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Luigi Navarra/AP Photo
Il rapporto pubblicato martedì dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha gettato luce su una realtà drammatica e spesso ignorata: più di 63.000 persone sono morte o sono scomparse lungo le rotte migratorie in tutto il mondo nell'ultimo decennio. 

La principale causa di morte è per annegamento, secondo l'OIM, che ha condotto lo studio Missing Migrants Project dal 2014.

Secondo il report, almeno 63.285 persone sono morte o risultano disperse e presumibilmente decedute dal 2014. Il 2023 è stato l'anno più mortale, con oltre 8.500 persone che hanno perso la vita, di cui quasi il 60% a causa dell'annegamento.

La rotta del Mediterraneo è stata teatro di oltre 27.000 morti in mare, con oltre il 60% delle vittime, pari a più di 36.000 persone, vittime di annegamento. La maggior parte delle morti nel Mediterraneo centrale sono state documentate al largo della Libia. Tuttavia, l'OIM ha registrato un aumento delle partenze e, di conseguenza, dei naufragi, al largo della Tunisia, dove almeno 729 persone sono morte nel 2023, rispetto alle 462 dell'anno precedente.

Jorge Galindo, portavoce del Global Data Institute dell'OIM, ha dichiarato all'Associated Press che "i numeri sono piuttosto allarmanti" e che, nonostante siano passati dieci anni, le persone continuano a perdere la vita nella ricerca di una vita migliore.

L'OIM ha sottolineato che i dati pubblicati nel rapporto sono incompleti e probabilmente rappresentano solo una frazione del numero effettivo dei decessi in tutto il mondo, a causa della obiettiva difficoltà nel raccogliere e verificare le informazioni. Molte morti nel deserto del Sahara e interi barconi scomparsi nell'Atlantico sono solo alcuni esempi di "naufragi invisibili".

Nonostante i limiti nei dati, l'OIM ha registrato le morti di quasi 5.500 donne e circa 3.500 bambini sulle rotte migratorie. Di particolare rilevanza è il fatto che su 63.000 persone, la cui morte o scomparsa è stata registrata durante la migrazione dal 2014 al 2023, le informazioni sull'età o sul sesso sono indisponibili per poco più di 37.000 individui (il 59%). Delle 25.925 persone nel database del Missing Migrants Project sono disponibili solo alcune informazioni demografiche, più di 17.100 erano uomini, quasi 5.500 erano donne e circa 3.500 erano bambini.

C'è un urgente bisogno di rafforzare le capacità di ricerca e soccorso e di creare percorsi migratori sicuri e regolari per prevenire ulteriori tragedie.

In mare, è necessario un maggiore sostegno ai migranti in difficoltà, in linea con il diritto internazionale e il principio di umanità. Attualmente, sulla rotta del Mediterraneo, la maggior parte delle operazioni di ricerca e soccorso è svolta da organizzazioni non governative.

Quando il progetto dell'OIM è iniziato nel 2014, il sentimento europeo era più favorevole al destino dei migranti, con il lancio da parte del governo italiano di "Mare Nostrum", una grande missione di ricerca e soccorso che ha salvato migliaia di vite. Tuttavia, con i partiti sovranisti e antiimmigrazione, che guadagnano costantemente consenso in Europa, i governi stanno cercando di ridurre i flussi migratori verso i loro paesi promettendo fondi a paesi del Mediterraneo come la Tunisia e l'Egitto.

Questo mese, l'Unione Europea ha promesso un pacchetto di finanziamenti da 7,4 miliardi di euro all'Egitto, definito dal primo ministro italiano Giorgia Meloni come "il miglior modo per affrontare i flussi migratori".

Tauhid Pasha, capo missione ad interim per l'OIM in Libia, ha dichiarato ad Al Jazeera che la narrazione sull'immigrazione deve cambiare. Ha sottolineato che i paesi con forte sentimento antiimmigrazione dovrebbero valutare con maggiore attenzione i tanti lati positivi della migrazione. La migrazione contribuisce allo sviluppo dei paesi di origine dei migranti e dei paesi in cui approdano, ha aggiunto Pasha. "Molti paesi hanno dimostrato di avere carenze di manodopera, deficit demografici e i migranti possono contribuire a colmare alcune di queste lacune".

Leonardo Cavaliere 

Oltre 63.000 migranti morti o scomparsi negli ultimi dieci anni

Luigi Navarra/AP Photo Il rapporto pubblicato martedì dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha gettato luce su una ...

