La mia è una storia di conquista, speranza, sofferenza e volontà che inizia
in Gambia, un piccolo stato tropicale nel quale sono cresciuto e ho vissuto con
la mia grande famiglia e dal quale ho deciso di partire per scoprire un’altra parte del mondo.
La mia storia inizia da uno zainetto con dentro l’essenziale: due paia di
pantaloni, due magliette e una cuffia di
lana, pane secco e burro di arachidi; in tasca un cellulare vecchio modello e i
soldi nascosti nelle mutande.
Tanta la paura di non farcela, consapevole che non avrei rivisto la mia
famiglia per un lungo periodo; ma uno spirito intraprendente mi ha spinto a
mettermi in gioco e rischiare. Rischiare di non sopravvivere, di non
abbracciare più la mia famiglia, di vedere il mio futuro sfumare tra la polvere
del deserto, le onde del mare e le strade dissestate.
Proprio da qui è iniziato il mio lungo viaggio con la voglia di costruire
un futuro nuovo, un percorso di riscatto e di rinascita grazie alla volontà di
scommettere su una vita migliore.
Non posso dire che sia stato facile, ma sono stato fortunato e ce l’ho
fatta.
Il sogno e la realtà, però, sono cose molto diverse. Ho incontrato, nel mio
viaggio, tanti ragazzi pieni di speranza che avevano il mio stesso desiderio:
arrivare in Europa e, da lì, costruire una vita migliore per se stessi ma anche
per la loro famiglia. Il pensiero che dava forza era quello di poter aiutare chi era rimasto a
casa.
Quando sono arrivato in Italia, anche se il peggio era passato, sapevo che
mi aspettavano nuove difficoltà da affrontare: un posto dove stare, un lavoro
da cercare per guadagnarmi da vivere, una lingua sconosciuta da imparare. Sono molte le persone che mi hanno dato una
mano e a cui sono grato; grazie a loro sto realizzando il mio sogno: andare a
scuola e lavorare. Penso di avere fatto anch’io la mia parte, perché nella vita
non puoi soltanto pensare di ricevere, devi anche dare. Io ho messo tutta la
mia volontà e determinazione, impegnandomi a frequentare un corso per imparare
l’italiano, lavorando nello stesso tempo. Sono felice di quello che ho
raggiunto, sono felice di non essermi perso in strade che all’inizio possono
sembrare più facili e brevi ma che sono sbagliate. So di avere intrapreso una
strada lunga ma giusta, ho fiducia in me stesso. La mia famiglia mi manca, ma
so che un giorno, forse nemmeno troppo lontano, avrò la gioia di condividere
con loro la mia esperienza.
Jerreh Jaiteh
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I Minori Stranieri non Accompagnati
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