Le ferite nascoste dei bambini siriani

Le ferite nascoste dei bambini siriani

Insegnanti e operatori lanciano l'allarme sui danni emotivi e psicologici di cui soffrono oltre un milione di piccoli profughi scappati dalla Siria


«La guerra si è impressa a fuoco nelle loro menti. Parlano sempre delle cose che hanno visto, bombe ed esplosioni. La situazione è preoccupante. Ricordano ogni cosa». Hassan è un insegnante della scuola edificata all’interno del campo profughi di Kilis, al confine tra la Turchia e la Siria.L’uomo, intervistato dai giornalisti dell’Independent, non nasconde la propria preoccupazione per i danni psicologici ed emotivi che la guerra ha inferto ai piccoli rifugiati.

Guerra in Siria
I SETTEMILA BAMBINI RIFUGIATI A KILIS - Il campo di Kilis ospita quindicimila persone, tutti cittadini siriani fuggiti da una guerra civile che dura da oltre due anni e mezzo. Di questi, settemila sono bambini. Secondo gli operatori umanitari che lavorano nel campo questi settemila bimbi sono «quelli fortunati», se paragonati ai loro coetanei che sono rimasti intrappolati in Siria, o a quelli rifugiati nei campi libanesi. Il campo di Kilis, invece, è grande e ben equipaggiato. I piccoli possono anche andare a scuola, per non rimanere indietro con gli studi. Ma quelli abbastanza grandi per tornare a immergersi tra i libri sono anche quelli che ricordano tutto quello che un bimbo può ricordarsi della guerra: gli insegnanti come Hassan e le associazioni umanitarie non nascondono i propri timori. C’è un’intera generazione di siriani che poterà per sempre negli occhi le ferite psicologiche che una guerra infligge.
I BIMBI SIRIANI E I RICORDI DELLA GUERRA - A prima vista sembrano tranquilli, ma quando gli operatori del campo li incoraggiano a parlare, le loro storie diventano terribili. Sara, insegnante 24enne di inglese, riferisce il racconto di una bambina: «Non sembrava interessata a nulla. Stava lì, seduta in silenzio, al suo posto. Le ho chiesto cosa la facesse sentire tanto triste e le mi ha detto che suo padre era stato colpito da un razzo e che gli si era staccato un braccio. Lei è corsa da lui è l’ha visto morire. Mi ha detto che voleva tornare indietro per avere la sua vittoria, per diventare una martire». Kilis non è troppo lontano da dove si combatte. A volte, specialmente di notte, si può vedere in lontananza il saettare delle esplosioni o sentire profondi boati. «Diciamo loro di non preoccuparsi, che la guerra è lontana, ma a volte si spaventano lo stesso» – dice Sara.
DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS - Secondo le stime dell’UNICEF, sarebbero più di un milione i bambini siriani che sono scappati dalla guerra e che sono stati registrati come rifugiati. Quasi trecentomila sarebbero in Turchia, mentre altri hanno attraversato il confine verso il Libano, laGiordania e l’Iraq. Due milioni sarebbero ancora in Siria, impossibilitati a lasciare il paese. In Giordania, il campo di Zaatari ospita 130.000 persone: il 65% ha meno di 18 anni. Almeno trecento bambini sono stati sottoposti a una terapia per limitare gli effetti del disturbo post-traumatico da stress. Chi se soffre, grandi e piccini, non presenta ferite fisiche, e la maggior parte delle persone subisce in silenzio le conseguenze.
TORNARE IN SIRIA? - Nonostante a Kilis la vita sia relativamente più semplice che in altri campi, il radicale cambio di ambiente, abitudini e stili di vita portano molti bambini a isolarsi, sia dentro che fuori casa. Molte bambine vengono tenute in casa per paura che fuori non siano al sicuro. Ma ciò non li mette al riparo dai ricordi. Ibrahim ha 15 anni ed è arrivato a Kilis all’inizio della guerra. «Correvamo da un lato all’altra della strada per cercare di evitare i proiettili» – racconta. A chi gli chiede se abbia voglia di tornare a casa sua il ragazzino risponde: «Ci manca molto, ma ci vorrà molto tempo prima che la situazione migliori».giornalettismo.com
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