Il recente accordo raggiunto tra il Consiglio e il Parlamento dell'Unione Europea sul Patto sull'Immigrazione e Asilo è stato acclamato da alcuni come un momento storico. Tuttavia, dietro ai proclami di successo si cela una realtà ben diversa. Questo patto rappresenta un passo indietro per l'Europa, un'adesione a politiche fallimentari che minacciano la sicurezza e i diritti umani delle persone in fuga da conflitti e persecuzioni. Ecco cinque motivi per cui questo accordo non merita il plauso, ma la critica più ferma.

1. Approccio securitario e Fortezza Europa: L'accordo riafferma un approccio securitario che trasforma l'Europa in una "fortezza" inaccessibile per coloro che cercano protezione. Questo modello ha dimostrato la sua inefficacia nel gestire i flussi migratori in modo umano ed equo. Piuttosto che promuovere la sicurezza, questa mentalità alimenta l'insicurezza e la marginalizzazione delle persone in cerca di rifugio.

2. Detenzione prolungata e limitato accesso ai diritti: L'uso obbligatorio delle procedure di frontiera previste dal patto potrebbe portare a situazioni di detenzione prolungata, con un accesso limitato all'assistenza legale e ai diritti fondamentali. Questo non solo viola gli standard internazionali in materia di diritti umani, ma crea condizioni disumane che possono causare gravi danni fisici e psicologici, specialmente per i bambini e le famiglie coinvolte.

3. Politiche di esternalizzazione e "Paesi terzi sicuri": Il patto rafforza le politiche di esternalizzazione, trasferendo la responsabilità della gestione dei flussi migratori a Paesi terzi. Questo approccio non solo solleva preoccupazioni in merito alla violazione dei diritti umani in tali Paesi, ma normalizza l'idea di considerare "sicuri" luoghi che spesso non lo sono affatto. Ciò mette a rischio la vita e la sicurezza delle persone costrette a tornare in contesti pericolosi.

4. Detenzione arbitraria e profilazione razziale: Il patto apre la porta all'uso arbitrario della detenzione per migranti, compresi bambini e famiglie, e alla profilazione razziale. Queste pratiche non solo sono contrarie ai principi fondamentali dei diritti umani, ma alimentano anche la discriminazione e l'ingiustizia all'interno dei sistemi di accoglienza e asilo.

5. Mancanza di solidarietà e ridistribuzione equa: Il patto non affronta in modo significativo i problemi strutturali del sistema di accoglienza né promuove una ridistribuzione equa delle persone in arrivo. La mancanza di solidarietà tra gli Stati membri dell'UE mina gli sforzi per garantire una risposta umana e coordinata alla crisi dei rifugiati, lasciando i paesi di prima accoglienza ad affrontare il peso maggiore senza un sostegno adeguato.

In conclusione, il Patto sull'Immigrazione e Asilo dell'UE rappresenta un passo indietro per l'Europa, un'adesione a politiche fallimentari che minacciano la sicurezza e i diritti umani delle persone in fuga da conflitti e persecuzioni. È giunto il momento per l'UE di abbracciare un approccio basato sui diritti umani e sulla solidarietà, piuttosto che continuare su una via che porta solo a maggiori sofferenze e ingiustizie.

Il patto sull'immigrazione e asilo dell'UE: 5 motivi per non considerarlo un buon accordo.

Il recente accordo raggiunto tra il Consiglio e il Parlamento dell'Unione Europea sul Patto sull'Immigrazione e Asilo è stato accla...


Nell'ambito di un incontro di alto livello tra rappresentanti dei Comuni membri e operatori della Rete SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione), svoltosi di recente, si è svolta una profonda analisi dei dati principali presentati da Virginia Costa, Responsabile del Servizio centrale del Sistema di Integrazione e Accoglienza.

Il vertice, caratterizzato da interventi di spicco quali quelli di Veronica Nicotra, Segretario generale dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci), e Matteo Biffoni, Sindaco di Prato e delegato Anci all'Immigrazione e Politiche per l’Integrazione, ha inoltre visto la partecipazione della Prefetto Laura Lega, Capo Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno, il cui contributo ha arricchito significativamente l'evento.

In particolare, Matteo Biffoni ha espresso la sua soddisfazione per l'andamento positivo della rete SAI nonostante le recenti incertezze amministrative, sottolineando la sua crescita e consolidamento. La Prefetto Laura Lega ha invece evidenziato il rafforzamento della collaborazione tra il Ministero dell'Interno e l'Anci nell'ultimo anno, con l'obiettivo di rendere stabile nel tempo la Rete SAI.

