Non accompagnati: … e dopo lo sbarco?

L’accoglienza dei minori non accompagnati in Italia, tra leggi, prassi, accertamenti d’età, rischi di sfruttamento, un sistema d’asilo carente fin dall’inizio e storie “invisibili”. L’analisi dell’Asgi in occasione della visita in Italia della relatrice speciale Onu sulla tratta di esseri umani e il “Dossier tratta 2013″ di Save the Children.
Foto: Commissione Europea.
Il pericoloso viaggio via terra, che può durare anni. La traversata del Mediterraneo. Lo sbarco. La primissima accoglienza. E poi? Che cosa accade ai minori non accompagnati che, sempre più numerosi, arrivano in Italia? L’interrogativo è emerso nei giorni scorsi, quando la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla tratta di esseri umani Joy Ngozi Ezeilo ha visitato Roma, Venezia, Torino, Palermo, Napoli, Caserta e Castel Volturno per valutare l’impatto dei provvedimenti anti-tratta adottati in Italia. All’incontro di Torino, l’Asgi ha presentato un documento sulla legislazione italiana e sulla tutela delle vittime di tratta, che comprende una sintetica sezione sui minori stranieri non accompagnati (Msna).

Il Protocollo perduto

Tutti (quasi tutti) i minori stranieri secondo la legge italiana non possono essere espulsi. Ma «se la tutela del minore straniero è senza dubbio effettiva in presenza dei genitori – chiarisce l’Asgi -, più problematica è la condizione dei minori stranieri non accompagnati. Il problema principale del trattamento loro riservato è al compimento della maggiore età, in quanto la prosecuzione del permesso di soggiorno è condizionata al verificarsi di determinati presupposti».
Però c’è dell’altro. Alcune recenti indagini di polizia su presunti traffici di Msna hanno fatto emergere in modo clamoroso il problema dell’accertamento dell’età, «che è stato effettuato ovunque con una semplice radiografia del polso: un esame che la comunità scientifica internazionale e nazionale ritiene inidoneo ad accertare l’età di una persona».
Joy Ngozi Ezeilo, relatrice Onu contro la tratta di esseri umani.
«Nel 2009, infatti, il ministero del Lavoro insieme al ministero dell’Interno chiese a un comitato scientifico di individuare un Protocollo per l’accertamento dell’età dei Msna. Il risultato fu nel senso di indicare come più corretto un approccio multidisciplinare, costituito non solo da esami radiologici (che comunque devono essere rapportati ai Paesi di appartenenza dei giovani), ma anche da una visita pediatrica e da colloqui psicologici, in presenza e con l’ausilio di personale specializzato, garantendo al minore sia l’assistenza del tutore, sia il suo consenso agli esami e concludendo, nei casi incerti, per il beneficio del dubbio e dunque per la presunzione della minore età. Tale Protocollo, tuttavia, non è mai stato applicato e ancora oggi l’età del minore straniero (o presunto tale) continua ad essere stabilita con una semplice radiografia del polso».
Un ulteriore problema riguarda la nomina del tutore. «Nella prassi italiana, per i Msna viene nominato tutore un rappresentante del Comune (in genere l’assessore alle Politiche sociali), ma questo comporta che difficilmente il tutore esercita davvero le funzione di tutela, che dunque è del tutto formale: l’assessore deve svolgere molte altre attività, e dunque la tutela viene delegata al dirigente del Servizio sociale, il quale a sua volta deve svolgere altre funzioni…», e così via. Questo per l’Asgi «rappresenta un vulnus nella effettività della tutela, che può comportare anche l’impossibilità di conoscere la condizione di soggetto trafficato e dunque di predisporre delle adeguate strategie di protezione ed affrancamento».
Ci sono infine i Msna richiedenti asilo (nell’ultimo anno, il 2012, in Italia sono stati 970). Per loro la legge prevede una particolare attenzione e tutela sin dall’inizio del procedimento di richiesta di protezione, ma nella prassi si assiste a più violazioni. I ragazzi che sbarcano sulle coste del Mediterraneo, in particolare in Sicilia, «sono spesso tenuti in strutture con gli adulti: in certi casi sono strutture “chiuse”, in altri “aperte”». In entrambe le situazioni, denuncia l’Asgi,  «viene violato l’obbligo dello Stato di collocare il minore in luogo sicuro quando è privo di genitori. Inoltre, non viene fatta immediatamente la nomina di un tutore e scarsa è anche l’informazione offerta ai minori sul diritto di chiedere la protezione internazionale». L’Asgi conclude con alcune precise richieste.
Forte della propria esperienza sul campo nelle regioni del Sud, e citando episodi specifici, anche Save the Children ha esaminato le criticità del sistema di accoglienza dei minori non accompagnati nella seconda parte di un’analisi preparata a luglio in occasione della presentazione, da parte della stessa Ong, di un disegno di legge ad hoc.

Sfruttati e invisibili

Fin qui le norme e le prassi di legge e accoglienza. Ma nel recente rapporto  I piccoli schiavi invisibili. Dossier tratta 2013 ancora Save the  Children ha indagato sui rischi di tratta e sfruttamento che, fra gli altri minori stranieri, i Msna corrono in territorio italiano: «…Ancora più invisibile è il fenomeno dello sfruttamento o del potenziale rischio di sfruttamento lavorativo di giovani ragazzi, soprattutto egiziani non accompagnati… Senza contare il numero di quei minori che “transitano” velocemente nel nostro territorio, diretti principalmente verso il Nord Europa, intenzionati a rimanere invisibili e a non entrare nel sistema di protezione nazionale, per non compromettere il loro progetto migratorio. È proprio la loro invisibilità ad aumentare il rischio di cadere nella rete di potenziali sfruttatori».
Alla fine, i più “invisibili” sono i ragazzi afgani. A Roma si fermano anche solo pochi giorni, dai 5 agli 8. Così poco che, secondo gli operatori di Civico Zero (il centro diurno di Save the Children per minori stranieri in difficoltà nella capitale), almeno sino ad oggi e pur in situazioni di vita “ai margini” e precaria non si registrano particolari casi di sfruttamento lavorativo o in attività illegali.Vie di fuga
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