Roma, la tensostruttura che ha ospitato oltre 11 mila persone in quattro anni chiude oggi, lasciando a casa 11 operatori e senza alternative i migranti senza documenti in viaggio verso nord, nel bel mezzo del Ramadan e di una torrida estate.
Roma, la struttura che ha ospitato gli afgani in transito ai giardini di piazza Vittorio |
ROMA – Siamo a metà mattina ed è da poco partito il camion che si porta via i 150 materassi ormai inutili quando arriva una telefonata dall'assessore Danese ai servizi sociali: “Fermate tutto”. Forse c'è una proroga di quattro giorni.
Il tendone che ha ospitato dal 2011 11.346 afgani in transito (e qualche pachistano e iracheno) verso il nord Europa oggi chiude. Era una struttura provvisoria, nata per accogliere gli afgani che non avevano fatto richiesta di asilo in Italia e che generalmente si fermano pochi giorni prima di ripartire verso nord. Una tensostruttura da 150 posti nel quartiere di Tormarancia. L'ultima notte vi hanno dormito solo 16 persone, perché da quando era arrivata la comunicazione ufficiale di chiusura da parte del Dipartimento non erano stati accettati nuovi ingressi, per evitare problemi di ordine pubblico il giorno dello smantellamento definitivo. Gli altri, che arrivavano per passaparola come negli ultimi quattro anni, si mettevano a dormire fra i banchi del vicino mercato rionale, ben tollerati dai mercatali che, informati della situazione, hanno commentato “Poveri ragazzi”.
E in effetti ora si pone un problema umanitario, con la chiusura nel bel mezzo del Ramadan e 35 gradi all'ombra, le frontiere bloccate e l'impossibilità di essere convogliati alla Casa della Pace o ai centri del sistema Sprar, poiché non hanno i documenti in regola. Una delle ipotesi è proprio quella di convogliarne alcuni alla Casa della Pace, in emergenza, ma si tratterebbe comunque di una soluzione temporanea e al massimo per una sessantina di loro.
L'ipotesi di una proroga di qualche giorno sembra invece più una complicazione che altro, inutile per gli ospiti, complicata per gli operatori che hanno ormai terminato il contratto, impossibile perché nel frattempo stanno smantellando il centro, non ci sono già più coperte, materassi, estintori, e a breve anche i bagni prefabbricati saranno portati via.
Nel frattempo il punto di ritrovo per tutti è diventata piazza Vittorio: nel quartiere Esquilino alcuni connazionali hanno degli esercizi commerciali, e già ora, come segnalato dalla polizia, diverse decine di loro stazionano nei giardinetti della piazza. Il pericolo è che si crei un bivacco improvvisato più corposo di quello che c'era presso la stazione Ostiense prima che vi fosse il tendone, tirato su in fretta e furia fra la nevicata del 2011 e i lavori per realizzare lo scalo di Italo treno e Eataly.
La comunicazione della chiusura è arrivata con poche righe ufficiali lo scorso 18 giugno, dopo una riunione con il Dipartimento del Comune tenutasi ad aprile. Non è prevista una sistemazione alternativa, né una proroga richiesta dagli operatori per superare almeno il mese di digiuno religioso, il caldo estivo o ipotesi diverse. Dal 30 giugno finisce la convenzione che dava lavoro a 11 operatori della cooperativa Osa Mayor, ma contemporaneamente oggi chiudono anche i centri di Scorticabove a Tiburtina, che ospitava circa 150 sudanesi, e i centri di Torre Morena e San Cipiriello per rom, e quindi i lavoratori a spasso saranno circa una trentina. Nel frattempo è stato chiuso anche il centro per minori stranieri non accompagnati che era ospitato sempre nell'area dell'Ipab San Michele, come il tendone.
La notizia è arrivata in modo informale anche ai volontari di Medu, che si occupavano dell'assistenza sanitaria, all'associazione “A buon diritto”, che seguiva le pratiche legali dei richiedenti asilo, ma anche al Municipio VIII, avvisato direttamente dai responsabili della struttura. “Si sta facendo un danno alla città e alla sperimentazione sull'accoglienza unica nel suo genere che è stata realizzata qui, in una maniera sciatta e poco attenta alle persone, agli operatori e alle associazioni che qui si impegnano – commenta Andrea Catarci, presidente del Municipio su cui insiste il tendone -. Si stanno seminando inconsapevolmente tante situazioni di precarietà e invivibilità che qui trovavano una risposta. Questa struttura sperimentale ha evitato che i transitanti si disperdessero nei tanti insediamenti abusivi, dove queste persone si mimetizzano per non dover chiedere asilo in Italia. Noi chiedevamo il superamento di questo tendone, realizzato ai tempi della Giunta precedente, farne una struttura stabile, un centro di ascolto e supporto per coloro che non sono disciplinati da normativa specifica. Era stato individuato uno spazio, fatto un bando, trovati i finanziamenti, ma poi non se ne è fatto nulla. È un servizio che funziona, che sostiene i migranti e permette che non facciano un uso inappropriato del territorio. Poi si decide inaspettatamente di chiudere, probabilmente perché non ci sono i soldi. Togliamo un servizio che non dà alcun impatto negativo per creare situazioni di emergenza che danno fastidio ai cittadini”.
Nel tardo pomeriggio è previsto un incontro fra l'assessore alle politiche sociali del Comune, Francesca Danese, e gli operatori del centro. (Elena Filicori)
Redattore Sociale
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