Il rapporto annuale SAI sull'immigrazione e l'accoglienza, presentato durante l'incontro, ha rivelato cifre significative: nel corso del 2022 sono state accolte 53.222 persone nei progetti SAI, segnando un aumento del 25,3% rispetto all'anno precedente. La maggior parte degli accolti ha beneficiato di progetti per l'accoglienza ordinaria, mentre una parte significativa è composta da minori stranieri non accompagnati e persone con esigenze sanitarie e di disagio mentale.

Interessante notare che le fasce d'età più rappresentate sono quelle dai 18 ai 40 anni, sebbene si sia registrato un aumento significativo dei minori, indicando una crescita dei nuclei familiari accolti nella Rete. Le nazionalità più rappresentate provengono da Africa e Asia, con Nigeria, Bangladesh, Afghanistan e Pakistan tra i paesi più numerosi.

Un altro dato degno di nota è l'incremento delle presenze femminili, che costituiscono il 23,6% degli accolti nel 2022, con una particolare rappresentanza da Nigeria, Ucraina e Afghanistan.

La Rete SAI si estende su 104 Province e tutte le Regioni d'Italia, coinvolgendo 804 Enti Locali titolari di progetto. Questo coinvolgimento capillare si traduce in un'ampia copertura territoriale, con oltre la metà dei Comuni italiani coinvolti nella Rete, soprattutto quelli con meno di 5.000 abitanti.

Infine, il rapporto conclude che il 2023 ha visto ulteriori progressi nella consolidazione della Rete SAI, con la gestione efficace delle esigenze di accoglienza legate allo "stato di emergenza sbarchi". Con oltre 43.000 posti di accoglienza disponibili e 913 progetti attivati nel corso dell'anno, la Rete dimostra la sua resilienza e crescente efficienza nel fronteggiare le sfide legate all'immigrazione e all'integrazione in Italia.



La rete SAI accoglie 53.222 persone.

Nell'ambito di un incontro di alto livello tra rappresentanti dei Comuni membri e operatori della Rete SAI (Sistema di Accoglienza e Int...

 Una sentenza cruciale quella emessa il 30 Gennaio dalla Corte di giustizia Ue ha ribadito il diritto al ricongiungimento familiare per i rifugiati minori non accompagnati, anche se nel corso della procedura diventano maggiorenni. La decisione offre un chiaro quadro normativo contro ogni tentativo di sottoporre tale diritto a condizioni non necessarie, garantendo protezione specifica a coloro che fuggono da situazioni di particolare vulnerabilità.

Con la pubblicazione della sentenza nella causa C-560/20, la Corte di giustizia Ue ha gettato luce su una questione fondamentale riguardante i diritti dei rifugiati, in particolare dei minori non accompagnati. La decisione è stata resa nel caso di un cittadino siriano, precedentemente rifugiato in Austria, il cui diritto al ricongiungimento familiare con i genitori e una sorella maggiore è stato negato dalle autorità austriache. La ragione? Il giovane siriano era diventato maggiorenne nel corso della procedura di ricongiungimento familiare.

La Corte ha sottolineato che il diritto al ricongiungimento familiare non può essere subordinato alla celerità del processo, una mossa significativa che sottolinea l'importanza di non porre ostacoli burocratici che minerebbero il diritto stesso. Il principio è ancorato nella Direttiva 2003/86/CE, che garantisce una protezione specifica ai rifugiati, riconoscendo la loro vulnerabilità, specialmente nel caso dei minori non accompagnati.

In primo luogo, la Corte ha affermato chiaramente che un rifugiato minore non accompagnato, che diventa maggiorenne durante il processo di ricongiungimento familiare, mantiene il diritto al ricongiungimento. Questa decisione sottolinea la continuità dei diritti nonostante il cambio di status.

In secondo luogo, la Corte ha evidenziato un punto critico riguardante la malattia della sorella maggiore del rifugiato. Nel caso di necessità di assistenza permanente a causa di una grave malattia, il ricongiungimento familiare deve estendersi anche alla sorella maggiore, altrimenti il diritto del rifugiato verrebbe compromesso.

In terzo luogo, la Corte ha respinto la possibilità di imporre condizioni quali disponibilità di alloggio, assicurazione sanitaria e risorse finanziarie ai rifugiati minori non accompagnati e ai loro genitori. Riconoscendo la difficoltà pratica di soddisfare tali requisiti, la Corte ha sottolineato che il diritto al ricongiungimento non può essere condizionato a fattori al di fuori del controllo dei richiedenti asilo.

