Prima di
raccontare del nostro viaggio, è meglio raccontare chi siamo noi. Siamo un
gruppo molto eterogeneo, un gruppo che ha vissuto delle esperienze diverse: vi
sono due sacerdoti che da anni si stanno battendo per i diritti dei migranti,
due educatrici che sono a contatto con 4 coppie di migranti, un assessore ai
servizi sociali la cui amministrazione sta ospitando 5 ragazzi profughi, una
ragazza universitaria che sta scrivendo la tesi sulla situazione di Calais e
altre persone che sono interessate alla tematica della migrazione e che grazie
a questa esperienza vorrebbero approfondirla.
Prima tappa: Bruxelles. Dopo aver
preso due pullmini e dopo aver pranzato, siamo arrivati all’Europarlamento. Qui
ci ha accolto Chiara de Capitani, assistente dell’On. Barbara Spinelli
(rappresentante del partito politico dei Socialisti), che si occupa di asilo
politico, migrazione e terrorismo. Dopo una breve descrizione del nostro
gruppo, le abbiamo iniziato a parlare della nostra storia. In modo particolare,
le abbiamo riferito del nostro progetto di accoglienza di 5 giovani profughi
all’interno del nostro comune: i ragazzi si troveranno molto presto con un
terzo diniego, il quale li renderà invisibili, illegali, dei veri e propri
clandestini. “Come ci dobbiamo comportare? Come deve agire il Comune sapendo
che avrà degli irregolari all’interno del proprio territorio?”: sono domande a
cui il Questore e il Prefetto non hanno saputo rispondere e speravamo che la
giurisdizione europea potesse colmare questi nostri interrogativi.
Purtroppo non è così: la
giurisdizione europea non ha voce in materia, la tematica del “dopo” è di
competenza statale.
Dato questo problema la domanda sorge
spontanea: che potere ha l’UE? O meglio ancora, esiste un’UE politica?
Probabilmente no. L’Unione europea è nata ed è rimasta tutt’ora come un
trattato economico ma non ha ancora trovato una stabilità ed un equilibrio
politico. La sua gestione è in mano a grandi potenze, come l’Inghilterra, la
Francia e la Germania. Chiara ci diceva che su questione economiche (come
l’agricoltura, la pesca, la caccia…) il parlamento si trova pienamente coeso,
cosa che non succede in temi politici come quelli della migrazione.
Quanto i problemi che si discutono in
Europarlamento sono problemi del popolo? Abbiamo sentito il Parlamento molto
distante e lontano da noi, non capace di risolvere problemi con cui noi abbiamo
a che fare quotidianamente. È un’istituzione molto giovane (le prime elezioni
sono state effettuate nel 1976, ha quindi 30 anni) ma già incapace di risolvere
queste problematiche. L’UE è una neonata fragile e insicura, che ha ancora
bisogno di essere allattata e accudita.
Tuttavia Chiara, in un contesto così
disastroso, ci ha dato un segno di speranza: continuiamo a lottare nella nostra
piccola società civile, continuiamo a far politica, continuiamo a fare quello
in cui crediamo.
All’interno delle istituzioni europee insieme a Chiara de Capitani.
Nel pomeriggio inoltrato
ci siamo diretti a Calais, dove abbiamo incontrato Claire, segretaria
dell’associazione Salam (acronimo di “sosteniamo, aiutiamo, lottiamo e agiamo
per i migranti”). Salam si occupa di offrire i bisogni primari (cibo, vestiti,
acqua, doccia e toilettes) ai migranti del campo di Calais e di Dunkerque che stanno
attendendo di oltrepassare la Manica per raggiungere Dover. Ci ha colpito
moltissimo la tenacia, la passione e la grinta della volontaria: una vita
passata in aiuto di questi uomini e di queste donne, perché, come afferma lei
stessa: “credo nell’umanità. Siamo tutti esseri umani”.
Calais non ospita
migranti da qualche annetto, ma ha una grande storia di migrazione. Nel 1999 il
partito socialista ha deciso di accogliere in strutture più organizzate e umane
tutti i migranti, i quali erano arrivati intorno ai 500. Nel 2002 il numero si
è triplicato (più di 1500): Sarkozy, allora ministro degli interni, tuttavia, ha
deciso di togliere tutte le tende, pensando così di eliminare il problema della
migrazione. Ma ovviamente i migranti sono rimasti e si sono accampati nelle
dune, sotto gli alberi, nella miseria. Nel 2015 si è ottenuto una grande
vittoria politica: lo stato ha riconosciuto la disastrosa situazione nella
quale centinaia di uomini e di donne erano costretti a vivere ed ha pensato di
muovere qualcosa. È stato aperto il centro “Jules Ferry”, il quale offre una
colazione, un pranzo, una presa della corrente per poter ricaricare il
cellulare, toilettes e delle docce.
Ovviemente i migranti
all’interno del campo di Calais non sono lì per rimanervici, il loro obiettivo
è la città di Dover. Il loro mezzo di trasporto attraverso il quale
raggiungerla è il camion. In media le persone rimangono nei campi per un
massimo di 6/7 mesi, poi riescono (non si sa in quale condizione) a raggiungere
l’altra costa della Manica.
Claire, segretaria
dell’associazione Salam.
Non si fermano mai, sono
in continuo movimento. Il loro obiettivo è l’Inghilterra e il loro motto è
“Tomorrow England”.
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