Egiziani e afgani sono i minori che, giungendo in Italia da soli, dunque 'non accompagnati', sono esposti al rischio di cadere nella rete dello sfruttamento.

Lo denuncia Save the Children nel nuovo dossier 'I piccoli schiavi invisibili', in collaborazione con l'Associazione On the Road -Consorzio Nova.

Sono 6.340 i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia: Afganistan, Tunisia, Egitto e Marocco i principali paesi di provenienza.

I ragazzi egiziani, spiega Save the Children, giungono in Italia con una ''forte determinazione a lavorare per contribuire al proprio sostentamento e a quello delle famiglie che, d'altra parte, pagano ai trafficanti cifre notevoli, anche fino a 8 mila euro, per garantire loro il viaggio verso il nostro paese''.

Alla ricerca dunque spasmodica di un lavoro i minori egiziani, come rilevato da Save the Children attraverso le sue attivita' di protezione di almeno 5.850 minori migranti non accompagnati fra il 2010 e il 2011, possono finire in circuiti di sfruttamento lavorativo, per esempio nel settore ortofrutticolo con 'guadagni' giornalieri di pochi euro, o cadere vittime di organizzazioni criminali per essere sfruttati nello spaccio di sostanze stupefacenti.

L'Italia, conclude Save the Children, ''si conferma un paese di transito per i minori afgani, spinti a partire dall'Afghanistan o dal Pakistan o dall'Iran, dove spesso le loro famiglie decidono di rifugiarsi per sottrarsi alla guerra. Pur di raggiungere la meta, cioè il più delle volte i paesi del Nord Europa, sono disposti a tutto: vivere in strada, fare lavori pericolosi e non retribuiti fino anche a prostituirsi o compiere attività illegali''.

PICCOLI SCHIAVI INVISIBILI

Egiziani e afgani sono i minori che, giungendo in Italia da soli, dunque 'non accompagnati', sono esposti al rischio di cadere nell...

