Con la sentenza del 4 novembre 2014 la Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha bloccato il trasferimento in Italia di una famiglia – padre, madre e sei figli minori – di richiedenti protezione internazionale afgani, transitati per l’Italia nel luglio del 2011.
E’ la prima volta che la Corte di Strasburgo si pronuncia contro un rinvio in Italia di richiedenti asilo da un altro stato europeo. Una decisione simile finora era stata presa solo nei confronti della Grecia. In base alle informazioni fornite dalla Corte di Strasburgo ci sono circa 20 ricorsi pendenti simili a quello della famiglia afghana.
E’ la prima volta che la Corte di Strasburgo si pronuncia contro un rinvio in Italia di richiedenti asilo da un altro stato europeo. Una decisione simile finora era stata presa solo nei confronti della Grecia. In base alle informazioni fornite dalla Corte di Strasburgo ci sono circa 20 ricorsi pendenti simili a quello della famiglia afghana.
Nel testo della decisione la Corte fa più volte riferimento alla sua pronuncia M.S.S. c. Belgio e Grecia ([GC], no 30696/09, §§ 57-86, CEDH 2011) ove la CEDU aveva condannato il Belgio e la Grecia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione – che vieta i trattamenti disumani e degradanti – ritenendo che le gravi condizioni di trattamento dei richiedenti asilo in Grecia nonché le evidenti e sistematiche deficienze del sistema di protezione internazionale greco potessero, appunto, configurarsi come trattamenti inumani e degradanti. Nel riprendere la citata sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia la CEDU ricorda, nuovamente, come i richiedenti protezione internazionale siano una categoria della popolazione “particolarmente sfavorita e vulnerabile” tale da avere, pertanto, bisogno di una “protezione speciale”.
Nel richiamare la sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, tuttavia, la CEDU ribadisce con forza e in più punti della propria decisione che la situazione del sistema di protezione internazionale in Italia è nettamente differente da quella che era presente in Grecia al momento della pronuncia M.S.S.
La Corte prende, tuttavia, atto del fatto che il sistema di protezione internazionale italiano e, in particolare, il sistema di accoglienza dei richiedenti protezione in Italia sia assolutamente variegato ed insufficiente rispetto alle reali esigenze di protezione ed accoglienza dei richiedenti asilo in arrivo in Italia. “Senza entrare nel dibattito circa l’esattezza dei dati disponibili, è sufficiente per la Corte notare l’evidente discrepanza tra il numero di richieste asilo presentate nel 2013, pari a 14.184 entro il 15 giugno 2013 secondo il Governo italiano, e il numero di posti disponibili nelle strutture appartenenti alla rete SPRAR (9.630 posti), dove – sempre secondo il governo italiano – sarebbero stati ospitati i richiedenti. Inoltre, dato che la cifra per il numero di domande si riferisce solo ai primi sei mesi del 2013, il dato per l’anno nel suo complesso è probabile sia notevolmente superiore, indebolendo ulteriormente la capacità di accoglienza del sistema SPRAR.”.
Secondo la Corte tale situazione fa nascere “seri dubbi in merito alle capacità attuali del sistema” di accoglienza italiano. Tali dubbi non possono far scartare del tutto l’ipotesi che vi possa essere in Italia “un numero significativo di richiedenti asilo privi di accoglienza o accolti in strutture sovrappopolate in condizioni di promiscuità, o anche d’insalubrità o di violenza”.
La Corte conclude, quindi, affermando che, sebbene la struttura e la situazione generale del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione in Italia non sia tale da costituire un ostacolo a tutti i rinvii dei richiedenti asilo verso tale Paese, nel caso specifico della famiglia dei ricorrenti esistono seri motivi per ritenere che questi possano subire dei trattamenti contrari all’articolo 3 della CEDU (una violazione del loro diritto a non essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti) qualora vengano rinviati in Italia senza che le autorità svizzere abbiano acquisito delle individuali garanzie tali da assicurare loro che in caso di rinvio saranno presi in carico in maniera adeguata, anche tenendo conto dell’età dei figli minori.
ASGI ha attivamente preso parte al giudizio, supportando i difensori dei ricorrenti con un report sugli “Aspetti critici del sistema di protezione internazionale in Italia” e un suo aggiornamento redatto dai soci Loredana Leo e Salvatore Fachile. Tale aggiornamento è stato effettuato nell’ambito del progetto CARD (Centro Analisi Regolamento Dublino), con il supporto di Open Society Foundations. Ha collaborato anche la socia Erminia Rizzi .
Il 4 novembre 2014, in un comunicato stampa la Commissione europea ha reso noto che “ valuterà attentamente la sentenza CEDU e le sue possibili implicazioni per il funzionamento del sistema di asilo in Italia e nell’Unione europea. Tuttavia, spetta in primo luogo agli Stati membri trarre le conclusioni da questo giudizio, e, in particolare, valutare quali implicazioni essa dovrebbe avere per le decisioni che si possono adottare in merito ai «trasferimenti Dublino” in Italia, oltre che per il modo in cui tali trasferimenti vengono effettuati. La Commissione segue da vicino la situazione in materia di asilo in Italia, in particolare, dato il gran numero di arrivi via mare in Italia lo scorso anno, ed è in stretto e regolare contatto con le autorità italiane. Sono state adottate misure concrete per sostenere l’Italia nei suoi sforzi per migliorare la situazione sul terreno”.
Commento a cura dell’avv. Loredana Leo (ASGI)
Per approfondimenti
Il testo integrale della sentenza della CEDU è disponibile in lingua inglese e in lingua francese
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