La rotta del Mediterraneo e la rotta dei Balcani

Balcani e Mediterraneo” è il titolo del Report della Caritas (sezione immigrazione ed Europa) quale approfondimento sui due luoghi di transito maggiormente scelti dai migranti per raggiungere l’Europa: la Rotta Mediterranea e la Rotta Balcanica. Il Report inizia con


La morte di migliaia di persone è l’emblema del fallimento di un’Europa che per tanto tempo si è definita solidale, ma che all’improvviso si scopre chiusa e divisa davanti all’incessante richiesta dei profughi. 
La natura preoccupante e drammatica di un fenomeno globale è chiara andando a leggere i numeri . Infatti, oltre alle immagini che riempiono la rete, la televisione e la stampa, i numeri con la loro freddezza rendono cristallino un fenomeno globale. L’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni - OIM - parla di 351mila persone che hanno attraversato il Mar Mediterraneo nei primi otto mesi del 2015 (gennaio-agosto) e 2.643 hanno perso la vita nel tentativo di farlo. La rotta balcanica, meno mortale, secondo i numeri assoluti, è ugualmente pericolosa e non garantisce il rispetto dei diritti umani.

La rotta del Mediterraneo e la rotta dei Balcani

La rotta del Mediterraneo unisce normalmente la Libia alla Grecia (205mila arrivi) e all’Italia (107mila) e solo in un numero minore di casi a Malta e alla Spagna. La rotta Balcanica invece passa per la Turchia, Grecia, Macedonia, Serbia e Ungheria.

In un focus del rapporto leggiamo che questa tratta è utilizzata dal 2012, prima dagli abitanti del Balcani stessi e oggi soprattutto dai Siriani e dagli Afghani.
I migranti hanno cominciato a percorrere la rotta dei Balcani occidentali in maniera massiccia a partire dal 2012. All’epoca, erano soprattutto di origine balcanica perché in quell’anno fu introdotto un sistema che permetteva agli abitanti di Serbia, Bosnia, Albania, Montenegro e Macedonia di entrare nell’Unione Europea senza bisogno di ottenere un visto. Da allora il flusso è aumentato notevolmente: dai seimila migranti che si stima abbiano percorso la rotta nel 2012 ai quarantamila dell’anno scorso, fino ad arrivare ai più di centomila dei primi sei mesi del 2015. Nel frattempo la composizione di chi affronta la rotta dei Balcani è cambiata. La maggior parte dei migranti oggi arriva dal Medio Oriente, in particolare dalla Siria e dall’Afghanistan, oppure dall’Africa orientale, soprattutto dalla Somalia. Alcuni paesi interessati dalla “rotta dei Balcani” stanno cercando di porre dei rimedi piuttosto duri per contrastare il flusso di migranti. La Bulgaria sta ampliando un muro di recinzione già esistente al confine con la Turchia, mentre l’Ungheria ha cominciato a costruirne uno nel luglio del 2015 nei pressi del confine con la Serbia. Per i regolamenti europei un migrante può fare richiesta d’asilo soltanto nel primo paese dell’Unione in cui mette piede (come previsto dal Regolamento di Dublino). Per questo motivo italiani e greci, ma anche francesi e austriaci, spesso lasciano passare i migranti, senza registrarli, in modo che non ci siano prove su qual è stato il primo paese europeo in cui sono entrati. Alle richieste di aiuto da parte dei paesi dell’Europa meridionale molto spesso si sente rispondere che il costo per gestire i richiedenti asilo è molto superiore a quello relativo alla prima fase dell’accoglienza. Il paese europeo più coinvolto in questa “seconda fase” dell’accoglienza è la Germania. Proprio questa settimana il governo tedesco ha annunciato una revisione al rialzo della stima delle richieste d’asilo che dovrà esaminare entro la fine del 2015: già oggi sono 400mila e prima della fine dell’anno saranno tra le 750 e le 800mila, un dato in crescita del 32 per cento rispetto al 2014. Questo enorme numero di richieste d’asilo ha prodotto diverse reazioni xenofobe, in particolare nella Germania orientale dove si sono verificati diversi episodi di intolleranza violenta. Ma in generale la Germania rimane un paese piuttosto accogliente per i rifugiati, più ospitale del Regno Unito o degli altri paesi dell’Europa orientale, come ha scritto l’Economist.

Il rapporto Caritas “Balcani e Mediterraneo” conclude l’approfondimento presentando delle schede intitolate Situazione paese, che analizzano rispettivamente la situazione di Turchia, Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria e Bulgaria.

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