Nel comune di Milazzo, “l'accoglienza” dei Minori Stranieri non Accompagnati paga due euro e mezzo al giorno a persona.
La cittadina Siciliana “campione di accoglienza” ha vinto la “gara di solidarietà” lanciata dal Ministero delle Politiche sociali per ospitare i MSNA. Infatti, dal 12 luglio u.s. Vengono “ospitati” circa una ventina di giovani scampati miracolosamente a fame e guerre che stanno lacerando il continente Africano.
Il sindaco, Carmelo Pino, “dalle idee un po' confuse” in quanto a capo di una coalizione che unisce finiani e sinistra radicale, passando per ex forzisti, autonomisti, centristi di varia natura e Pd, con entusiasmo dice: “Siamo uno dei pochi comuni in Sicilia che hanno offerto la propria disponibilità a far parte del piano di evacuazione dell’isola di Lampedusa approntato dal governo, in collaborazione con la Protezione civile, portando avanti un’alleanza con il terzo settore”.
L'eccesso di solidarietà, la bontà, l'ospitalità di questa “colorita e assortita” amministrazione comunale viene fatta pagare cara alla Coop. Utopia, che ha in affidamento i minori immigrati. Infatti, la “colorita e assortita” amministrazione in tempi record vista la rilevanza del progetto ha concesso sempre per la Su richiamata “Solidarietà, bontà ed ospitalità” un immobile di sua proprietà a titolo di comodato d'uso gratuito!!!
Ma magari!!!!!
I filantropi del comune hanno autorizzato in men che non si dica la “locazione transitoria” di due unità abitative con una superficie utile coperta di 380,96 mq, più 198 mq di cortile e 36,98 di balconi e terrazzo.
Utopia, che riceve 67 euro al giorno per ogni minore, dovrà versare al Comune un canone mensile di 1.501,96 euro, con “rate anticipate”. Moltiplicato per i cinque mesi di durata del contratto (dall’1 agosto al 31 dicembre 2011), l’“accoglienza” dei giovani immigrati consentirà entrate nelle casse comunali per 7.502 euro, denaro che sarà decurtato dagli interventi a loro favore (cibo, servizi, formazione, ecc.). Due euro e mezzo in meno per ogni minore al giorno in nome della solidarietà al contrario, non quella del dovere morale degli enti locali a cofinanziare l’ospitalità dei rifugiati ma quella dei migranti “accolti” per contribuire a ridurre i deficit finanziari.
Ritengo non sia degno dello spirito di accoglienza dei milazzesi che invece di mettere gratuitamente a disposizione dei ragazzi le strutture necessarie al loro ricovero, il Comune si faccia pagare per ospitarli”, afferma Antonio Isgrò, consigliere comunale di Sinistra Ecologia e Libertà.
In virtù del fatto che il piano di risanamento economico dell’ente, recentemente approvato, impedisca di dare gratis in comodato i locali di sua proprietà, assistiamo all’indecoroso trattamento riservato alla cooperativa Utopia che, nonostante la difficile e impegnativa presa in carico per la permanenza dei giovani africani, si vede costretta a pagare pure un esoso canone al Comune. In sede di discussione dell’atto, avevo presentato un emendamento che proponeva di concedere gratuitamente l’uso dei locali comunali per le finalità sociali. Il parere negativo dei dipartimenti furono una delle ragioni che mi spinsero a non votare il piano. Il tessuto sociale milazzese non può permettersi di chiudersi in dannose restrizioni che vanno contro il semplice buon senso”.
Dal canto loro, i MSNA per ricambiare alla filantropia di questa amministrazione pro-immigrati ha annunciato per voce degli amministratori che avrebbero compiuto delle prestazioni “volontarie” a favore dell’ente locale.
Pronto è apparso, in data 2 agosto, sul sito del Comune di Milazzo il comunicato:
Bonificata l’area monumentale all’interno del Gran Camposanto”.
L’intervento di pulizia straordinaria – prosegue la nota - è stato eseguito però dai giardinieri comunali e dai 27 ragazzi (7 sono ospiti a Santa Lucia del Mela n.d.a.) provenienti dai paesi del Nord d’Africa che da alcune settimane si trovano nella città del Capo. Muniti di rastrelli, pale ed altri strumenti per la rimozione delle erbacce, i ragazzi hanno lavorato con grande impegno e con grande entusiasmo, nonostante il gran caldo, restituendo decoro ad una zona che deve essere mantenuta in queste condizioni”.
Infine il commento dell’assessore all’ambiente, Maurizio Capone, “promotore dell’iniziativa”: “Si tratta di un momento di apertura della nostra città a questi ragazzi al fine di favorire quel processo di integrazione che è stato richiesto alle località che li accolgono. Si tratta in prevalenza di giovani, rimasti orfani e in condizioni economiche difficili, ma con tanta volontà di fare qualcosa per la comunità che li ospita anche per imparare un mestiere. Adesso contiamo di organizzare altre iniziative legate sempre al miglioramento dell’arredo urbano e al decoro di Milazzo. Quanto alla bonifica del cimitero ritengo che fosse una necessità visto che da anni non veniva fatta”.
Come se non bastasse gli “ospiti” migranti sono stati utilizzati per la pulizia di aiuole e antiche scalinate della città.
Sarebbe divertente, se non fosse drammaticamente triste, indagare con chi, nella circostanza, si siano integrati i nostri giovani ospiti e, tuttavia, i fatti dimostrano la leggerezza, la superficialità e l’assoluta mancanza di sensibilità del nostro primo cittadino e dei suoi sodali”, ha commentato l’avvocato Giovanni Formica, presidente di DeM – Democratici e Milazzesi, già candidato a sindaco per il centro-sinistra. “Siamo cresciuti nel convincimento che l’integrazione fosse un processo che si nutre dello scambio e del confronto tra le culture, che alimenta la conoscenza e conduce all’apprezzamento dell’altro ed invece impariamo oggi che si raggiunge in un cimitero a suon di pale e rastrelli”, aggiunge Formica. “Il nostro gruppo consiliare ha formalizzato un accesso agli atti del Comune per verificare se tra le attività di accoglienza siano previste quelle nelle quali sono stati impiegati i minori e se, conseguentemente, siano state assicurate tutte le tutele alle quali ha diritto chi svolge un’attività lavorativa per conto di una Pubblica Amministrazione”.
Dal canto suo, la Cooperativa sociale Utopia respinge ogni addebito difendendo il proprio operato.
La nostra è una struttura-ponte”, cioè un centro di prima accoglienza dove i minori provenienti da Lampedusa risiederanno per lo stretto tempo necessario ad individuare alloggi definitivi”, spiega Francesco Giunta, presidente di Utopia.
La creazione delle strutture-ponte per l’accoglienza temporanea dei minori stranieri non accompagnati nasce a seguito delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3933 del 13 aprile 2011 e n. 3048 del 20 giugno ed in conseguenza dell’enorme afflusso di migranti (più di 2.000 minori) in Sicilia. I nostri ospiti sono di età compresa tra i 14 e i 17 anni e provengono in buona parte da Mali e Ghana, ma anche da Ciad, Burkina Faso, Benin, Senegal e Costa d’Avorio”. “Attorno a questa esperienza – aggiunge Giunta - si è attivata una rete di solidarietà che ha coinvolto alcune parrocchie e associazioni locali, la Chiesa Evangelica, i Servizi della Medicina di base dell’ASL, l’Agesci, il Centro Sportivo Italiano, decine di giovani e meno giovani che hanno chiesto di dare una mano, hanno portato indumenti e generi alimentari”.
I nostri ragazzi non stanno svolgendo alcuna attività lavorativa in senso stretto, perché quelle svolte assieme ai giardinieri del Comune sono per noi attività di educazione al lavoro che hanno esclusivamente degli obiettivi formativi. Sono esperienze che io chiamerei di cittadinanza attiva, in termini di puro volontariato. Perché non comprendere che i nostri amici dalla pelle scura hanno un forte desiderio di sentirsi protagonisti di attività che in parte conoscono e che in parte potranno contribuire ad accrescere il loro patrimonio di esperienze personali? Tranquillizziamo infine sugli aspetti amministrativi ed assicurativi. L’attività di accoglienza presso la struttura-ponte è gestita in stretto collegamento con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e monitorata costantemente dall’associazione umanitaria Save the Children”, spiega il Presidente di Utopia.
Sarà, ma a noi di minoristranierinonaccompagnati.blogspot.com non ci sembra affatto il modo corretto per ACCOGLIERE dei MSNA che avrebbero necessità di veri “percorsi educativi e formativi”.