Il caso è emerso quando le autorità austriache respinsero le richieste di permesso di soggiorno presentate dai genitori e dalla sorella maggiore del rifugiato siriano, poiché il giovane era diventato maggiorenne. Questa decisione è stata successivamente contestata davanti al Tribunale amministrativo di Vienna, il quale ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare la direttiva 2003/86/CE.

L'importanza di questa sentenza va oltre il caso specifico, creando un precedente vincolante per gli Stati membri. Il rinvio pregiudiziale, che consente ai giudici nazionali di consultare la Corte Ue su questioni di interpretazione del diritto dell'Unione, sottolinea l'importanza di garantire i diritti fondamentali dei rifugiati, senza discriminazioni basate sull'età o su condizioni di vita esterne al loro controllo.

La Corte di giustizia Ue ha chiaramente affermato che i rifugiati minori non accompagnati hanno il diritto al ricongiungimento familiare, senza essere sottoposti a vincoli ingiustificati. La decisione offre una guida chiara per gli Stati membri, sottolineando l'importanza di garantire la tutela dei diritti umani fondamentali, anche nei casi in cui la fragilità e la vulnerabilità dei richiedenti asilo sono particolarmente evidenti.

La Corte Ue afferma il ricongiungimento familiare per i msna che intanto diventano maggiorenni.

  Una sentenza cruciale quella emessa il 30 Gennaio dalla Corte di giustizia Ue ha ribadito il diritto al ricongiungimento familiare per i ...

Foto Repubblica.it

 La serie di condanne inflitte all'Italia dalla Corte Europea per i Diritti Umani e le Libertà Fondamentali (CEDU) si amplia ulteriormente con la recente decisione cautelare del 19 dicembre 2023. Il Giudice di Strasburgo ha ordinato al Governo italiano di procedere con il trasferimento immediato di un minore di 15 anni trattenuto dallo scorso ottobre nel centro di Restinco, provincia di Brindisi, verso una struttura adeguata per minori non accompagnati.

La Corte Europea ha specificato che il nuovo centro designato dovrà garantire al minore tutti i diritti sino ad oggi negati, compresi l'accesso a tutta l'assistenza necessaria, il rilascio di documenti di identificazione validi, il collocamento in condizioni conformi all'articolo 3 della Convenzione europea, l'accesso alle procedure legali e amministrative pertinenti, nonché la nomina di un tutore. Inoltre, la Corte ha deciso di dare priorità all'esame del ricorso di merito.

Nel centro di Restinco, decine di altri minori sono attualmente trattenuti nelle stesse condizioni inumane, alcuni addirittura dal mese di agosto scorso. È importante evidenziare che l'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI) aveva richiesto l'accesso al centro il 4 dicembre 2023, ma non ha ancora ricevuto alcuna risposta. Solo grazie all'intervento dell'avvocata Marina Angiuli, della dott.ssa Erminia Rizzi e dell'avvocato Dario Belluccio, insieme all'On.le Fratoianni, è stato possibile effettuare una visita al centro.

Questo episodio conferma ulteriormente l'inaccessibilità di tali centri e l'insostenibilità dell'intero sistema di accoglienza, o meglio, di detenzione, riservato ai minori stranieri soli in Italia. La situazione di Restinco, simile a quelle già sanzionate dalla CEDU in passato, evidenzia una violazione sistemica dei diritti dei minori.

L'ASGI, considerando la natura sistemica delle violazioni, ha già inviato una comunicazione al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 6 novembre scorso, elencando le molteplici situazioni di mancata tutela e illegittimo trattenimento dei minori stranieri non accompagnati in Italia. Tale situazione rischia di aggravarsi con l'entrata in vigore delle misure previste dal decreto immigrazione e sicurezza 133/2023, convertito in legge 173/2023 il 1 dicembre 2023, e con il rischio aggiuntivo di identificare come maggiorenni coloro che sono, invece, minori di età.

In questo contesto, diventa fondamentale che le competenti istituzioni di garanzia, inclusi le Procure della Repubblica, i Tribunali per i Minorenni e le relative Procure istituite presso di essi, intervengano per fare chiarezza su un sistema di detenzione che appare privo di base legale e sottratto al controllo giudiziario, violando apertamente l'articolo 13 della Costituzione.

L'Italia condannata per violazioni dei diritti dei Minori Stranieri non Accompagnati.

Foto Repubblica.it  La serie di condanne inflitte all'Italia dalla Corte Europea per i Diritti Umani e le Libertà Fondamentali (CEDU) s...
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