I minori sono, nella presenza straniera, la realtà più promettente che racchiude in sé la speranza del futuro, senza per questo disconoscere che, collocati tra due culture, presentano non pochi aspetti problematici. Quando si tratta diminori non accompagnati, i problemi aumentano a dismisura e l’intervento legislativo fa fatica a venire a capo della questione, pur restando un imperativo la salvaguardia del superiore interesse del minore.
I percorsi e le decisioni giuridiche sono spesso tortuose ed evidenziano le difficoltà ad armonizzarsi con gli altri aspetti del sistema normativo e proprio a tal fine è d’aiuto lo studio condotto, utile per un più esauriente inquadramento di una materia quanto mai delicata, grazie al supporto offerto dai dati statistici e dall’analisi delle ricerche finora prodotte.
Il ritorno assistito degli immigrati, nella sua duplice configurazione di ritorno forzato e ritorno volontario, è approfondito facendo costante riferimento alla letteratura ad oggi disponibile sul tema, con l’obiettivo di fornire a politici, studiosi, operatori sociali, nonché agli stessi migranti e alle associazioni che li rappresentano, gli strumenti necessari per analizzare l’esperienza italiana.
Nello studio viene esaminato in particolar modo il ritorno volontario assistito a cui possono accedere soltanto alcune categorie di migranti come le vittime della tratta e i casi umanitari, i migranti in situazione di emergenza umanitaria e/o richiedenti asilo, i minori non accompagnati. Nella sua strutturazione, lo studio si propone di coprire tutte quelle dimensioni connesse al fenomeno (dimensione statistica, demografica, sociale, politica, giuridica) che in alcune occasioni hanno assunto notevole rilevanza anche nel dibattito pubblico. Per quanto riguarda il ritorno forzato, i dati rilevanti sono quelli relativi alle espulsioni, ai respingimenti alla frontiera, agli sbarchi, ai trattenuti nei Centri di Identificazione ed Espulsione (prima denominati Centri di Permanenza Temporanea) forniti in primo luogo dal Ministero dell’Interno, istituzione deputata anche al finanziamento dei ritorni volontari, affidati nella fase operativa ad organizzazioni di riconosciuta competenza nel settore della migrazione, quali l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), che si rivela pertanto una preziosa fonte di informazioni anche per l’analisi quantitativa.
Lo studio rileva un forte e progressivo aumento della pressione migratoria sul territorio italiano, in particolare sulle coste meridionali, dove nel 2008 gli sbarchi hanno registrato quasi un raddoppio (invero fortemente calato nel 2009). Un evidente cambiamento rispetto al decennio precedente si può ravvisare nei dati relativi al ritorno volontario. Se all’epoca le emergenze umanitarie pesavano per il 75% del totale dei rientrati, con la stabilità ritrovata nell’area balcanica la loro incidenza, diminuita negli anni, si è oggi esaurita e, ora, questo intervento governativo riguarda altre categorie di beneficiari.