ACCOGLIENZA A PAGAMENTO

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Presentati al sindaco di Mazzarino (Tp), i nuovi minori rifugiati politici arrivati in citta' dal centro di prima accoglienza di Pian del lago di Caltanissetta ed ospiti dell'associazione ''I Girasoli''. Da 15 minori, ospiti allo stato attuale presso l'associazione ''I Girasoli'', si e' passati da giovedi' a trenta minori. ''Sono il vostro papa', il vostro tutor legale- ha detto il sindaco Vincenzo D'Asaro ai 15 minori- di tutto quello che farete ne rispondero' io, sono fiducioso in voi e speriamo che si possa aprire una nuova pagina della vostra vita, sicuramente qui troverete la giusta accoglienza''. 

Altri 15 MSNA ospiti a Mazzarino(TP)

Presentati al sindaco di Mazzarino (Tp), i nuovi minori rifugiati politici arrivati in citta' dal centro di prima accoglienza di Pian de...


L'accordo con il governo di Kuala Lumpur è naufragato. Lo scorso 8 agosto, l'Alta Corte d'Australia ha deciso la sospensione a tempo indeterminato dei trasferimenti di rifugiati verso la Malaysia, frutto di un controverso accordo tra i due Paesi per risolvere il problema dei flussi di migranti irregolari. Un duro colpo per la premier laburista Julia Gillard, ormai ai minimi della popolarità, e per il governo australiano che tenta da tempo di cavalcare soluzioni "deterrenti" che scoraggino i profughi a partire. La Malaysia, che non ha firmato la Convenzione di Ginevra per i rifugiati, avrebbe dovuto costituire l'ultima frontiera per i people-boat, impedendo lo sbarco in Australia. L'esternalizzazione della questione immigrazione, però, resta l'asse della politica nazionale. Così, dopo lo stop dell'Alta Corte, il governo di Canberra si è rivolto alla vicina Papua Nuova Guinea. Ieri, con la stretta di mano tra l'Alto commissario australiano in Papua Nuova Guinea Ian Kemish e il ministro degli Affari esteri e dell'immigrazione Ano Pala, si è conclusa la trattativa tra i due Paesi: in cambio di cospicue sovvenzioni, nell'isola di Manus sorgerà un nuovo centro di detenzione per richiedenti asilo.

