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La popolazione immigrata in Italia è da anni stazionaria. Con la crisi sono diminuiti gli ingressi per lavoro, così come i ricongiungimenti e le nascite. Ed è presto per vedere gli effetti della ripresa economica. Nel 2018 la situazione non cambierà.

Immigrazione ferma

Il 2018, per quanto è possibile prevedere, non vedrà un aumento dei flussi migratori verso l’Italia.

In realtà, contrariamente a ciò che comunemente si pensa, il volume della popolazione immigrata in Italia è da anni stazionario. Poco sopra i 5 milioni di persone, compresi gli 1,2 milioni di cittadini rumeni e altri immigrati dall’interno dell’UE.

La lunga crisi economica ne è la spiegazione principale. Nel passato, governi di ogni colore hanno promulgato sette sanatorie in 25 anni, più altri provvedimenti minori o nascosti per gli immigrati non autorizzati (dunque nei casi più recenti, non cittadini dell’UE con diritti di libera circolazione). Le sanatorie italiane erano concessioni ai datori di lavoro, imprenditoriali e familiari, autorizzati a formalizzare l’impiego di immigrati che erano già arrivati (perlopiù con visti turistici, se necessari) ed erano stati assunti informalmente. In altre parole, il mercato per parecchi anni ha stravolto le prudenti previsioni delle quote d’ingresso stabilite dallo stato e alla fine l’ha indotto a riconoscere (saggiamente) il fatto compiuto. Dopo gli ingressi per lavoro sono avvenuti i ricongiungimenti familiari, sono arrivati i figli e altri sono nati in Italia. Oggi l’immigrazione insediata in Italia è prevalentemente europea, femminile, proveniente da paesi di tradizione culturale cristiana.

Negli ultimi anni, causa crisi, si sono però quasi arrestati i ricongiungimenti e anche le nascite da genitori immigrati sono diminuite. Il contributo demografico degli immigrati c’è, ma attualmente ristagna e non risolverà il problema delle culle vuote del nostro paese. Nel 2016 sono nati 69 mila bambini da genitori immigrati, il 14,7 per cento del totale. Da anni il numero cala: nel 2012 le nascite erano state quasi 80 mila.

Dunque il mercato ha smesso di trainare la crescita della popolazione immigrata. Solo se la ripresa in corso produrrà un sostanzioso aumento della domanda di lavori a bassa qualificazione, l’immigrazione per lavoro ripartirà. Probabilmente, il primo ambito a risentirne positivamente sarà quello domestico: una crescita dell’occupazione delle donne italiane di classe media produrrà una nuova domanda di aiuto per i compiti familiari. Come regola generale, c’è correlazione tra aumento dell’occupazione dei nazionali e ingresso di nuovi immigrati: l’immigrazione è un sismografo piuttosto accurato dello stato di salute di un’economia. Ma nel 2018 sarà ancora presto per vedere effetti di attrazione di nuovi arrivi di lavoratori, tenendo conto che tra gli immigrati già insediati i tassi di disoccupazione rimangono alti.

Accesso alla cittadinanza e richieste di asilo

Nello stesso periodo, sono venute a maturazione le condizioni per l’accesso alla cittadinanza di parecchi immigrati arrivati negli anni della vera crescita della popolazione immigrata, quando gli ingressi raggiungevano cifre di 400 mila all’anno. Sono diventati italiani 178 mila immigrati nel 2015, 200 mila circa nel 2016. Complessivamente, all’incirca un milione di italiani sono arrivati dall’estero o sono figli di immigrati. Le naturalizzazioni diminuiscono il numero degli immigrati sotto il profilo statistico e, a volte, servono agli interessati per trasferirsi in altri paesi dell’UE. In futuro dovremo in ogni caso abituarci a distinguere, per quanto possibile, tra “immigrati” e “persone di origine immigrata”: il secondo gruppo può aumentare anche se il primo ristagna.

Quanto ai richiedenti asilo che hanno occupato la scena mediatica negli ultimi anni, i numeri effettivi non sono mai stati drammatici. A fine 2016, 250 mila tra richiedenti asilo e rifugiati riconosciuti (dati Unhcr, 2017). Fino a due anni fa, solo una frazione degli sbarcati chiedeva asilo in Italia. Nel 2014, su 170 mila sbarcati meno di 70 mila avevano richiesto protezione internazionale al nostro governo. Poi l’UE ci ha imposto gli hotspots, i nostri vicini hanno inasprito i controlli alle frontiere e le domande di asilo sono cresciute, raggiungendo nel 2016 la cifra di 123.482. La quota rispetto agli sbarchi è passata dal 37 per cento del 2014 al 56 per cento del 2015 e al 68 per cento nel 2016.

Gli accordi con il Niger e, soprattutto, con governo e tribù libiche, insieme alla campagna di discredito nei confronti delle organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi in mare hanno drasticamente ridotto gli arrivi. Nel 2017 sono sbarcate 119 mila persone, contro le 180 mila del 2016. Da luglio in poi il calo è stato rapidissimo. Una buona notizia per gran parte dell’opinione pubblica, una pessima notizia per chi cerca asilo e per chi considera una priorità la tutela dei diritti umani. Se anche il quadro dovesse evolvere nel corso dell’anno, i migranti dovessero trovare nuove rotte, le istituzioni internazionali riuscissero a scardinare gli accordi con i libici o finissero i soldi per foraggiare autorità e forze locali, qualche aumento degli sbarchi non modificherà le cifre complessive dell’immigrazione.

Autore Maurizio Ambrosini
Fonte: www.lavoce.info



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Flussi migratori: 2018 stabile

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