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18 aprile 2015 ore 23:00 circa, la più grave sciagura del mare.  Era quasi sera, infatti, quando al Centro Nazionale Soccorso della Guardia Costiera è arrivata una telefonata da un satellitare Thuraya. "Siamo in navigazione, aiutateci", ha detto un uomo - forse complice degli scafisti - con tono di voce neanche concitato. Una telefonata simile a tante arrivate nelle ultime due settimana da barconi e gommoni carichi di migranti. Quasi un invito affinché le navi italiane raggiungessero il barcone per consentire ai "passeggeri" - così tanti da riempire ogni spazio del barcone - di completare la traversata verso le coste italiane.
Quella notte un peschereccio si è ribaltato al largo delle coste libiche, con circa 900 persone a bordo. "Aggrappati ai morti per non finire a fondo": si sono salvati così due dei 28 sopravvissuti alla strage di due giorni fa al largo della Libia. Secondo quanto si apprende dai soccorritori che li hanno recuperati, i due annaspavano in mezzo ai cadaveri, urlando con le ultime forze per attirare i gommoni che perlustravano la zona.


I soccorritori sono arrivati nella zona dove si è capovolto il barcone a notte fonda e immediatamente hanno iniziato le ricerche a bordo dei gommoni. "Durante le ricerche in mare dei cadaveri - raccontano - abbiamo trovato due persone vive in mezzo ai morti". "Erano allo stremo delle forze - aggiunge chi ha partecipato all'operazione di recupero - hanno urlato con le loro ultime forze perché hanno sentito il rumore del motore e siamo riusciti ad individuarli e a salvarli. Non avrebbero resistito ancora a lungo".
Il bilancio finale parla di 28 superstiti, 58 morti accertati e tra 700 e 900  dispersi (molte donne e bambini) nel Mare Nostrum.   Uno dei tanti viaggi della speranza dalla Libia verso l'Italia, la nuova terra promessa per centinaia di migliaia di disperati che premono dall'Africa dilaniata dalle guerre e dalla povertà verso l'Europa, si è trasformata in un'ecatombe di migranti. Si tratterebbe della più grave sciagura del mare dal dopoguerra, peggiore anche della strage di Lampedusa  del 3 ottobre 2013, finalmente oggi “Giornata della Memoria e dell’Accoglienza”, che fece 366 morti e 20 dispersi.
A distanza di un anno da una ecatombe, come da molti definita, cosa è successo?
L'Europa è affondata nella vergogna dei morti, dei Muri, degli Hotspot, dei tanti piccoli Aylan che si sono susseguiti.  Alla sfida delle Migrazioni “l’Europa risponde guardandosi alle spalle. Viene data così una risposta regressiva: reinstallare i confini e costruire muri in cima ai vecchi confini. E si abbandona la Grecia, ma anche l’Italia, a una sofferenza che è anche economica ma non solo. La storia non sarà tenera con i responsabili delle politiche europee. Abbiamo però bisogno di un altro linguaggio, ci serve una nuova lingua.” (Sassen)
Indubbiamente quella in corso nel Mediterraneo e nei Balcani è una crisi umanitaria di grandi proporzioni che richiede un intervento più che mai urgente.


Organizzazioni internazionali, agenzie come Frontex e il governo italiano concordano nell’affermare che il numero di rifugiati e migranti che si apprestano a salpare dalle coste nordafricane per raggiungere l’Europa nel 2016 è destinato a ripetere o superare le cifre record già registrate nel 2014 e nel 2015.
Credo che le soluzioni di cui avremmo bisogno dovrebbero includere e comprendere ciò che sta accadendo nelle aree di origine e provenienza dei migranti. Non possiamo spostare tutto il peso della “soluzione” sulle spalle di donne, uomini e bambini in fuga da situazioni d’inferno.
Oggi per l’ennesima volta sappiamo  che “Quando al termine dell’inverno si intensificheranno le partenze, non saremo in grado di prenderli tutti, se rimaniamo gli unici ad andare là fuori” (Ammiraglio Giovanni Pettorino, capo dei reparti operativi della Guardia costiera italiana)
Questo è il momento di agire perché sappiamo che le partenze si intensificheranno e le morti sono prevedibili.
Non abbiamo più scuse.


Leonardo Cavaliere



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18 aprile 2015 la più grave sciagura del mare

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