumi subiti
a causa del viaggio migratorio e a sostegno della fatica all’adattamento al
nuovo contesto “sociale”.
Perché farlo? Per avere un facile consenso popolare, con la
logica spiccia della paura, direi per prevenire “esiti psichiatrici in età
adulta”. Cioè? Per ricordare le immagini che ci sono state proposte dall’
“attacco di uno straniero” su un treno in Germania, direi: per evitare questo.
Sono noti gli esiti di anni di studi da parte di unità
ospedaliere circa gli esiti psichiatrici
in età adulta, a seguito di traumi infantili.
Occorre fare ricorso non solo a psichiatri e pastiglie
(necessarie all’occorrenza), ma tutte quelle prassi sapienti che gli educatori
esperti, pedagogisti, antropologi e sociologi hanno negli anni verificato
essere utili alla riparazione dei traumi.
Le parole curano e quanto ci sono le parole, ci sono
relazioni. La chiusura, il confinare il problema entro recinti più o meno con
filo spinato non ripara da eventi futuri che la letteratura medica psichiatrica
ha già previsto.
Prendersi cura di minori stranieri non accompagnati allora serve
a tutti noi per avere in un futuro una società meno pericolosa.
Dott.ssa Elena
Crestani – collaboratrice dell’Università di Ferrara circa lo studio della
tematica dei Minori Stranieri Non Accompagnati
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