Nel Pomeriggio è scoppiato un incendio di vaste proporzioni nel Centro di “Accoglienza” di Lampedusa(foto), dove sono stipati oltre 1300 immigrati.
Non era difficile prevedere che prima o poi, in un Lager come quello di Lampedusa, a causa del sovraffollamento, della promiscuità tra adulti, minori, nuclei familiari e donne sole e delle forte tensioni che ciò provoca, sarebbe scoppiata una rivolta di tali proporzioni.
Il rogo è stato appiccato da immigrati che ormai da tempo erano esasperati “ospiti” della struttura.
Ormai unico metodo per far sentire la propria voce e far conoscere alla classe politica e alla popolazione indifferente le problematiche dell'”accoglienza”. Non è la prima volta che il centro di accoglienza viene dato alle fiamme. Un episodio analogo, con danni consistenti
alla struttura, si era registrato anche nel febbraio del 2009.
alla struttura, si era registrato anche nel febbraio del 2009.
Gli extracomunitari, da giorni, anzi da mesi stanno protestando per chiedere il trasferimento “in continente”, in strutture di vera accoglienza.
Circa 800 gli immigrati erano riusciti a fare perdere le loro tracce ma sono stati rintracciati dai carabinieri in vari luoghi dell'isola.
La nube di fumo sollevatasi ha investito anche il centro abitato, arrivando fin sopra l'aeroporto che è stato momentaneamente chiuso.
"Il Cie è interamente devastato, è tutto bruciato, non esiste più e non può più ospitare un solo immigrato" ha dichiarato il sindaco di Lampedusa Bernardino de Rubeis.
"Ora Lampedusa non ha più un posto. E' urgente che il governo intervenga dopo tanto immobilismo. Avevamo avvertito tutti su quello che poteva succedere ed è accaduto". E ancora: " Questo è uno scenario di guerra. C'è una popolazione che non sopporta più, vuole scendere in piazza con i manganelli e difendersi da sola, perché chi doveva tutelarla non l'ha fatto".
Gli immigrati sono stati tutti radunati al campo sportivo, sotto la sorveglianza delle forze dell'ordine, e soltanto alcuni, in serata, sono stati trasferiti con un volo militare.
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