Il paragrafo dedicato al quadro politico e normativo presenta lo sviluppo sul piano internazionale, comunitario e nazionale, della cornice normativa di riferimento. Particolare enfasi è posta sull’influenza che atti normativamente vincolanti, così come scelte ed indirizzi a livello europeo, esercitano sulla dimensione nazionale. L’attenzione è posta da un lato sull’incoraggiamento del ritorno volontario assistito (in particolare tramite la decisione 575/2007/CE che istituisce il Fondo Europeo per i Rimpatri e la direttiva 2008/115/CE) dall’altro sul controllo delle frontiere esterne (Patto Europeo su Immigrazione ed Asilo del dicembre 2008). La combinazione dei due orientamenti ha comportato nel caso italiano, in ragione degli ultimi sviluppi in materia di sicurezza (Legge n. 94/2009 conosciuta come “Pacchetto Sicurezza”), un ridimensionamento della componente del ritorno volontario assistito la cui direttiva di riferimento sembra destinata ad esplicare solo un’efficacia parziale, essendo stati esclusi dal novero dei beneficiari i migranti irregolari. Le azioni e le procedure, come viene analizzato nel paragrafo a loro dedicato, sono gestite prevalentemente da organizzazioni internazionali (OIM) o organismi non governativi a cui si aggiungono iniziative di associazioni di migranti, di centri di ricerca e di cooperazione decentrata
Il target di riferimento include soprattutto gruppi vulnerabili, vittime di tratta e richiedenti asilo, e tra le nazionalità più rappresentate i marocchini e gli albanesi. L’esperienza dell’ultimo quinquennio documenta il buon esito della maggior parte di questi programmi, sia qualora si faccia riferimento ad azioni che possono beneficiare di una certa continuità e, pertanto, di un apprezzabile grado di consolidamento e professionalità, sia qualora si considerino progetti di più piccola dimensione, che abbisognano maggiormente di incoraggiamento e supporto .
Il paragrafo su reintegrazione e sostenibilità del ritorno, completa l’analisi delle diverse fasi che compongono il ritorno e presenta un succinto sommario concernente le campagne di informazione precedenti al ritorno e le attività di assistenza destinate al migrante beneficiario dell’azione successivamente al ritorno.
Specifico riferimento viene posto, nello studio, su azioni di carattere più prettamente connesso alla politica estera di cooperazione bilaterale e multilaterale, con particolare attenzione agli accordi di riammissione ed alle intese bilaterali.
La protezione internazionale, il terzo argomento affrontato nel Rapporto, viene qui approfondita per quanto riguarda le procedure applicate in Italia in merito alla concessione di status di protezione non armonizzati a livello europeo. In Italia il sistema dell’asilo, come quello dell’immigrazione, è caratterizzato da una continua evoluzione normativa e ha conosciuto le modifiche sostanziali e procedurali più importanti proprio in questi ultimi anni, da dove emerge con chiarezza la condizione attuale del settore. La normativa europea in materia di protezione internazionale è stata attuata nei primi mesi del 2008 e ha comportato modifiche che ancora si susseguono. Indubbiamente, l’introduzione del nuovo status di protezione sussidiaria ha contribuito a migliorare il sistema, allargando le maglie della tutela e della protezione ad altre categorie di individui e recependo maggiormente l’esigenza di organicità, con la presa in considerazione di elementi diversi da quelli riconducibili allo status di rifugiato previsto dalla Convenzione di Ginevra del 1951. L’ordinamento giuridico italiano, alle due figure di status principale (il rifugiato ed il beneficiario di protezione sussidiaria), associa altre figure di tutela come la protezione temporanea e la protezione umanitaria. Quest’ultima non è riconosciuta come status, e cioè come diritto soggettivo attribuito alla persona che fa richiesta di protezione, ma come semplice autorizzazione al soggiorno per motivi di carattere umanitario. Manca una normativa nazionale specifica, che preveda modalità di rilascio, rinnovo e revoca del permesso di soggiorno per motivi umanitari, e che sancisca i diritti che ne conseguono. È indubbio che il riconoscimento dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria pongano il titolare in una posizione disuperiorità rispetto ad un immigrato con un permesso di soggiorno ad altro titolo.
Si segnala, infine, la figura della protezione temporanea, che può essere attribuita solo a seguito di un provvedimento legislativo specifico e dinanzi a un flusso massiccio di profughi. Questo intervento è pensato, quindi, nell’ottica di impedire la congestione del sistema di asilo dinanzi a un arrivo considerevole di richiedenti provenienti da Paesi dove sono sorti conflitti armati o si sono verificate situazioni che hanno determinato la fuga in massa di molti civili.
Questi i contenuti del Secondo Rapporto EMN Italia, che portano a esprimere da parte del Ministero dell’Interno un sentito ringraziamento per tutti quelli che hanno collaborato.
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