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«Sono una ragazza semplice, amichevole e sono calciatrice». Si presenta così Awa, nata nel 1997 a Serekunda, la città più grande del Gambia.
Il Gambia, uno dei paesi più piccoli dell’Africa, oltre alla presenza di un governo autoritario oggi sostituito da una nascente democrazia e di più o meno aspri conflitti tra gruppi etnici, soffre la povertà estrema che ha portato, ancora nel corso degli anni ‘80, alla nascita degli “Sos Children’s Village”, villaggi che ospitano bambini e ragazzi minorenni abbandonati dai propri genitori. Lì Awa ha trascorso 14 anni, vivendo quella che definisce un’infanzia difficile e, in un certo senso, sola. «Nel villaggio erano severi, ma almeno sono andata a scuola» racconta «Ma più di ogni altra cosa io amavo giocare con qualsiasi cosa avesse la forma di un pallone».
Awa, che riflette molto e pesa le parole che dice, rivela che il calcio le ha cambiato la vita: «Quando ho bisogno di parlare con qualcuno ma non c’è nessuno, il calcio mi aiuta a concentrarmi su me stessa». Così, a 10 anni ha cominciato a giocare nel Nambori e, distinta per la sua bravura, a 16 è entrata nella nazionale del Gambia come attaccante, partecipando alla Coppa del Mondo in Azerbaijan.
Il calcio è uno sport tipicamente maschile e, questo, Awa lo sa bene: «ma se ascolti chi non crede in te rischi di spegnerti». Awa ha lasciato il paese a 17 anni, pur conoscendo il destino che aveva segnato la vita della compagna di squadra Fatim Jawara che, a 19 anni, era partita per l’Europa terminando il suo viaggio, tragicamente, nel Mediterraneo.
Nonostante quello che racconta, Awa si sforza di sorridere. Parla a fatica l’italiano, ma è arrivata in Italia solo durante l’estate del 2017. Oggi vive a Bolzano, dove è stata accompagnata secondo le ripartizioni delle quote ministeriali (all’Alto Adige spetta circa l’1% delle persone richiedenti asilo, ndr), nel centro accoglienza Casa ex Einaudi, aperto dalla Provincia di Bolzano (che non aderisce allo Sprar, ndr) per ospitare famiglie e donne richiedenti protezione internazionale. Si tratta di un grande edificio situato nella zona industriale di Bolzano in gestione alla onlus Volontarius, associazione del posto che da diciotto anni si occupa di interventi sulla strada e nell’accoglienza. «Il nostro obiettivo» spiegano gli operatori «è rendere l’ambiente il più accogliente possibile». La struttura, in effetti, un grande edificio ricavato da dei laboratori scolastici, di per sé sa ben poco di “casa”.
Oggi Awa desidera continuare a giocare a calcio e, ammette ridendo, diventare la migliore sul mercato. A Bolzano, nonostante abbia poche conoscenze, si trova bene e, grazie al supporto di operatori e volontari – in particolare quello di Salvatore Giuliana – ha cominciato a giocare in serie B nella Unterland Damen della Federazione Italiana Giuoco Calcio. «Soffro molto il freddo» dice Awa quando è in campo, dove è l’unica a indossare un berretto che, ogni tanto, il mister le toglie dalla testa per scherzare. Awa gioca e ride con le compagne di squadra, che l’hanno accolta positivamente. «Si è ben posta, è merito suo» spiega l’allenatore Massimo Trentini «Awa è una ragazza timida, ma ha carattere».
Quando le chiedo cosa le manca del Gambia, Awa ci pensa e risponde «I miei amici». Era una ragazza minorenne, quando ha lasciato il suo paese, ma in pochi anni è dovuta crescere e diventare la giovane donna piena di grinta e coraggio che è adesso: «Quando sono arrivata a Bolzano mi sono detta che sarebbe comunque stata una nuova, importante esperienza di vita» conclude: «Ce la metterò tutta».
Autore: Luca De Marchi

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I Minori Stranieri non Accompagnati

AWA, la minorenne non accompagnata che gioca a calcio tra le Alpi

«Sono una ragazza semplice, amichevole e sono calciatrice». Si presenta così Awa, nata nel 1997 a Serekunda, la città più grande del Gamb...
A seguito della visita ufficiale a Utrecht, in Olanda, l’On. Sandra Zampa, da sempre impegnata a fianco dei minori e capogruppo del PD in Commissione infanzia della Camera dei Deputati,  nell’ambito del progetto “SafeGuard, Più sicuro con il tutore” ha dichiarato:  “Sulla figura e ruolo del tutore e sull’efficacia degli affidi familiari l’Italia farà bene a fare una riflessione perché la tutela rappresenta un punto alto in un sistema di accoglienza ma anche un’opportunità per mutare ‘in risorsa’ ciò che oggi sembra per troppi solo un problema”.



L’onorevole Zampa, nella trasferta Olandese organizzata dall’Associazione I Girasoli e da Defence for Children international Italia con l’ufficio dell’Autorità Garante per l’Infanzia,  ha visitato la struttura di Nidos, l’istituzione responsabile della tutela dei minori non accompagnati. Questa visita aveva proprio lo scopo conoscitivo e di studio per meglio comprendere una realtà in cui il sistema di tutela è organizzato ed efficiente. Presso l’associazione Nidos operano circa 200 assistenti sociali professionisti, che a seguito  diventano tutori dopo un primo percorso formativo, un esame specifico e una formazione continua predisposta dall’organizzazione.



La normativa Olandese prevede che  per ogni minorenne migrante presente sul territorio, viene subito nominato un tutore che si occupa di seguirlo negli aspetti relativi al suo percorso futuro fino ai 18 anni, anche nel caso in cui non disponga di un permesso di soggiorno.
A termine del Suo viaggio l’On. Zampa dichiara che sebbene il sistema di accoglienza olandese sia diverso da quello italiano, “l’esperienza fornisce spunti interessanti  per la legge sui minorenni stranieri non accompagnati” di cui proprio l’onorevole Zampa è prima firmataria e che “si spera possa essere approvata nei mesi a seguire”.


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La tutela dei minori non accompagnati. Il caso Olandese e Italiano

A seguito della visita ufficiale a Utrecht, in Olanda, l’On. Sandra Zampa, da sempre impegnata a fianco dei minori e capogruppo del PD i...
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