Il progetto, però, non vedrà la luce prima di molte settimane, come confermato dal ministro dell'immigrazione australiano Chris Bowen alla radio Abc. Secondo il responsabile, inoltre, «nella struttura non si prevede alcun intervento di agenzie internazionali come l'Unhcr», l'Agenzia Onu per i rifugiati. L'importante è che «l'Australia giochi un ruolo nell'amministrazione del centro». Sull'isola di Manus, in realtà, era stata già costruito un centro di detenzione tra il 2001 e il 2004 durante il governo del premier austrialiano John Howard. Dieci anni dopo, la gestione dell'immigrazione illegale si è fatta di prima importanza nonostante i numeri degli arrivi siano irrisori rispetto alla popolazione dello Stato federale. Sono meno di duemila i visti concessi nei primi sei mesi di quest'anno dal governo australiano, mentre i tempi per la concessione dello status di protezione internazionale si sono enormemente allungati: il periodo di detenzione nei centri è passato dalla media del 2009 di 103 giorni, ai 316 dei primi sei mesi del 2011.

L'attesa si innalza a 413 giorni per i cittadini dello Sri Lanka. Secondo i dati del ministero dell'Immigrazione, nel 2010 sono arrivati in Australia 134 barconi, che trasportavano 6.535 persone. Fino all'aprile scorso, gli arrivi sono stati appena 16, per un totale di meno di mille persone. Si tratta di cittadini afgani, iraniani, pakistani e cinesi. Quest'ultimi, poi, in visibile crescita come ha dimostrato il recente Rapporto sui cinesi d'oltremare 2011, il cosiddetto libro blu, che ha individuato nell'Oceania la meta del 90 per cento degli immigrati del Colosso asiatico. Il traffico di esseri umani, inoltre, sta interessando un numero sempre più consistente di minori non accompagnati, spesso fatti partire su imbarcazioni il cui equipaggio è quasi esclusivamente composto da giovanissimi. Anche Amnesty international è intervenuta di recente per ridimensionare il problema: «Rispetto al resto del mondo, il problema dei migranti in Australia è veramente poca cosa, meno dell'1 per cento del totale dei profughi e i numeri sono in diminuzione».

Ciononostante, il trattamento riservato agli stranieri irregolari segue un modello che predilige l'alta concentrazione delle persone in luoghi circoscritti e che costa allo Stato oltre 800 milioni di dollari ogni anno. Sono 23 i centri di detenzione obbligatoria nati sul territorio, il più grande dei quali a Christmas Island, nell'Oceano indiano, in cui sono costrette quasi 800 persone, ben il doppio delle possibilità di capienza della struttura. In totale, al 30 giugno scorso, sono 6.403 gli immigrati chiusi in regime di detenzione in attesa di una risposta dalle commissioni che valutano le procedure d'asilo. Perfino il responsabile dell'Australian medical association, la maggiore associazione di medici del Paese, è finito su tutte le pagine dei quotidiani australiani per aver apertamente denunciato, durante una cena istituzionale alla Great hall del Parlamento, le disumane condizioni di detenzione nelle strutture. «Il sistema è intrinsicamente dannoso, specialmente per i minori», ha dichiarato Steve Hambleton di fronte all'uditorio di politici. Suicidi, atti di autolesionismo, disturbi fisici e psicologici sono sempre più frequenti e documentati nei report del personale medico. Secondo le testimonianze raccolte da Gerry Georgatos, medico e ricercatore, «le condizioni di detenzione dei migranti sono peggiori di quelle che si trovano nelle nostre prigioni». (TERRA)

Nei centri dei migranti è dramma per i bambini

L'accordo con il governo di Kuala Lumpur è naufragato. Lo scorso 8 agosto, l'Alta Corte d'Australia ha deciso la sospensione a...

