In particolare, subito dopo la tragedia il primo che doveva cadere era il Regolamento di Dublino II, siglato nel 2003 e che prevede a tutt'ora una becera procedura per richiesta di asilo e riconoscimento dello status di rifugiato. Secondo il testo del Regolamento i potenziali rifugiati debbono fare domanda d'asilo nel primo stato UE in cui arrivano o vengono intercettati. In soldoni, ciò vuol dire che stati come Spagna, Italia, Malta, Grecia ed oggi sempre più Bulgaria devono sobbarcarsi la maggior parte delle richieste. Richiesta che si traduce spessissimo in un nulla di fatto.
In quest'ultimo periodo Bruxelles qualcosa l'ha fatta. Ha relegato il problema a Stati talmente periferici da uscire dai confini dell' Ue: la Turchia. In base a un accordo bilaterale, l'Ue darà ai cittadini turchi la possibilità di accedere in Europa senza aver bisogno del visto, realizzando così un loro vecchio desiderio; in cambio Ankara dovrà riammettere tutti i richiedenti asilo che Bruxelles ha respinto e che sono riusciti a raggiungere il territorio europeo passando proprio per la Turchia.
L'accordo che Bruxelles intende firmare la prossima settimana farebbe diventare la Turchia una sorta di avamposto del regolamento di Dublino, pur non essendo membro dell'Unione europea e, allo stesso tempo, permetterebbe all'Ue di risolvere il problema.
Ancora una volta l'Europa gioca sulla pelle dei Rifugiati.
Difatti, Ankara non ha un vero e proprio sistema di asilo e sebbene abbia firmato la Convenzione di Ginevra che tutela i rifugiati, la Turchia onora i suoi impegni solo con i profughi provenienti dall'Europa. Inoltre, il nuovo progetto di legge che punta a migliorare le condizioni dei rifugiati potrebbe non essere sufficiente. "L'accordo di riammissione è un disastro - ha affermato Piril Erçoban, dell'organizzazione turca in difesa dei rifugiati Mülteci-Der - Nessuno qui sa dove mettere i profughi".
Tuttavia, bisogna considerare che in seguito all'emergenza siriana, la Turchia è riuscita ad accogliere circa 600mila profughi, ma le loro condizioni di vita all'interno del Paese sono disperate, così come quelle dei rifugiati che giungono dall'Iran, dall'Afghanistan o dalla Somalia. Impossibilitati a trovare un lavoro regolare, i profughi sono abbandonati a se stessi senza un soldo e senza un tetto sopra la testa. In pochissimi riescono ad entrare nel programma di reinsediamento gestito dall'Unhcr, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della loro protezione. Basti pensare che quest'anno l'Unhcr è riuscita a trasferire in Paesi terzi appena seimila profughi che vivevano in Turchia.
Per tutti gli altri non c'è altra scelta: scappare in Grecia ed entrare in un Paese europeo. Peccato che Atene, che ha un sistema di protezione dei rifugiati ormai al collasso, respinga sistematicamente i profughi direttamente alla frontiera, ancor prima che possano avanzare la richiesta di asilo.
La stessa Corte europea ha più volte dichiarato questi rifiuti "illegali", ma, secondo quanto riferito da Amnesty International la Grecia non ha mai interrotto questa prassi. Come se non bastasse, l'accordo tra la Turchia e l'Ue prevede che Ankara accolga quei rifugiati che sono entrati in territorio europeo e che solo successivamente sono stati respinti dopo il rifiuto di concedere loro asilo. Dunque, cosa si farà per tutti quei profughi che rimangono bloccati a ridosso della frontiera greca?
LEONARDO CAVALIERE