Osman, nome fittizio, ha tredici anni ed è uno dei centinaia di minori stranieri non accompagnati che vengono «ospitati» nella ex base Loran a Lampedusa o nel Cara di contrada Imbriacola. La sua è una storia emblematica, che abbiamo raccolto tra le tante e che rappresenta, meglio di qualunque ragionamento politico, lo stato delle cose. Osman è di origine eritrea, e la sua famiglia lavorava a Tripoli da quando lui è nato. I genitori non gli hanno mai raccontato come fossero arrivati li, ma da alcuni accenni e ricordi di famiglia, affiora un viaggio pericoloso e difficile, in cui aveva perso la vita suo fratello maggiore. Ora quel viaggio mortale è toccato anche a lui, come una nemesi per non si sa quali colpe. Osman è arrivato in Italia dalla Libia una ventina di giorni fa, imbarcato a forza da qualcuno che voleva liberarsi della sua famiglia e spedirlo, come una «bomba biologica» dall'altra parte della costa. Osman non era solo all'inizio di questa drammatica avventura: aveva vicino il padre, che però è «scomparso» nel viaggio, mentre la madre è stata trattenuta in Libia, chissà dove. 
Quando gli si chiede la sua storia, ti dice che la tragica fine del padre non è stata causata dalle condizioni del viaggio, come per molti altri, bensì dal fatto che lo scafista lo abbia gettato in mare come esempio per gli altri «passeggeri». «Ma è un buon nuotatore si salverà», dice abbassando gli occhi. Al suo arrivo, dopo tre giorni di mare, stipato con altre 400 persone su un barcone fatiscente, è stato tratto a riva dalle Guardia costiera. Si ricorda che lo scafista ha gettato il navigatore satellitare in mare appena le motovedette li hanno avvistati, forse per non far capire da chi venivano le direttive per il viaggio. Dopo un sommario controllo sanitario sulla banchina è stato trasferito alla base di contrada Imbriacola, dove è stato identificato e poi trasferito alla ex base Loran, in questo posto circondato da filo spinato e guardato giorno e notte da personale di polizia o dell'esercito, che ha l'ordine di fare entrare solo le organizzazioni umanitarie preposte all'assistenza. Dopo l'identificazione e il trasferimento è partita la trafila umanitaria; i volontari delle organizzazioni non governative, o delle Nazioni Unite, lo hanno avvicinato ed hanno faticosamente conquistato la sua fiducia. 
Non è facile far capire ai ragazzi la differenza tra i ruoli ma, soprattutto, non è facile fargli capire che qualcuno stia ancora dalla loro parte. Dopo questo primo approccio, che è durato diversi giorni, superato il primo shock, Osman è stato informato dei suoi diritti, e sostenuto nelle scelte difficili che deve fare: vuole chiedere lo status di rifugiato politico? Sa cosa significa? È in grado di scrivere della sua condizione denunciando puntualmente le minacce alla sua vita? Sa che così facendo non potrà tornare in Libia? O vorrebbe tornare in Eritrea, dalla quale però la sua famiglia è fuggita ma lui non sa il perché? Oppure vuole semplicemente ritrovare qualche parente in Europa al quale chiedere l'affido? Sa che come minore straniero non accompagnato ha diritto a essere assistito ed a non essere rimpatriato? Ma sapere tutto questo non basta ad Osman; lui ha anche delle domande, e timidamente le pone: perché sono rinchiuso qui? Perché non posso uscire, ho commesso qualche reato? Cosa mi è successo? Perché ad un certo punto una pioggia di missili si sono abbattuti su Tripoli, perché ci hanno cacciato via? Se siete voi italiani che ci bombardate perché adesso non ci volete aiutare? Domande alle quali, in realtà, almeno parzialmente, vorrebbero poter rispondere centinaia di Comuni italiani, per disponibilità espressa formalmente anche dal Presidente dell'Anci, e che sarebbero disponibili ad attivare le loro reti di assistenza in favore di questi minori non accompagnati. Ma sulla strada di questa solidarietà dovuta, c'è un grosso problema: i fondi stanziati sono assicurati solo per quest'anno, e poi? E ancora, nell'immediato dell'emergenza sbarchi: solo pochissimi operatori hanno il diritto di assistere i minori, e dunque i tempi si allungano a dismisura e le loro domande restano inevase, spesso inascoltate, mettendo i ragazzi in uno stato di profonda frustrazione e di vera e propria deprivazione sensoriale, che li porta ad episodi di autolesionismo, di tentato suicidio, pur di «evadere» in qualche modo da queste prigioni senza nome, costretti come sono a fissare l'azzurro accecante del mare ed il dardeggiante del sole meridiano nel cielo, soli con i loro ricordi, senza poter uscire e reclusi senza aver commesso alcun reato. Raffaele K. Salinari(Presidente Terre des Hommes)

La storia di Oman, tredicenne eritreo ora a Lampedusa

Osman, nome fittizio, ha tredici anni ed è uno dei centinaia di minori stranieri non accompagnati che vengono «ospitati» nella ex base Lora...
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